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#HovistoMilik, e gli voglio già bene

Una reazione, di pancia, al numero 99 del Napoli. Che è altruista, bravo a giocare con la squadra, ha fatto due gol. E che dice cose belle nell’intervista postpartita.

#HovistoMilik, e gli voglio già bene
Milik

Sono uno di quelli che, tra stanotte e stamattina, ci ha creduto. Ho visto e ho sentito e ho letto e ho saputo cose che hanno fatto vacillare un po’ la mia certezza assoluta sul ritorno di Cavani, come assoluta boutade. L’ho scritto in francese, non a caso.

Quindi, sono arrivato alla partita ancora un po’ intontito. Più che intontito, però, direi confuso. Tra lo sperare che Milik facesse una doppietta (il tifoso che è in me), la ricerca di una chioma lunga e bruna sugli spalti (il sognatore che è in me), Twitter acceso per le ultime dall’hotel Vesuvio (il social-boy che è in me) e l’idea che una buona partita del polacco potesse in qualche modo scoraggiare ancora di più chi di dovere a provarci, fino ala fine, per riportare a casa il Matador (il freddo calcolatore che è in me). Quattro anime insieme, non vi elenco anche le altre perché sennò facciamo mattina e diventa una cosa troppo autoreferenziale.

Partita iniziata, e #HovistoMilik. E l’ho visto bene, bene davvero. L’ho visto inserito in campo, in quello che la squadra faceva. In quello che questa squadra significa. L’inizio del match, sorprendentemente a favore del Milan, non aveva cancellato alcuni movimenti buoni, alcune chiamate di palla intelligenti, non isteriche, dopo alcune scalate dallo spazio del centravanti. Roba che non puoi registrare in nessun modo, che non puoi dimostrare empiricamente. Che ha senso e fa sensazioni solo nella mente di chi le vede. Io le ho viste, e ho iniziato a sciogliermi.

Poi, ha segnato il primo gol. Seduto a terra, su un parquet freddo nonostante siamo ad agosto, ho urlato semplicemente “Milik!”. Una volta, così. Sobrio, come la sua esultanza.

Quando ha messo dentro la capocciata del secondo gol, ho scoperto i miei sentimenti. L’ho detto forte e chiaro, ad alta voce: “Milik! Ti voglio già bene!”.

Lo so, avete ragione. Certe situazioni, da tre anni fa a un mese e fino a stamattina, avrebbero dovuto insegnarmi che non ci si affeziona agli attaccanti. Che non si iniziano relazioni con persone di cui non conosci i veri impulsi. Uno che poi, attenzione, hai appena conosciuto. Sono proprio incorreggibile.

Dopo, l’ho visto muoversi ancora. Non mi ha ricordato Higuain, lui era un’altra cosa. Un amore diverso, isterico. Nei miei racconti con persone che non mi hanno mai visto davanti alla tv, dico sempre la stessa cosa: “Il 50% del tempo di gioco dell’anno scorso lo passavo a fare il mental coach di Higuain. A dirgli come doveva comportarsi e rapportarsi con gli altri”. Sul Pipita in campo, non avevo niente da dire. Ci mancherebbe, anche se qualcosina a livello di “primodonnismo” di Gonzalo l’avrei cambiato. Sono un presuntuoso, sì.

Con Milik, stasera, ho visto l’altra faccia della medaglia. L’altruismo, la partecipazione non interessata al gioco. O almeno, non tesa solo ed esclusivamente al tornaconto personale del gol. Che è una dote, che a un aspirante “tattico” come me non può non smuovere qualcosa dentro. Ma che può diventare anche un limite nelle serate in cui non segni due gol e c’è la necessità maledetta di buttarla dentro. Milik ricama e gioca con la squadra, ma che punti pure al gol. L’ha detto anche Sarri nel postpartita, lui questa cosa di venire a partecipare un po’ più indietro ce l’ha naturale. Bene, benissimo. Se ci mette insieme qualche tentativo in più, mi fa felice assai. Ci fa felice assai. Poi, magari, fa doppietta ogni volta o anche solo un gol. E allora, diventa un idolo. Basta così poco, in fondo, per piacere alla gente del Napoli.

Dopo, ho visto Milik nell’intervista. Parlava in inglese, ho provato a seguirlo. Dice cose scontate, ci sta. Non è che potessi aspettarmi molto di più. Poi però si sbilancia, e spara forte: «Non sentirò la pressione di Higuain». Non gliel’ho ridetto per pudore e vergogna, che già gli voglio bene. Però mi stava scappando, perché ha detto quello che volevo sentire. Quello che dovrebbero dire e pensare tutti, magari. Perché Higuain non c’è più, e neanche Cavani. Ora è il suo momento, il momento di Milik. E non è che si sia presentato così male, no?

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