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Massimo Oddo, ieri campione e oggi allenatore. Con Pescara e Napoli nel destino

Esordirà in Serie A contro la squadra che l’ha condotto nel grande calcio. Massimo Oddo, campione iridato per club e nazionali, studia da profeta del gioco offensivo e ammira Sarri.

Il 2 aprile del 2000, Massimo Oddo è un terzino destro di belle speranze che torna a casa. O meglio, nel luogo in cui la carriera del papà calciatore ha portato sua madre a partorire. In quello stesso giorno, il giovane esterno difensivo del Napoli non contiene una discesa di Federico Giampaolo, fratello del futuro allenatore Marco, e lascia spazio per un cross che finirà in rete. Il gol sarà opera di Massimiliano Allegri, che oggi guida la Juventus. Sotto, la testimonianza filmata di questa bella storia di intrecci.

Con il Napoli, Massimo Oddo ha conosciuto la grande piazza calcistica. Scuola Milan, era passato per Prato, Fiorenzuola e Monza prima della stagione in azzurro, voluto fortemente dal tecnico Novellino per la sua capacità di essere terzino e anche cursore di fascia. Inizierà in sordina, si prenderà il posto da titolare e alla fine risulterà uno dei migliori dell’intera stagione. La fascia destra di quel Napoli erano lui e Asta. Niente male davvero, quarto posto e promozione in Serie A. Quel giorno di Napoli-Genoa, dei calciatori con le teste azzurre.

Da quell’esperienza, Oddo partì alla conquista del Mondo. Nessuna iperbole, nessuna esagerazione. Nel 2006 vincerà il titolo iridato in Germania, l’anno dopo alzerà la Champions League nel cielo di Atene (Milan-Liverpool 2-1). Di solito conta poco, ma Oddo sarà anche campione del Mondo per club, sempre con i rossoneri edizione 2007. Insomma, sarà un calciatore vero e veramente di alto livello.

Il Napoli, oggi, è un altro battesimo di Oddo. Una roba importante, forte: l’esordio in Serie A, da allenatore giovane che sembra predestinato. Un anno dopo il ritiro, la chiamata delle giovanili del Genoa. Poi il Pescara, aria di casa: è nato in città, mentre suo padre Francesco giocava con i biancoazzurri. Ne sarebbe diventato allenatore, in una successione unica nella storia del calcio italiano, padre e figlio sulla panchina dello stesso club. L’unica cosa che non li ha accomunati è stata il mancato passaggio di Massimo con la maglia del Pescara: dopo Napoli e prima e dopo il Milan, le sue tappe sono state Verona, Roma (sponda Lazio, sarà anche capitano), Monaco di Baviera (Bayern, prestito annuale, stagione 2008/2009), Lecce. Anche in Abruzzo si comincia dalle giovanili, poi la promozione immediata in prima squadra. Che poi è una cosa strana, perché arriva a una giornata dalla fine del campionato. La panchina e la squadra sono di Baroni, Oddo vince l’ultima partita e poi si gioca i playoff. Il sogno finisce col Bologna, ma l’avventura continua per un’altra stagione. Che è alti e bassi, ma che riporta gli abruzzesi ai playoff. Stavolta, va meglio: in finale c’è il Trapani, e l’immagine storica è Oddo che abbraccia Cosmi che ha appena perso l’occasione storica di portare i siciliani granata in Serie A. Un bel momento.

Oddo allenatore è sfrontato, nel modo di schierare la squadra e pure in quello di parlare. Le due cose vanno di pari passo: la religione è il movimento, si gioca a tutta pressione a tutto campo. Gli inserimenti dei centrocampisti e degli esterni aprono gli spazi, i bomber ci vanno a nozze. L’ex obiettivo di mercato del Napoli, Gianluca Lapadula, ha assecondato il ben di dio di assist e occasioni mettendola dentro trenta volte. Ora è al Milan, e in una delle prime interviste ha voluto ringraziare proprio il suo ex tecnico: «Oddo e il suo staff perché quest’anno mi hanno fatto fare qualcosa di straordinario. Gli avevo accennato del Milan e nei suoi occhi si vedeva che il club rossonero è qualcosa di straordinario. Non posso che ringraziarlo».

Poi, come detto, le parole. Veloci, come il suo Pescara. Oddo è all’esordio come allenatore della massima serie eppure ha le idee chiare: «Non voglio sentire in giro che non possiamo fare punti in partite come queste, contro il Napoli giochiamo per vincere. È chiaro, esistono squadre più forti della nostra. Ma noi dobbiamo essere bravi a superare queste differenze tecniche». Ci proveranno, quindi, i biancazzurri d’Abruzzo. Non solo contro il Napoli, parola dell’allenatore laureato (Scienze politiche-commerciali manageriali dello sport)  che «voleva fare il dirigente». E che spiega così la sua filosofia «Un Pescara piccolo ma di qualità. Un Pescara coraggioso. Che proverà a vincere su ogni campo, e per questo non vorrei mi si definisse presuntuoso». L’ultima su Pescara-Napoli: «Stadio pieno, una bella sfida contro l’allenatore del Napoli, Sarri, che è quello che stimo di più. So già che saprà tutto di noi, attento com’è». Non c’era bisogno di una laurea o di essere un tecnico predestinato per dire questa frase, ma i modelli di riferimento e le referenze sono buone. Benvenuto, mister.

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