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Dopo Juventus-Napoli sono un tifoso ottimista e sereno

Non si può che sorridere dopo che il Napoli è andato a giocare a calcio in casa di una squadra definita da tutti imbattibile. E poi, come si fa a non dire #HovistoDiawara?

Dopo Juventus-Napoli sono un tifoso ottimista e sereno

È tardi, sono ancora al pc e il Napoli ha perso. A Torino, con la Juventus. Due a uno, ha segnato Higuain. Dovrebbero girarmi le palle a mille, dovrei aver fatto testa e muro 250 volte. Invece, ho telefonato alla mia ragazza dicendole che sono la persona più rilassata e ottimista del mondo, ho chiamato il mio confidente tattico dipingendo uno scenario da favola, ho parlato con un tifoso avversario e ci siamo scambiati i complimenti. Il Napoli ha perso a Torino, ha segnato Higuain e io sono una persona serena. Felice è troppo, lo ammetto. No, “Serena” è la parola giusta. Anche se è il nome di una mia ex, a cui non è che sia particolarmente legato.

Primo perché il gol di Higuain me lo aspettavo. Sapevo sarebbe arrivato, eppure non mi ha fatto niente. “Uh, gol”. Basta, stop. Nessun colpo allo stomaco, nessuna fitta, nessun dolore. Nessuna cosa neanche mentale. Nulla. Come se avesse segnato un qualsiasi altro avversario. Anzi, dirò di più: un centravanti straniero, che il Napoli non aveva mai affrontato ma sapevo fosse fortissimo. Ecco, come se avessero segnato Benzema o Lewandowski. Uguale, giuro.

Potete non credermi, sono sincero e posso dimostrarvelo: mi ha fatto molto più male il gol alla Fiorentina. Non controllavo i movimenti, i pensieri, mi sono arrabbiato e ho sudato. Quella volta lì, sì. Ma ormai è passata. È uno come gli altri, solo che è assai più forte degli altri. Lo so, lo posso dire con certezza: l’ho visto giocare.

Ma come fai a non essere ottimista dopo una partita così? Dopo che il Napoli HA GIOCATO A CALCIO in casa della Juventus. Ovvero, della squadra che secondo TUTTI i critici calcistici ha vinto il campionato ad agosto, ben prima di cominciare. Lo sapete, io sono l’uomo dell’analisi tattica e della spiegazione scientifica per ogni cosa. Domani se ne parla, di quella roba. Stasera, però, io ho visto calcio ed emozioni ed organizzazione, da una parte e dall’altra. Ho visto una partita tra due squadre che giocano a calcio, seppure in maniera diversa. Ho visto il Napoli fare il Napoli laddove, a febbraio, si è giocato lo scudetto con una partita dieci volte inferiore a quella di stasera. Erano otto mesi fa, neanche una gravidanza. Oggi, anzi stasera, è nato un Napoli in grado di giocarsi la partita ad armi pari con la Juventus. Che non vincerà il campionato, ma può giocarsela con tutte. Perché se la Juventus è da semifinale Champions (lo hanno scritto, non è che lo dico io), quindi a un passo da Real, Barça e Bayern, e fa 3 tiri in porta in 95 minuti (3!), allora vuol dire che noi saremmo da quarti di finale. Noi siamo più scarsi, ne abbiamo fatti 2. Riconosciamo i nostri limiti.

Cioè, quello che sto cercando di farvi capire è che bisogna andare oltre il risultato. Oltre i gol segnati e subiti, quindi anche oltre l’errore di Ghoulam sulla rete di Bonucci. La questione è un’altra: il Napoli di stasera ha perso giocando bene, nel salottino di Premium del postpartita ho sentito i complimenti di tutti alla mia squadra. Che aveva appena finito una partita a Torino, contro la Juventus. Chi guarda la classifica o la differenza con lo scorso anno, secondo me, c’ha capito poco. Chi è rimasto scottato dalla cessione di Higuain, c’ha capito pure di meno. Il Napoli non è questo, non può esserlo ancora. Ma sta cercando di diventarlo, e il suo modo è questo qui. Ha un’idea, uno spartito, un obiettivo: autodeterminare il suo destino, nel bene e nel male. Stasera abbiamo visto il meglio del nostro approccio, nonostante gli stessi 7 punti di distanza in classifica che avevamo sette giorni e quattro ore fa. Abbiamo visto una squadra definita da tutti “imbattibile” subire un gol perfetto e avere paura di noi. Abbiamo avuto la possibilità di inveire contro il nostro allenatore per un cambio che è sbagliato psicologicamente, non tatticamente e tecnicamente. Possiamo appellarci a quello, dire che con quello screanzato di Insigne in campo “avremmo potuto vincerla”. A casa della Juventus. Con Higuain di là e noi di qua. Malgrado questo. Ma ci rendiamo conto, o no?

Non è una difesa della società, dell’allenatore, della squadra. Tutti hanno sbagliato qualcosa, nelle loro scelte. È una difesa del concetto di sport, di tentativo. Di vita. Stasera hai perso, eppure ti porti a casa una valigia di promesse e complimenti. Zero punti, ma sono gli stessi che hai guadagnato lo scorso anno giocando dieci volte peggio oppure a Bergamo, un po’ di tempo fa. Allora non era così, non eri così ottimista. Perché quelle sconfitte lì fanno girare le palle, non queste qui contro la Juventus, giocando ad armi pari. Crescere vuol dire incazzarsi come belve per Atalanta-Napoli e sorridere al mondo dopo questo Juventus-Napoli. 

L’ho capito guardandomi stasera, allo specchio, prima di scrivere queste quattro stupidaggini. Non ci credevo, ma sorridevo. Che bel Napoli. Nonostante tutto, lo posso dire. Non so dirvi fino a quando mi basterà, e forse capisco pure chi dice che vorrebbe qualcosa in più. È giusto, è sacrosanto. Però c’è anche altro. Si chiama calcio. Quello che dite voi si chiama gioco della moneta, e si vince o si perde. Nel calcio pure, ma in mezzo c’è un mare di bellezza e tristezza. Il Napoli, stasera, è stato la bellezza. Nonostante tutto.

Ps. Ah, e poi scusatemi. Lo ricorderete, io sono quello che #HovistoMilik. Non ha portato bene, lo so. Ma voglio abbattere il luogo comune dello scaramantico. Io, stasera, #HovistoDiawara. Come si fa a non essere ottimisti dopo aver visto giocare (così) Amadou Diawara? Che, ricordiamolo, è un classe 97 e fa il regista di centrocampo. Il regista di centrocampo.

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