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Caro Koulibaly, resta a Napoli: ti serve un altro anno con Sarri

Perché a Koulibaly conviene restare almeno un altro anno a Napoli. Con Sarri può crescere ulteriormente.

Caro Koulibaly, resta a Napoli: ti serve un altro anno con Sarri

Durante la partitella d’allenamento di oggi, la tribuna stampa si sforzava a identificare la formazione. Ripassava mentalmente i nomi, soprattutto delle due linee difensive: Luperto, Lasicki, Ghoulam, Maggio. No, quello è Celiento, e quell’altro è Granata. E poi c’era lui, Kalidou Koulibaly. Che riconosci da subito in ogni caso, perché Kalidou Koulibaly è innanzitutto forte, fortissimo. Qualità d’anticipo e di posizionamento, strapotere fisico, la palla toccata bene sul movimento d’appoggio del regista. Insomma, il difensore perfetto per il Napoli.

Volessimo o dovessimo appuntare una medaglia al petto di Sarri, avrebbe la forma e il profilo di Kalidou Koulibaly. Che è stato portato in Italia per precisa indicazione di Benitez, ma che con il tecnico spagnolo ha offerto un rendimento non superiore al 30% rispetto a quello che invece ha disegnato nell’ultima stagione con Sarri. E abbiamo arrotondato la percentuale per eccesso. Ripensiamoci insieme, dai: il francosenegalese aveva iniziato la prima stagione pure benino, poi aveva fatto vedere cose orrende in una squadra via via sempre più lontana dal progetto del suo allenatore. La seconda annata ha avuto un inizio interlocutorio: le prime partite fuori, con il pur bravo Chiriches al suo posto accanto ad Albiol. In panchina a Sassuolo ed Empoli, titolare contro la Sampdoria. Poi Bruges e Lazio, i match della svolta. Sua e del Napoli.

Dopo quelle prestazioni, Koulibaly non è più uscito dal campo. Andando a memoria, senza consultare pagelle o analisi tattiche, non ha sbagliato più di un paio di partite. E “sbagliare una partita”, se sei Kalidou Koulibaly, vuol dire al massimo mancare un paio di interventi o interpretare male tre letture preventive. Perché il resto, le doti, non cambiano. E raccontano di un aspirante top player difensivo, un calciatore di livello assoluto.

Le partitelle del ritiro, pur se il confronto con i giovani è comunque sbilanciato a suo vantaggio, ci dicono e ci confermano questa sensazione. Ma anche che i margini di miglioramenti esistono, eccome, anche se sei stato accostato al Chelsea e all’Everton. Che poi, appunto: Chelsea ed Everton. Due squadre senza Champions, che ti danno pure 40 o 45 milioni. Che ti porteranno anche nel campionato, ad oggi, più bello del mondo. Sì, ok. Ma perché non crescere e migliorare ancora, caro Koulibaly? Perché accontentarsi solo dei soldi? Solo di quello, si tratta (si tratterebbe). Se le tue acquirenti sono davvero Chelsea ed Everton, diventa solo una questione di vil denaro. Perché non c’è il passo in avanti europeo, perché la Premier assicurerà pure maggiore competitività sulle 38 partite, ma dal punto di vista tattico resta comunque un campionato meno formativo di quello italiano. Chi non lo riconosce, magari, dimentica che quattro tecnici su venti club vengono proprio dal Belpaese. Che il campione in carica è Ranieri.

Dai un’altra chance a Sarri e al Napoli, caro Kalidou. Lo diciamo nel tuo interesse. Questa scelta ti permetterebbe di puntare davvero al massimo, magari l’anno prossimo. Perché nel frattempo saresti cresciuto ancora lì dove ti serve di più, con il tecnico che ha saputo farti giocare meglio. E avresti messo al servizio le tue immense qualità tecniche e fisiche a un sistema difensivo curato nei minimi particolari, ogni giorno. Ok, il Chelsea (perché l’Everton non si può sentire) probabilmente sarà il massimo già dall’estate del 2017. Ma intanto hai giocato la Champions, ti sei fatto un altro anno dove la gente ti vuole bene veramente. E dove magari guadagnerai anche di meno, ma comunque vieni dal Genk e magari ti può anche stare bene anche un rinnovo a cifre maggiorate, così magari zittiamo anche Bruno Satin, alias il procuratore più zelante del West. Si chiamerebbe riconoscenza.

Poi casomai il Napoli vince lo scudetto e allora rimani un altro anno ancora per provare a difenderlo, ma questo è un altro discorso. Ne riparliamo tra un anno, a cose fatte. Siente a ‘mme, che ti voglio bene.

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