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La scuola Pirandello Svevo di Soccavo: premi per i fondi europei e i genitori chiedono di studiare il latino

La Preside: «Soccavo paga un pregiudizio, ma bisogna dare voce alle tante energie positive del quartiere»

La scuola Pirandello Svevo di Soccavo: premi per i fondi europei e i genitori chiedono di studiare il latino
L'ingresso della scuola

Un’oasi di pace e luce proprio sotto la collina dei Camaldoli. Un edificio basso e luminoso, coloratissimo, alle spalle della chiassosa via Epomeo, nel quartiere di Soccavo.

Scuola Pirandello Svevo. Interni

Ci è apparsa così la scuola media Pirandello Svevo. All’interno, pareti colorate di arancione, striscioni, disegni e un’accoglienza garbata e sorridente, a partire dalla preside, Maria Rosaria Palma che già al telefono si era presentata dicendo: «Quando c’è da parlare del territorio sono sempre disponibile». La gioia di fronte alla possibilità di raccontare tutto il bello della scuola che dirige è diventata tangibile nel corso della chiacchierata con lei.

Scuola Pirandello Svevo. La preside

Preside, la sua è una delle ultime scuole medie ‘pure’ rimaste a Napoli!

«Sì, ormai ci sono quasi tutti istituti comprensivi: le scuole medie sono rimaste pochissime, sei o sette. La nostra è una scuola molto grande, che nasce proprio come scuola e questo non è poco…».

Da quanti anni dirige la Pirandello Svevo?

«Sette. Prima sono stata dirigente alla Nino Cortese, a Casoria, e docente a Scampia, dove ho lasciato il mio cuore. È stata una bellissima esperienza. Erano tempi in cui non c’era tutto quello che c’è oggi: si andava a scuola con la borsa di Mary Poppins e bisognava inventarsi ogni giorno qualcosa».

Una scuola radicata nel territorio

Qual è la filosofia di fondo che ispira la sua scuola?

«L’identità nel territorio. La scuola va radicata nel territorio di riferimento, non può esserne avulsa, deve essere riconosciuta dall’utenza. È questo il lavoro che ho fatto negli ultimi sette anni: far capire agli abitanti di Soccavo che non era necessario iscrivere i loro figli nelle scuole del Vomero o di Posillipo, perché avevano già qui una loro scuola, una scuola vera».

Scuola Pirandello Svevo. Laboratorio scientifico

Il laboratorio scientifico

Ci è riuscita?

«Ho instaurato un contatto quotidiano con le famiglie, ho analizzato i loro bisogni formativi e cercato di capire quali fossero le criticità che indicavano nella scuola. Quando sono arrivata qui, le sezioni si fermavano alla L, oggi siamo alla N. Il lavoro ha pagato, e non è solo un successo della dirigente ma della scuola tutta».

Il territorio di Soccavo

Il territorio di riferimento della sua scuola è Soccavo. Che tipo di utenza c’è?

«Innanzitutto ci tengo a dire che Soccavo è un quartiere penalizzato perché non lo si conosce bene e invece va data voce alla sua parte sana. È questa la nostra mission: valorizzare le tante energie positive che ci sono. Soccavo paga un pregiudizio di base, ma la nostra è un’utenza media. Ci sono tanti figli di commercianti, impiegati, insegnanti, ma anche di professionisti, famiglie che prima erano più propense a iscrivere i loro figli altrove. Abbiamo lavorato sull’inversione di tendenza».

L’eterogeneità delle classi

In che modo?

«Grazie all’arricchimento dell’offerta formativa e all’eterogeneità delle classi, che prima erano formate in maniera un po’ diversa. Invece è nell’eterogeneità che si cresce».

Scuola Pirandello Svevo. Laboratorio

Vuol dire che prima c’era più selezione nella formazione delle classi?

«Sì. Non vere e proprie classi ghetto, per carità, ma meno attenzione. La richiesta era minore e si cercava di accontentare i genitori. Invece noi abbiamo cercato di far capire loro che si deve crescere nella diversità anche perché, fuori, ci si deve incontrare e salutare. È un lavoro molto lungo, ancora non è stato metabolizzato da tutti, ma c’è fiducia nella scuola. Ci aiuta anche avere una grande stabilità dei docenti».

In che senso?

«Nel senso che questa è una scuola di arrivo: chi viene qui ci rimane fino alla pensione, è una cosa molto importante. E poi c’è questo fortissimo dialogo con il territorio che paga. Non siamo ancora al top, ma piano piano ci stiamo riuscendo. Ho spostato anche qualche docente da una sezione all’altra, impiegato uno dei docenti più rinomati su due sezioni mentre prima ne aveva solo una… insomma, abbiamo messo in atto una serie di meccanismi per favorire la fiducia delle famiglie».

Scuola Pirandello Svevo. Laboratorio artistico

Il laboratorio artistico

La richiesta di formazione di eccellenza

Quali sono le esigenze che manifesta la sua platea?

«Un’offerta formativa variegata e attenta all’eccellenza. Attenzione alle lingue straniere e al latino, che abbiamo introdotto fin dalla prima media. Abbiamo dato importanza alle eccellenze perché per anni la scuola italiana più che su di esse ha lavorato sul recupero, sacrificando delle potenzialità. Abbiamo cercato di mediare».

Ci racconta più nel dettaglio queste eccellenze?

«Abbiamo fatto un ottimo investimento dei fondi europei, abbiamo saputo spenderli, sia per la formazione dei docenti che per quella degli alunni. Abbiamo un Pon di matematica in collaborazione con l’Università di Perugia, per esempio, che si chiama ‘Mi metto alla prova’, ma anche corsi di certificazione linguistica molto importanti».

L’offerta linguistica

Quali lingue si studiano?

«Questa della lingua straniera è stata una richiesta molto forte da parte dei genitori. Abbiamo prevalentemente corsi di spagnolo più che di francese ma quest’anno, grazie alla partecipazione ad un bando ministeriale, abbiamo ottenuto un madrelingua spagnola che offre il suo supporto a tutte le classi in orario scolastico e gratuitamente. Abbiamo attivato anche una sperimentazione con madrelingua inglese solo in due prime e devo dire che funziona».

Puntare sulle risorse interne

Sono tutte attività gratuite svolte in orario scolastico?

«Sì, io sono per l’offerta gratuita, nei limiti del possibile. Quando non ci sono finanziamenti nazionali o europei ci organizziamo all’interno, con il fondo di istituto. I genitori pagano un contributo volontario di 30 euro all’atto dell’iscrizione e con questo paghiamo l’assicurazione, due visite guidate l’anno e altre attività. Le famiglie, in questo, sono molto generose, anche perché poi ne vedono i frutti. Ma il vero motore sono i fondi ministeriali ed europei. Abbiamo lime in tutte le classi, laboratori e una biblioteca che è il nostro fiore all’occhiello».

Scuola Pirandello Svevo. Biblioteca

La biblioteca

La biblioteca: un fiore all’occhiello

Ce ne parla?

«Ci teniamo molto e investiamo in essa tantissimo, soprattutto in termini di incontri con gli autori. Al mio arrivo esisteva già, l’abbiamo solo spostata al piano di sotto, che abbiamo ristrutturato con i fondi per la riqualificazione degli ambienti scolastici. Grazie all’impegno di due professoresse abbiamo puntato sul piacere di leggere e acquistato tanti libri di attualità, accanto ai classici, che pure non mancano. Nella scelta dei libri da leggere in classe privilegiamo quelli i cui autori siano disposti ad incontrare i ragazzi.

Scuola Pirandello Svevo. La biblioteca

La biblioteca. I libri consigliati«È già accaduto con Roberto Bratti, autore di ‘Bulli con un click’, Alessandro Gallo, un ragazzo del Rione Traiano che ha scritto un libro molto bello, ‘Scimmie’ che dimostra ai ragazzi come ci si può sottrarre ad un marchio familiare non proprio positivo, Carmen Scarpelli, autrice de ‘Il bullo innamorato’. Cerchiamo di avvicinare i ragazzi all’autore, insomma, e di leggere ad alta voce, i docenti e anche io.

«L’anno scorso abbiamo anche lanciato un concorso letterario, ‘La mia Pirandello Svevo story’, in cui i ragazzi di terza sono stati invitati a raccontare quello che avrebbero ricordato della loro permanenza in questa scuola. Poi, grazie al contributo del senatore Vincenzo Cuomo abbiamo pubblicato quelli che ci sono sembrati più belli. Ha avuto un grande successo, penso che lo rifaremo».

L’orchestra

Avete anche una sezione ad indirizzo musicale?

«Sì, con un’orchestra che si esibisce anche all’esterno. L’autoreferenzialità non paga, perciò la nostra orchestra partecipa a molti eventi importanti. Il 15 dicembre abbiamo suonato per la seconda volta alla Cappella del Tesoro di San Gennaro, per esempio».

Scuola Pirandello Svevo

Promuovete anche dei percorsi di alternanza scuola-lavoro, è così?

«Li stiamo sperimentando. L’anno scorso, con il Fai, i ragazzi hanno fatto da guide a Palazzo Zevallos, a giugno lo faranno al Museo di San Martino. Cerchiamo sempre di creare un discorso sulle competenze: la scuola deve saper utilizzare le conoscenze e trasformarle in competenze».

Scuola Viva

E il pomeriggio?

«Abbiamo attivato otto moduli nell’ambito di Scuola Viva, il progetto della Regione Campania. Sono attivi a partire dalle 15.30. Ne abbiamo uno di editing cinematografico, poi c’è l’Escape Room, cioè un percorso di matematica per risolvere enigmi e problemi, quasi un gioco di ruolo, un corso di francese in collaborazione con il Grenoble, un laboratorio di ceramica e un percorso tematico di arte con la società Ram, Rinascita Artistica del Mezzogiorno. Abbiamo anche un progetto che riguarda gli ex alunni: abbiamo notato che chi fa l’indirizzo musicale non sempre, poi, prosegue nel percorso iscrivendosi al liceo musicale o al conservatorio, perciò abbiamo 30 nostri ex ragazzi che stanno preparando qui la loro orchestra, che sarà la seconda della nostra scuola. E poi c’è il rugby…».

Scuola Pirandello Svevo. Campo esterno

Il campo esterno

Lo sport: la scelta del rugby

Ecco, veniamo allo sport. Anche ad esso riservate un’attenzione particolare.

«Sì, e abbiamo fatto una scelta diversa puntando sul rugby. Abbiamo un partenariato con l’Amatori Rugby che ci fa utilizzare l’ex campo della Nato, il pomeriggio. Non abbiamo scelto il calcio per salvaguardare l’ecletticità: i nostri ragazzi sono quasi tutti iscritti a scuole calcio, perciò non avrebbe avuto senso, e poi il rugby è uno sport molto corretto. Oltre ad esso facciamo tanta pallavolo. L’anno scorso anche tennis».

Scuola Pirandello Svevo. Palestra

Il teatro

Un altro fiore all’occhiello della vostra scuola è il teatro. Ne avete uno in piena regola!

«Sì, è molto bello. Proprio perché ne abbiamo disponibilità, invece di portare i ragazzi nei teatri cittadini cerchiamo compagnie che allestiscono i loro spettacoli qui da noi, cosa che ci fa anche risparmiare. Dopo glielo mostro, la lascerà a bocca aperta».

Scuola Pirandello Svevo. Teatro

Il teatro

Per fare in modo che la scuola sia radicata sul territorio con quali soggetti vi rapportate?

«Lavoriamo molto con la cooperativa Orsa Maggiore, che segue alcuni nostri alunni e ci coinvolge in tutti i bandi che ritiene utili per noi, ma anche con la parrocchia di Padre Enzo, qui accanto, che si sta dando molto da fare nel sociale. Cerchiamo di raccontare ai ragazzi il territorio, la storia di un quartiere antico come Soccavo. Quest’anno, con le seconde, porteremo avanti un progetto sulla conoscenza del territorio, dal piperno della famosa croce di Soccavo al piperno in tutta la città e poi i ragazzi stessi guideranno i genitori alla scoperta di ciò che hanno studiato».

I workshop con i genitori

I ragazzi che mostrano ai genitori cosa hanno imparato?

«Lo facciamo spesso. Alla fine dell’anno organizziamo dei workshop in cui i ragazzi presentano ai genitori ciò che hanno fatto. È un’iniziativa che si chiama ‘Porte aperte alle Pirandello Svevo’. Il genitore vede ciò che facciamo e così si mette in circolo la cultura, che è il nostro obiettivo».

Scuola Pirandello Svevo

E i rapporti sul territorio è lei a crearli?

«Diciamo di sì. Sono molto petulante in tal senso. Ogni volta che organizziamo un evento ci tengo a chiamare non solo il direttore dell’Ufficio scolastico regionale, il sindaco e l’assessore comunale Palmieri, che hanno più volte incontrato i ragazzi, ma soprattutto la municipalità. La nona municipalità è molto complessa perché comprende Soccavo e Pianura e, all’interno di essa, una realtà difficile come il Rione Traiano. Gli esponenti della municipalità vanno sollecitati, anche se poi non possono aiutarci più di tanto in termini economici. Sappiamo che anche per loro è mortificante risponderci che non riescono a farlo. Certo la manutenzione andrebbe più curata, ma questo lo sanno bene».

Il rapporto con le istituzioni

Una scuola che mette a contatto i ragazzi con le istituzioni, dunque…

«Credo molto al dialogo con le istituzioni. Credo che le istituzioni non debbano essere arroccate. Ogni volta invitiamo uomini politici o giudici, ai nostri ragazzi vengono fatti i complimenti perché sono reattivi, abituati al confronto. Questo per noi è molto positivo perché questo è un momento difficilissimo per i nostri preadolescenti e in questo modo rendiamo reali anche le istituzioni. Oggi i ragazzi non hanno figure di riferimento, anche perché la potestà genitoriale un po’ langue. Non si riesce a far capire ai ragazzi che la regola va metabolizzata e rispettata. I genitori a volte si perdono, probabilmente perché travolti anche loro in questo vortice nel quale siamo precipitati. I social network sono il problema maggiore».

Scuola Pirandello Svevo

I social network e le chat

Si riferisce alle chat di classe?

«Su quelle abbiamo grossi problemi. I genitori non se ne rendono conto: se noi adulti facciamo un uso così scorretto dei social, come possiamo pensare che i ragazzi ne facciano un so consapevole? Il problema è che la chat di classe potrebbe essere una modalità veloce di risoluzione dei problemi ma invece ne crea altri, perché è difficile scrivere senza avere un interlocutore di fronte e perché non è un dialogo a due ma a tante voci. È un continuo tentativo di controllare i figli e i figli non dovrebbero neppure leggerle.

«Le chat ci fanno perdere credibilità: il confronto deve essere fatto tra pari, non davanti ai ragazzi. Oggi il problema più grande è che i ragazzi non hanno fiducia negli adulti, siano essi genitori, nonni o insegnanti. Non siamo più il loro punto di riferimento».

Come fare a risolvere il problema?

«La scuola e la famiglia dovrebbero interagire di più perché altrimenti uno costruisce e l’altro demolisce o viceversa, perché non è detto che la scuola possa fare sempre del bene. Ci vuole coerenza e non la vedo. Dobbiamo essere di esempio. La chat sarebbe un’ottima modalità comunicativa, le dicevo, ma è del tutto inefficace perché in essa non si discute di problemi reali. Anzi quando poi c’è un vero problema non se ne parla, stiamo sempre a discutere di falsi problemi».

La sicurezza nel web

Delle chat parla anche il regolamento di istituto, molto rigido. Ai genitori viene addossata la responsabilità per i contenuti pubblicati dai ragazzi nelle loro chat…

«Certo, perché i figli sono minorenni. Abbiamo fatto anche incontri con la polizia postale sull’argomento, sia con i ragazzi che con i genitori e molti di questi sono quasi caduti dalle nuvole. Pensi solo che molti ragazzi sono su Facebook ma non potrebbero, per cui sono i genitori stessi inadempienti se glielo consentono. Su questo problema dei social e della sicurezza nel web lavoriamo moltissimo. Oggi viviamo un eccessiva condivisione, ma poi la vera condivisione non c’è».

Una condivisione quasi forzata che invece è sintomo di solitudine?

«Quello che più mi preoccupa è l’omologazione verso cui spinge la società, a partire dai vestiti: se non sei vestito in un certo modo sei fuori. È su questo che bisognerebbe lavorare e supportare le famiglie, ma spesso le famiglie non vogliono assumersi le responsabilità. Oggi sono più i genitori ad aver bisogno di aiuto che i loro figli. Siamo molto disponibili, eppure spesso le famiglie si ricordano della scuola quando hanno un problema e vogliono che glielo risolviamo ma a quel punto è troppo tardi.

«L’altra settimana due esperti di comunicazione che hanno organizzato qui un evento sulla sicurezza nel web mi hanno detto che ormai non si può più parlare di prevenzione perché si argina solo l’emergenza. La modalità comunicativa è andata talmente oltre che certo non si può togliere di mano un cellulare ai ragazzi».

Scuola Pirandello Svevo

Ragazzi che sono ormai nativi digitali…

«Esatto, ma occorre renderli ‘abili digitali’, è su questo che si gioca la nostra scommessa. Qui da noi anche i docenti fanno corsi sul digitale per presentarne i rischi e la parzialità ai ragazzi».

A scuola i ragazzi possono usare il cellulare o viene ritirato all’ingresso?

«Non ci assumiamo la responsabilità di ritirarlo, ma devono tenerlo rigorosamente spento, altrimenti viene consegnato alle famiglie».

Il cyberbullismo

Esistono episodi di bullismo nella sua scuola?

«In questa scuola abbiamo avuto più esempi di cyberbulismo che di bullismo. Negli ultimi quattro anni, però, nulla di eclatante. Esistono varie forme di bullismo, a volte anche un atteggiamento di sfrontatezza è bullismo, ma lavoriamo sui ragazzi per far capire loro che è un atteggiamento che non paga. Cerchiamo anche di seguirli quando escono da scuola, fin dove possiamo, anche attraverso le nostre telecamere. Devo dire che andiamo meglio degli anni scorsi: prima capitava che veniva qualcuno qua fuori ad aspettare un ragazzo, adesso non più. Abbiamo cercato di avere un contatto anche con quelli più difficili, di fargli prendere la licenza media. Sul cyberbullismo, invece, c’è ancora tanto da fare. È il male di questa società: non bisogna abbassare mai la guardia».

Il rapporto con le scuole superiori

I ragazzi entrano qui bambini ed escono preadolescenti: qual è l’importanza della scuola media?  

«Ormai è un percorso di studi un po’ compresso tra scuola primaria, dove il compito essenziale è imparare a leggere e a scrivere, e scuola superiore, dove si pretende un po’ di più. Questa è però una fase di formazione molto importante, in cui si deve mettere in campo ciò che già si è appreso ma anche essere pronti ad effettuare studi di spessore diverso. Fino a qualche anno fa, la scuola superiore era un po’ chiusa nel suo mondo, oggi si sta un po’ adeguando, soprattutto rispetto ai bisogni educativi speciali.

«Ecco, questo è un altro nostro punto di forza. Lavoriamo molto non solo con i ragazzi disabili ma anche con i Dsa e i Bes, con piani personalizzati e molti strumenti a loro disposizione. Solo che spesso questi ragazzi, quando vanno alle superiori, non trovano lo stesso riscontro…».

Il monitoraggio degli esiti a distanza

E le famiglie si sentono sole…

«Per questo i genitori si consultano molto con noi. Ho ottimi rapporti con i colleghi soprattutto del Pansini, del Mario Pagano e del Righi. Li chiamo, gli presento i ragazzi, i nostri docenti incontrano i docenti delle superiori. Li accompagniamo nel percorso. Abbiamo anche una raccolta di dati che è una sorta di monitoraggio degli esiti a distanza: dalle scuole superiori che ho citato ci comunicano l’andamento dei ragazzi che da noi si iscrivono alla loro scuola. Ciò ci consente di aggiustare il tiro, di vedere dove siamo carenti e dobbiamo incidere maggiormente».

E che risultati hanno i vostri ragazzi?

«Devo dire che sono molto apprezzati. Abbiamo fatto anche grossi progressi sulle prove Invalsi: siamo ormai pienamente nella media regionale da anni e stiamo arrivando alla media nazionale. Abbiamo anche alzato la difficoltà delle prove interne».

Il rapporto con l’istituto Augusto Righi

Con il Righi condividete un primato importante…

«Sì. L’anno scorso, con il Righi, siamo stati le uniche due scuole della Campania a essere riconosciuti come scuole che hanno fatto un ottimo uso dei fondi europei. Siamo stati invitati a Roma a presentare alle altre regioni i fondi e il loro utilizzo. Fino al 2013 i fondi erano riservati solo alle quattro regioni dell’Obiettivo Convergenza, cioè Campania, Sicilia, Puglia e Calabria, adesso, invece, sono diffusi a livello nazionale e tutti vi possono accedere. L’autorità di gestione ha chiamato noi e il Righi per spiegare come utilizzarli. È stata una gran bella soddisfazione».

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