Evitare di offrire alibi, di dare segnali negativi alla squadra: un modo per allenare i calciatori anche fuori dal campo.
Tre spunti in tre punti, ecco in cosa Sarri potrebbe fare meglio.
1) Valorizzare la rosa
Sarri sta ripetendo lo schema dei titolarissimi dello scorso campionato. Come l’anno scorso giocano sempre (quasi) gli stessi, con la staffetta Insigne/Mertens ed un subentro a centrocampo (l’anno scorso era Lopez, quest’anno Zielinski). L’unica differenza è che in assenza dell’innominabile c’è una pseudo alternanza al centro dell’attacco.
Dei sette acquisti finora ne ha utilizzati due. Non hanno ancora disputato un minuto Diawara (la rivelazione del Bologna dell’anno scorso) Rog (un pilastro nella sua ex squadra, ceduto solo dopo che aveva partecipato ai preliminari di Champions) Tonelli (fortissimamente voluto, il primo acquisto addirittura prima dell’apertura del mercato) Giaccherini (il jolly dell’Italia agli europei) Maksimovic (inseguito per due anni e pagato tanto, con giallo nel finale di mercato).
Non si può giocare con 13/14 calciatori e basta.
2) Variare modulo
Ormai lo sanno tutti che se marchi stretto Jorginho si spegne la fonte del gioco, che se riesci a tener dietro Ghoulam e Hysaj il Napoli finisce in un imbuto. Al Napoli in queste circostanze manca il Piano B. E magari ci vorrebbe anche un Piano C.
3) L’allenatore allena la squadra anche fuori dal campo.
Se la squadra subisce dei torti non va detto nel modo di ieri. Come minimo si finisce col dare un segnale negativo, di sfiducia, ai calciatori (“tanto non ci fanno vincere”…). Come massimo gli si offre un alibi per prestazioni modeste (“non dipende da come giochiamo noi ma dagli arbitri”…).
Sarri vorrebbe che la dirigenza del Napoli fosse più presente? Bene, lo dica alla dirigenza del Napoli, non ai giornalisti.
Poi c’è un modo per non sentirsi rimproverare di essere lamentoso: non lamentarsi.
