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#HovistoMilik, e sembra stare già benissimo; #HovistopurePavoletti, che ha bisogno di tempo

Per il centravanti polacco, 20 minuti di grande qualità: è sempre un attaccante perfetto per il Napoli. L’ex Genoa, invece, è ancora indietro: rappresenta e rappresenterà un’alternativa.

#HovistoMilik, e sembra stare già benissimo; #HovistopurePavoletti, che ha bisogno di tempo
Milik nel disegno di Roberto Cataldi

This is Pavoletti

Partiamo dall’inizio, e dopo arriviamo ad Arkadiuz. Al ritorno di #HovistoMilik. Ha giocato Pavoletti, dall’inizio. E, lo diciamo subito: non ha giocato bene. Non ha giocato bene perché non è stato servito, non ha giocato bene perché la sua partecipazione alla manovra non può essere avvicinabile, per qualità, a quella degli attaccanti che l’hanno preceduto. Pavoletti è questo, ed è un’altra cosa: è un centravanti classico, grezzo nel controllo palla e attento più a quello che succederà rispetto a quello che succede. Spieghiamola, questa.

Almeno secondo chi scrive, per essere (e quindi fare) il centravanti del Napoli, è necessario appartenere a due tipi di “gruppi del calciatore”. Questi gruppi sono: l’attaccante moderno-aggregativo, o comunque un calciatore in grado di dialogare bene coi compagni negli spazi stretti. Quindi, Higuain (il meglio possibile del primo gruppo), Milik (un esponente di alto livello del primo gruppo) o Mertens (secondo gruppo), che pure ha comportato un adattamento del gioco azzurro.

Ora, il Napoli ha un altro calciatore: Pavoletti, appunto. Che non ragiona secondo i criteri del centravanti aggregativo, se non nel momento di difendere il pallone con il fisico e smistarlo ai compagni; che, come detto, una volta svolta questa operazione, guarda a quello che succederà (lo sviluppo dell’azione, la posizione da andare ad occupare per attaccare la porta) piuttosto che assicurare ancora partecipazione al gioco. Non è colpa sua, è questione di caratteristiche. Pavoletti non ha il piede per poter giocare il pallone in un certo modo. Non ha la tecnica di base necessaria per certi controlli, per certi dribbling. L’abbiamo già scritto, lo ripetiamo: è un’altra cosa. È bravissimo in area, nel corpo a corpo con i difensori, nella conclusione aerea o in acrobazia.

Spaesato

Non è solo una questione di mancanza di cross. O meglio, lo è se guardiamo al gol, alla pura e semplice finalizzazione dell’azione. Non a caso, uno dei pochi palloni messi bene al centro, quello di Ghoulam nella ripresa, ha trovato l’inserimento di Pavoletti ma anche l’uscita decisiva, di pugno, di Sorrentino. Pavoletti, finora, non ha segnato per mancanza di precisione (contro Spezia e Fiorentina, ha avuto delle buone occasioni) e per mancanza di servizi che potesse sfruttare.

La perplessità più grande, però, riguarda tutto il contorno. Ovvero la partecipazione all’azione, la possibilità di giocare e scambiare il pallone con i compagni. Ciò che ha reso grande Higuain l’anno scorso, che ha fatto diventare subito importante Milik quest’anno. Più che nel gol che manca (anche perché il Napoli ne ha segnati tre, quindi non è che importi molto la mancata rete di Pavoletti), Leonardo difetta ancora in questo tipo di azioni. In questo tipo di situazioni. È qui che sembra spaesato. È qui che è spaesato. Ed è qui che deve lavorare Sarri: adattare la squadra a Pavoletti, adattare Pavoletti alla squadra. Deve essere un percorso di due soggetti in due strade, parallelo. Verso un punto di incontro, che è possibile. Del resto, il centravanti livornese è alla quinta partita assoluta con la sua nuova squadra. La seconda da titolare.

Arkadiusz

Poi è entrato Milik. Che, prima di tutto, lo devo dire, sembra stare davvero bene. #HovistoMilik, e l’ho visto in forma. Fa riflettere, e rabbrividire, pensare a Florenzi, al fatto che lo stesso infortunio capitato a Milik abbia portato a un’assenza così lunga. Mentre Arkadiusz è già in campo per la seconda volta. E sembra già avere un certo smalto, una buona tenuta fisica. A Madrid, Milik non si era nemmeno visto. Vado a memoria, avrà toccato due palloni. Oggi è andata meglio, i palloni toccati sono stati 17. Due di questi sono stati giocati in maniera perfetta, hanno “aperto” altrettante grandi azioni offensive degli azzurri, il gol di Giaccherini (ingiustamente) annullato e il pallone non spinto in rete dopo aver attraversato tutta l’area piccola. Uno di questi, per le stats, vale un key pass.

Milik, come detto, è un perfetto centravanti moderno-aggregativo. È diverso da Higuain, ha meno qualità ovviamente, ma era (è, lo possiamo dire) quello che serviva per poter assicurare una certa continuità rispetto al Napoli 2015/2016. Sarri l’ha raccontato molte volte, a inizio stagione: «abbiamo dovuto cambiare qualcosa per agevolare i nostri nuovi attaccanti». Eppure, Milik sembrava già dentro a questa squadra. E oggi, sono bastati venti minuti affinché questa sensazione tornasse dal passato, venisse nuovamente riassaporata.

Possibilità

C’è poco altro, da aggiungere. Milik va ancora testato, esaminato in una partita intera. In un match da titolare, fin dal primo minuto. Per capire a che punto siamo davvero, per condizione e approccio alla partita. È la stessa cosa di Pavoletti, in pratica. Entrambi hanno bisogno di minuti, di giocare, per riuscire a immaginare uno scenario futuro eppure immediato, in questa stagione.

Il Napoli, dopo essersi adattato a Mertens, ha il compito di assecondare due attaccanti e due stili di gioco diversi, uno già conosciuto, quindi da riscoprire, e uno da assorbire dall’inizio. Per crearsi alternative interne, per partite diverse o durante un solo match. #HovistoMilik, e già so (sappiamo) cosa è stato. Cosa potrebbe e potrà essere, anzi. Le premesse ci sono tutte. #HovistopurePavoletti, ed è ancora presto per lui. Non è un peccato o tutto da buttare, è una possibilità in più. Dobbiamo imparare a conoscerlo, e lui deve farlo con noi, un noi inteso come squadra. Tanto male non può farci, se poi il Napoli vince comunque 3-1.

 

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