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Sacchi elogia il Napoli: «È una squadra con uno stile, il salto di qualità deve farlo l’ambiente»

Arrigo alla Gazzetta dello Sport spende belle parole per il Napoli e per Sarri e torna sulla mentalidad ganadora.

Sacchi elogia il Napoli: «È una squadra con uno stile, il salto di qualità deve farlo l’ambiente»

Tra quindici giorni, l’intervista ad As compie un anno. Era quella della mentalidad ganadora, di un Napoli che deve crescere come ambiente per pensare di poter vincere. Ebbene, (quasi) un anno dopo riecco Arrigo Sacchi sul Napoli. Conferma le stesse cose, ed insieme esalta la squadra creata da Sarri, il suo gioco, la sua «identità». A parlare con l’ex ct della Nazionale, stavolta, ci è andata la Gazzetta dello Sport. L’intervista è su tutti i temi più caldi del campionato, ma sul Napoli l’uomo di Fusignano si sbilancia. Ecco come: «Il Napoli senza Higuain? Tutto da scoprire. Si parte, però, da una certezza: Sarri. È un allenatore bravissimo, anche se i miracoli li fa soltanto il Signore… Diciamo che a livello individuale ha perso qualcosa, però sul piano del gioco può continuare a stupire. Vede, il Napoli è una delle poche squadre italiane che ha uno stile. Significa che, quando la guardo, riconosco la mano del tecnico, ha un’identità ben precisa. A Napoli il salto di qualità deve farlo l’ambiente».

Il solito, insomma. Più o meno, quello che diciamo noi, da sempre. Non possiamo (di nuovo) non essere d’accordo con Sacchi, che l’anno scorso spiegò ad As come (per Benitez, ndr), a Napoli, «la situazione non era facile perché è una piazza che non ha una mentalità vincente. Il Napoli non ha mai vinto qualcosa di veramente importante. Basti pensare che Maradona, il miglior giocatore che abbia mai visto giocare in un campo di calcio, non ha mai alzato una Coppa dei Campioni. Non è neanche arrivato ai quarti. Lavorare in un ambiente del genere è difficile».

Sacchi quindi vede, conferma e rilancia. Ma intanto, strizza l’occhio a Sarri. Lo fa anche in altri punti dell’intervista, quando ad esempio parla di Higuain alla Juventus: «I calciatori della Juventus, individualmente, sono i migliori. Adesso devono diventare più “europei”, essere più propositivi nel gioco. Le squadre italiane, e la Juve non fa differenza, quando vanno in vantaggio tendono ad arretrare, a chiudersi, a difendere l’1-0. A me, invece, piacciono quelli che continuano a dominare, che fanno il loro gioco indipendentemente dal risultato. In Europa questa filosofia è vincente. Dico questo anche in relazione al fatto che la Juve abbia preso Higuain e Pjanic. Quand’è che in Italia capiremo che il gioco del calcio è un fatto collettivo? I singoli sono importanti soltanto se il collettivo funziona. Quando ero dirigente del Real Madrid Alfredo Di Stefano, mica uno qualunque, mi disse: “Abbiamo i migliori calciatori del mondo, ma facciamo il gioco peggiore”. Aveva ragione: undici fuoriclasse, se non c’è uno spartito, non vanno da nessuna parte. Con questi due acquisti la Juve ha preso certamente due grandi giocatori e ha indebolito le dirette concorrenti. Ora vediamo se funzionano. Io, ad esempio, ho una curiosità Voglio valutare quanto Higuain mancherà al Napoli e quanto il gioco del Napoli mancherà a Higuain. Non è un dettaglio da sottovalutare».

Crediamo non ci sia altro da aggiungere.

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