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Il caso Sousa-Bernardeschi e la necessaria arte della contestualizzazione

Il tecnico portoghese è stato incauto, “non ipocrita” a dire le cose come stanno. Ma i tifosi devono rendersi conto del calcio, dentro e intorno la loro squadra del cuore.

Il caso Sousa-Bernardeschi e la necessaria arte della contestualizzazione

Ci abbiamo voluto pensare un po’ prima di scrivere qualcosa. Il caso di Federico Bernardeschi è una roba non solo fresca, ma anche importante, indicativa, didascalica di quello che è il calcio oggi. Di quelli che sono gli equilibri tra club medio-borghesi e grandi potenze economiche, a livello nazionale e internazionale. Di tutto quello di cui i tifosi dovrebbero rendersi conto, esattamente come fatto da Paulo Sousa.

Cos’è successo

Ricostruiamo, prima di fare opinione. Non fa mai male. Praticamente, succede che alla vigilia di Fiorentina-Paok Salonicco, Paulo Sousa pronuncia una frase in conferenza stampa. Si parla di Bernardeschi, che è senza dubbio uno dei calciatori più in forma, oltreché promettenti, del nostro campionato. Un ragazzo di 22 anni che ha già giocato 7 partite in nazionale, che è al terzo anno di vera partecipazione ai destini di una squadra che gioca l’Europa League. Insomma, un campione in divenire. Questa è la frase di Paulo Sousa, riportata dalla Gazzetta dello Sport:

«Bernardeschi sarà importante per noi, per la Nazionale, e per le squadre dove andrà. Avete capito bene. Per come conosco io il calcio, Federico ha un futuro che, grazie al suo talento ed alle sue qualità, lo porterà in squadre con ambizioni diverse rispetto a quelle della Fiorentina. Voglio precisare che non è un invito a Bernardeschi a lasciare la Fiorentina o alla Fiorentina a cedere Bernardeschi. È solo il riconoscimento di un talento che sta crescendo e che ha tutto per diventare un top player».

Bum. Cioè, una cosa semplice e vera che viene detta da Sousa così, secca, senza censure. Ribadita, in qualche modo, al termine della partita. Quando, cioè, lo stesso Sousa chiarisce e spiega: «Non mi stupisco della reazione che c’è stata ma queste parole le avevo già dette quando lui aveva iniziato a giocare bene la scorsa stagione solo che erano state espresse in un’altra forma. Resto convinto che altre squadre con capacità economiche importanti sicuramente ci proveranno con lui in futuro perché lo merita. Ma Federico deve continuare a essere concentrato e a esprimersi al massimo del proprio potenziale. Se le mie parole a qualcuno non sono piaciute chiedo scusa ma io non sono ipocrita».

Ipocrisia?

Ecco, appunto. Non è un ipocrita, ha detto semplicemente le cose come stanno. Ed ha sbagliato, in qualche modo, perché non ha fatto altro che esporre sé stesso, e quindi la sua squadra, a critiche e a situazioni antipatiche sui giornali, a un’attenzione mediatica eccessiva e prevedibilmente dannosa (la Fiorentina ha anche perso, contro i greci). Insomma, quello che abbiamo rimproverato anche noi a Sarri, qualche volta, sulle nostre pagine: qualche bugia in più per salvaguardare il Napoli.

Paulo Sousa ha detto la verità

Detto di Sousa, della sua ingenuità a esporsi così, va però analizzato anche l’altro versante: quello del contenuto del suo discorso. Che è vero, sacrosanto, e va digerito e metabolizzato dai tifosi. Che, in qualche modo, devono imparare l’arte della contestualizzazione. Devono calarsi nella realtà, devono in qualche modo rendersi conto di ciò che avviene, di come avviene. Di quello che li circonda. Del fatto, in questo caso, che le cose che Sousa ha detto sul futuro di Bernardeschi non andavano dette ma sono vere. Nel senso: che siano la Juventus o l’Inter, oppure (ancora peggio/meglio) il Chelsea, il Manchester United o il Barcellona, la situazione è e resta quella. La Fiorentina, per questioni di dimensione economica e di blasone, non può aspirare a mantenere Bernardeschi in organico per sempre.

È il destino della Fiorentina

La Fiorentina può tenere Bernardeschi in rosa fin quando non deciderà che il suo talento, le sue doti, possono fruttargli di più (in termini economici, di trofei, di esposizione mediatica) da un’altra parte. È la condanna di chi non ha una determinata solidità economica alle spalle, di chi volente o nolente deve riconoscere di non essere ancora, o di non poter essere, come i top club. È semplice, lineare. Altrimenti, il Napoli avrebbe ancora Higuain, la Juventus avrebbe ancora Pogba e il Siviglia avrebbe ancora Rakitic. Qui non è la Play Station, ma la vita vera. La vita vera gira così, e i tifosi dovrebbero capirlo. Per il loro stesso bene.

La Fiorentina e Bermardeschi, oggi e domani

Le ultime chiose riguardano gli altri soggetti in causa: il calciatore e la Fiorentina. Entrambi hanno avuto il classico atteggiamento calcistico, quello giusto (diciamo ipocrita) per evitare altri casini. Stamattina, il giovane Federico rilascia un’intervista alla Gazzetta in cui dice di voler restare a Firenze, che tutto va bene e che le cessioni o le militanze di lunga data si fanno in due. Il club viola, da parte sua, ha confermato il tecnico nonostante le parole incaute: «Di solito non mi presento con l’allenatore – ha spiegato Pantaleo Corvino in conferenza stampa, stamattina, accanto a Sousa -. Quando lo faccio è perché voglio evitare che certe situazioni portino a dividere. Adesso servono compattezza, umiltà e fiducia. Leggo che la Fiorentina sta pensando ad altri allenatori, sono voci infondate. Sousa ha la stima e la fiducia della società. Parliamo di calcio, adesso». Avesse detto “Parliamo di calcio, con gli usi e costumi del calcio”, sarebbe stato più credibile. Meno ipocrita. Però, la vita va così.

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