Il rapporto sempre più perverso tra i tifosi e la squadra del cuore oggetto di critiche violente quando non si vince, anche se si chiama Juventus.
Allegri è arrogante anche nelle dichiarazioni; con chi crede di avere a che fare? Alla Juve abbiamo visto squadre e campioni superlativi. Crede che non vediamo che non esiste preparazione fisica adeguata e schemi?
O ancora.
Anche io parlando con tutti i miei amici juventini e non dicevo già dal giorno dopo la vendita di Pogba che eravamo notevolmente peggiorati rispetto allo scorso anno. Semplicemente le squadre si fanno a centrocampo. Anche se avessimo avuto Messi ieri (scandaloso furto a parte dei poteri forti interpretati alla perfezione da un killer a pagamento chiamato rizzoli) non avremmo vinto lo stesso. C’e’ una chiamata di correo da fare per Marotta e Allegri. Il primo ha speso 120 milioni ma non si è preoccupato della zona nevralgica del gioco (passiamo da pirlo Vidal Pogba Marchisio e Hernanes Pianic Khedira Lemina) , il secondo sbaglia in continuazione atteggiamenti tattici e verbali. Ieri le sostituzioni semplicemente ridicole. In particolare Sturaro (che è un giocatore da media serie B) per l’assalto finale (mi viene da ridere). Poi ditemi dov’è questo mercato meraviglioso. In Dani Alves forse? giocatore bollito, presuntuoso, irritante e arrogante in ogni sua giocata. In Pianic che gioca 10 minuti bene ogni 4 partite?In Pjaca che infortunio a parte Allegri dimostra come al solito di non vedere? Higuain da solo basta ad arrivare forse secondi o terzi …
Gli juventini arrabbiati
Potremmo continuare a lungo. Il sito www.juventibus.com è zeppo di commenti di tifosi della Juventus che sputano fiele su Allegri, soprattutto, e anche sulla società. In maniera non dissimile da quello che accade sul Napolista dove ormai bisogna stare attenti a difendere il Napoli, provare a parlar bene della squadra azzurra.
Ti sbeffeggiano, ti deridono, ti offendono, ti accusano di essere al soldo di Aurelio De Laurentiis o di essere prossimo a esserlo.
Cosa comporta sostenere De Laurentiis
Una condizione a dir poco paradossale – il termine giusto sarebbe un altro – in cui solo il lamento, la critica, l’attacco sistematico a quella che dovrebbe essere la tua squadra, la tua società, sono accettati. Il tifo, il sostegno, anche la critica ragionata, l’uso dei dati, sono considerati strumentali se provi a offrire un diversa prospettiva che non sia basata sul disfattismo e, soprattutto, sullo sfogo. Oggi difendere De Laurentiis – che poi è un riconoscere risultati che parlando da sé – è operazione culturalmente assai più complicata rispetto alla difesa di Benitez. Vuol dire realmente essere portatori di un pensiero altro a Napoli, e fortemente minoritario.
Ma torniamo allo sfogo. La trasformazione del tifo, della passione calcistica – perché, al fondo, almeno un tempo era così, ci si avvicina al calcio per passione, per amore di questo sport, del gesto tecnico, dell’agonismo che prevede la vittoria e anche la sconfitta – in sfogatoio. E, come abbiamo visto, non è una caratteristica solo dei tifosi del Napoli. È stato sorprendente ritrovare le medesime dinamiche su un sito di tifosi della Juventus, una squadra che ha vinto gli ultimi cinque scudetti di fila, che ha disputato una finale di Champions e una semifinale di Europa League, che è attualmente in testa al campionato.
Nulla conta. Tutto viene azzerato. È come se il tifoso, il commentatore, non contemplasse l’imperfezione, ossia la sconfitta, quindi la vita reale. Sulla nostra squadra del cuore viene proiettato il concetto di perfezione. La nostra squadra del cuore deve sempre vincere, sempre. Possibilmente giocando bene. Preferibilmente dominando. E senza soffrire.
Non vogliamo soffrire, solo vincere
Persino il concetto della sofferenza è stato espunto dalla vita calcistica. Eppure chi ha frequentato gli stadi, conosce a perfezione quel groviglio nello stomaco che ti prende quando la squadra avversaria butta nella tua area il più innocuo dei traversoni. Era ed è il sale della vita da stadio. È quella condizione che o hai provato o non hai provato, un po’ come la delusione del giocatore di cavalli quando il tuo prescelto rompe a pochi metri dal traguardo. Se non sei pronto per affrontare un simile stato d’animo, è meglio non giocare più, vuol dire che il trotto non fa per te.
La cultura sportiva, questa sconosciuta
Il rapporto del tifoso con il calcio è profondamente cambiato. Raniero Virgilio ne ha scritto qui. Ma non è solo una questione di evento. È come se sul calcio si fosse riversata la nostra ansia di perfezione, di purezza. Diciamo che ha preso il posto del cantautore sarcasticamente tratteggiato da Edoardo Bennato un secolo fa. Ne sappiamo più di tutti. Allegri è pavido, Benitez è integralista, Sarri non fa giocare i nuovi, Spalletti è narciso e presuntuoso. Alla base non c’è più la cultura sportiva, non c’è più – almeno è la sensazione che avverto io – l’amore per questo sport, amore travolto da una sete inestinguibile – e quindi destinata a non appagare mai – di vittoria. Tutti sanno tutto. Tutti sanno come fare. E cosa fare. Tranne l’unica cosa che in realtà dovrebbe unirci: il sostegno alla squadra che abbiamo scelto, per varie ragioni, di sostenere. Ricordo che nei periodi bui – ce ne sono stati, eccome – ci si aggrappava a uno stop per riuscire a trovare un episodio positivo in partite terminate in goleada, mi vengono in mente le cinquine subite dalla Roma all’inizio degli anni Ottanta. Ricordo un vecchio film – magari qualcuno mi aiuta a ritrovare il titolo – in cui il papà romanista viene a Napoli a vedere la partita e di ritorno, sconfitto, si illumina nel mimare al figlio le prodigiose parate compiute da Paolo Conti.
Oggi, padre e figlio avrebbero un account Facebook e starebbero a insultare l’allenatore.