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Alessandro, il napoletano che lavora al Real Madrid: «È una multinazionale, non un club di calcio»

Si è iscritto all’università europea di Madrid. Poi ha vinto uno stage e un concorso. E da quasi anno va ogni giorno al Santiago Bernabeu. Al piano terra. Cura il marketing del club, il rapporto con i tifosi.

Alessandro, il napoletano che lavora al Real Madrid: «È una multinazionale, non un club di calcio»
Alessandro Laberinto il napoletano che lavora al Real Madrid

Ogni mattina al Santiago Bernabeu

C’è un po’ di Napoli anche nel Real Madrid. A voler essere più precisi, c’è un napoletano che lavora nel Real Madrid. E che ha il suo ufficio al piano terra del Santiago Bernabeu. Uno stadio che è più di uno stadio, con un museo, uffici, scale mobili, e anche il terreno di gioco. Se in questi giorni al Bernabeu qualcuno ha orecchiato il motivetto di “Un giorno all’improvviso” – che peraltro è intonata anche negli stadi della Spagna – è perché l’ha fischiettata Alessandro Laberinto, 24 anni, da un anno alle dipendenze del Real.

Non è una squadra di calcio, è una multinazionale

Alessandro lavora per il club più prestigioso del mondo. «Qua ti accorgi che si tratta di una squadra di calcio soltanto il giorno della partita. Per il resto, il Real è una grande azienda, è come stare in una multinazionale. Solo che una o due volte alla settimana c’è l’evento calcistico. La partita».

Alessandro è di Napoli, ha vissuto la sua adolescenza a Caserta, ha studiato allo scientifico Diaz. Una volta diplomato, i genitori lo hanno iscritto alla John Cabot University, a Roma. A Trastevere. A due passi dall’orto botanico e dall’abitazione di Bernardo Bertolucci. «Mi sono laureato in business and administration. E ho vissuto un anno negli Stati Uniti. Sette mesi per studiare, in California, e il resto per divertimento ma anche per crescita personale, per affinare il mio inglese». Rientrato a Napoli, Alessandro aveva il sogno di partecipare a un master di marketing sportivo, preferibilmente non in italiano.

All’Università europea di Madrid

«Mi ero quasi arreso, quando mi sono imbattuto nell’università europea di Madrid. Venticinque i posti a disposizione. Ho inviato il mio curriculum, la mia lettera motivazionale, la chiamano così. Dopo due settimane, ho effettuato un colloquio telefonico. In inglese. E a ottobre 2015 ero a Madrid».

Il primo stage col Real

Da cosa nasce cosa, direbbe Totò. Il Real – che in realtà a Madrid chiamano el Madrid – cercava “studenti” per uno stage da utilizzare per sponsor, digital media, marketing, events. Quattro, per la precisione. Due ragazzi e due ragazze. «Sono stato anche fortunato. In America avevo studiato i brand, il marketing dell’industria sportiva. E la tesi richiesta verteva proprio su questo». E a febbraio 2016, Alessandro varca il portone del Real Madrid. Stagista.

«Ho fatto di tutto, ho partecipato, a riunioni, a interviste con i calciatori, a incontri con gli sponsor. All’inizio non mi sembrava vero che simili fuoriclasse potessero parlare con me, poi mi sono abituato o quasi». Le cinque settimane, però. finiscono. Non le opportunità. Real Madrid e Microsoft chiedono all’università la creazione di progetti. Chiedono l’elaborazione di una vera e propria campagna di marketing digitale e cartacea. «Nessuno mi crede, ma in realtà non era un concorso così ambito. C’era da imparare tutti i linguaggi di Microsoft, le tre piattaforme. Io l’ho fatto, ho elaborato un sistema di quiz per i tifosi».

L’opportunità con Microsoft

Il resto sono quattro colloqui con il Real, ops il Madrid, e quattro con Microsoft. E così, tre giorni prima del suo ritorno a Napoli, Alessandro viene chiamato nuovamente per un tirocinio di sei mesi. Direzione marketing digitale. Tirocinio che gli è stato confermato per altri sei mesi. Lavorerà al Real Madrid almeno un anno. E in quest’anno affronterà il suo Napoli. E quasi si arrabbia quando gli si chiede per chi tiferà.

«Tifo per il Napoli»

«Io tifo per il Napoli. Poi, è ovvio dopo il Napoli c’è il Real. Diciamo che in caso di sconfitta del Napoli, mi farebbe meno male. Ma in questi giorni in ufficio mi sono fatto sentire eccome. Il Real Madrid non è solo una squadra, è un brand. Una volte dentro, ti rendi conto che dietro ogni partita c’è un mondo. Così come dietro ogni calciatore. Almeno del Real. Lavorare qui è pazzesco. Una volta alla settimana abbiamo la partitella, ci alleniamo dove si allenano anche le vecchie glorie dei blancos. Chessò, Roberto Carlos che allena i ragazzini della Ciudad, Guti».

Due italiani lavorano al Real

Al Real lavorano oltre 500 persone. Due gli italiani. Uno è di Napoli. Alessandro Laberinto appunto. «Al momento del sorteggio non li ho visti preoccupati, anzi. Negli ultimi giorni, invece, ho notato che erano più tesi». Del suo impegno quotidiano dice: «Capisco la straordinarietà del lavoro soprattutto quando torno a Napoli. Mi chiedono, si sorprendono. Io quasi non ci faccio caso, per me è la normalità venire a lavorare al Bernabeu. Anche se in effetti non lo è. A Madrid mi trovo benissimo. Potrei definirla una Roma avanzata. Qui la metro ha dodici linee e l’abbonamento mensile costa venti euro. Ci sono parcheggi sotterranei ovunque e le prime tre-quattro ore sono gratuite. È un altro mondo».

Per la partita, ospiterò il padre e il fratello, entrambi tifosissimi. «Ho ricevuto richieste di biglietto da persone che non conosco o che non vedevo né sentivo da oltre cinque anni. È stato un assedio. Credo di aver ricevuto oltre trecento richieste». Alessandro racconta anche l’utenza del Bernabeu. «Si riempie di tifosi nelle partite di cartello, cioè il derby, col Barcellona, il Valencia. Altrimenti ci sono tanti turisti. La partita del Real è considerata una delle attrazioni di Madrid, è venduta così dai tour operator».

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