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Fiorello trasloca la sua edicola in tv e porta con sé anche De Laurentiis

Fiorello trasloca la sua edicola in tv e porta con sé anche De Laurentiis

Con De Laurentiis che garantisce di avere due amici fidati che in due ore gli procurano ogni tipo di passaporto, perfino uno italiano al nome di Gonzalo Higuain in modo da farlo debuttare con la maglia azzurra ai prossimi europei e con l’ex ministro Cancellieri che, poverina, pur non possedendo un timbro di voce diciamo così cristallino, viene chiamata a dirimere le questioni più controverse anche se pochi l’intendono, il Tg di Fiorello, quello che mette il buonumore come canta Jovanotti nella sigla, da qualche giorno fa strage di ascolti e di consensi. All’ora del cappuccino e della cena, cioè nei due momenti topici della giornata del cittadino medio.

Che dire? Ci uniamo al coro? Non ci sbilanciamo, ma se si indice un referendum votiamo sì. Nel senso che, con quel che passa il convento, continueremo a seguire il Tg dichiaratamente strampalato di Fiorello e ci terremo caro quel pizzico di buon umore che trasmette. Il problema, però, è un altro e non è nuovo anche se i maitres à penser televisivi fanno finta di non sentirci dall’orecchio della qualità: perché con Benigni, Fazio, Arbore e Fiorello puntare sulla bontà del prodotto è come mettere i soldi in banca? E con altri divi televisivi no, anche se sono altrettanto bravi come la Littizzetto o Crozza che pure conoscono bene il mestiere di far ridere? La verità è molto più semplice di quanto si creda e si trova in quella sfera magica dell’intesa che si stabilisce tra il fuoriclasse e lo spettatore: se all’istante scatta la scintilla nasce il divo. Se il “passaggio” non avviene si va dall’8 alla bocciatura perché l’elettrodomestico a colori è spietato e non prevede, come la pagella degli studenti, “debiti” che è possibile pagare a ottobre. Fiorello, ad esempio, è bravissimo e scatena entusiasmi per la bravura, la simpatia e la capacità di farsi desiderare dai suoi accanitissimi sostenitori. Si concede con il contagocce, spesso si fa desiderare con pillole radiofoniche, ma poi, zac, piazza l’affondo e la concorrenza arrossisce al confronto. Succede lo stesso a Renzo Arbore, al quale don Rosario certamente si ispira, anche se il “maestro” è costretto a una fatica suppletiva dovendo tenere dietro ai successi strepitosi della sua orchestra anema e core. Con la classe di showman che si ritrova, Fiorello riesce a dare spessore alla formula vincente fin dai tempi di Bandiera gialla e di Alto gradimento aggiungendo una spolverata di grinta siciliana al cocktail foggiano-napoletano brevettato dall’inarrivabile Renzo. Se poi si volesse trasferire la sfida dagli studi di registrazione al campo di calcio, la posta in palio sarebbe questa: a chi dareste la maglia numero 10? La risposta non è salomonica ma ovvia: ad entrambi perché Arbore e Fiorello sono come Pelè e Maradona. E Thiago Motta non è manco la suola dello scarpino di Del Piero. Per una conferma autorevole poniamo il quesito al presidente De Laurentiis che, però, dopo aver parlato con i suoi amici, voterà sicuramente per Hamsik core ’e papà.

Detto ciò, la conclusione è scontata: anche questo progetto della premiata ditta Fiorello – in pratica la versione televisiva dell’Edicola Fiore che ebbe grande successo – è destinato a scalare la classifica degli ascolti perché Rosario ha preso la questione di petto e la trasmissione, oltre a far leva sulla carica di entusiasmo del conduttore, procede a suon di gag appena abbozzate nel copione e poi rifinite in diretta. La trovata geniale è la “scoperta” di Stefano Meloccaro, il cronista di Sky esperto di tennis, che ha bucato l’audio e ha fatto innamorare un gruppetto di ammiratrici che vorrebbero sbranarlo di coccole. Ecco la genialata che fa la differenza. Accadde con Marco Baldini, poi scomparso dai radar per altri problemi e ora la storia si ripete con il popolare giornalista sportivo di Sky, esperto soprattutto di tennis, che ci mette molto di suo perché, oltre ad essere piacione, riesce a stare al passo di Fiorello, non è roba da poco, e dialoga alla grande con il conduttore di mostrando sul campo di essere un ottimo vice bon a tout faire. In francese è venuta bene, ma per definire il personaggio è meglio affidarsi alla lingua napoletana: chille Meloccaro è trasuto ‘e spighetto e s’è mise ‘è chiatto. Non c’è bisogno di traduzione, vista la popolarità che ha raggiunto in pochissimi giorni. Per ulteriori informazioni chiedefre al “masto”, cioè a don Aurelio, ma il rischio è di trovarsi Stefano Meloccaro nel prossimo cinepanettone. Se mai ci sarà.

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