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I fratelli di Jorginho. Da Picchi a Pruzzo, da Mancini a Lodetti: storie delle esclusioni illustri dei Ct

I fratelli di Jorginho. Da Picchi a Pruzzo, da Mancini a Lodetti: storie delle esclusioni illustri dei Ct

L’Italia, paese di santi, navigatori e commissari tecnici. Frase probabilmente abusata, ma di certo rispondente al vero. Come sempre, in occasione di Mondiali o Europei, l’opinione pubblica si è divisa sulla rosa dei convocati della Nazionale e ognuno ha detto la sua. Le scelte di Conte hanno fatto discutere e non poco, ma anche i suoi colleghi non sono esenti da critiche: Low ha deciso di affidare l’attacco della Germania a Mario Gomez, certamente reduce da una buona annata col Besiktas (26 gol in campionato) ma che nelle ultime stagioni non aveva avuto proprio un rendimento affidabile; Del Bosque ha lasciato a casa, oltre a Diego Costa, anche Isco e Saul Niguez, che giusto pochi giorni fa hanno disputato una finale di Champions League; Deschamps aveva deciso da tempo di estromettere Benzema per il presunto ricatto nei confronti di Valbuena, con l’attaccante del Real che ha replicato in queste ore ipotizzando addirittura motivazioni razziste dietro la scelta del tecnico francese.

Compito storicamente ingrato, quello del selezionatore della Nazionale. Oggi sembrano incomprensibili le esclusioni di giocatori validi come Jorginho e Bonaventura, ma nel corso degli anni non sono assolutamente mancate polemiche legate a fior di esclusioni illustri. Basterebbe, per tutte, citarne una sola: alla vigilia del Mondiale del 1982, Bearzot non si fece problemi a lasciare a casa Roberto Pruzzo, centravanti della Roma che aveva vinto la classifica cannonieri per due anni di fila per complessivi 33 gol. Decidendo di puntare tutto su Paolo Rossi, che però era tornato al calcio giocato, dopo i due anni di squalifica per il calcio scommesse, solo poche settimane prima della partenza per la Spagna. Il “Vecio”, anche a causa del gioco davvero poco brillante espresso nelle amichevoli premondiali e nelle prime gare della manifestazione, attirò su di sé e sulla squadra critiche davvero feroci, che sfociarono nell’insulto personale. Ma attese Rossi fino all’ultimo momento disponibile, e Pablito lo ripagò coi sei gol che alla fine condussero l’Italia al titolo.

Tra le esclusioni che fecero più sensazione, quelle di Mancini a Usa ’94 e di Baggio agli Europei del 1996, anche se attese per vari motivi: l’allora Ct Arrigo Sacchi del resto era noto per non essere tenero con i campioni, specie se non perfettamente integrati nel suo credo tattico. Così come fu piuttosto controversa la scelta di Cesare Maldini, in vista di Francia ’98, di tenere fuori Gianfranco Zola, che era stato determinante nel percorso di qualificazione con un gol decisivo a Wembley contro l’Inghilterra ed era stato protagonista di una buona stagione al Chelsea. Altro attaccante vittima di scelte discutibili fu Giuseppe Rossi alla vigilia dei Mondiali del 2010, e sì che Lippi lo aveva provato, con ottimi risultati, nella Confederations Cup dell’anno precedente. Per poi scegliere, alla partenza per la spedizione in Sudafrica, di ignorare molte delle indicazioni provenienti dal campionato e di puntare su un folto blocco juventino (sei giocatori), nonostante i bianconeri avessero chiuso un’annata disastrosa al settimo posto in campionato. Con i risultati che tutti conosciamo.

Bazzecole, per certi versi, se decidiamo di andare indietro nel tempo. Per esempio, ai Mondiali del 1966 in Inghilterra. Dove l’allenatore, Edmondo Fabbri, decise di tener fuori dalla lista dei convocati due giocatori fondamentali come Armando Picchi e Mariolino Corso, rispettivamente libero e centrocampista dell’Inter. Non due giocatori di poco conto, se è vero che si trattava di due colonne portanti dell’Inter di Helenio Herrera campione di tutto e se il piede sinistro di Corso (che è stato anche allenatore delle giovanili del Napoli, con uno scudetto Primavera vinto nel 1979) è passato alla storia come “il sinistro di Dio”. Ufficialmente Fabbri motivò l’esclusione dei due dal punto di vista tattico, asserendo che non fosse possibile replicare il modello di gioco dei nerazzurri, ma in molti sostennero che quella di Fabbri fosse una ripicca nei confronti dell’Inter, con la quale qualche anno prima aveva trovato un accordo di massima prima che Moratti padre decidesse di tenersi Herrera.

Ma il primo premio per l’esclusione più rocambolesca di tutte lo vince, senza tema di smentita, Giovanni Lodetti. Il centrocampista del Milan era sull’aereo che portava gli azzurri in Messico nel 1970, ma il giorno prima della partenza era rimasto a casa Pietro Anastasi, centravanti della Juventus, per una colica addominale: il Ct Valcareggi scelse così di aggregare alla spedizione non un attaccante, ma due, ossia Pierino Prati del Milan e Roberto Boninsegna dell’Inter. L’intuizione di Sandro Ciotti, che ipotizzò una scelta “politica” (far fuori uno del Milan o dell’Inter per una questione di equilibri), si rivelò esatta, purtroppo per Lodetti che si vide estromesso sebbene fosse tra i migliori della squadra sui test in velocità. La federazione tentò poi di ricucire lo strappo offrendo a Lodetti e sua moglie una vacanza pagata in Messico, ottenendo il rifiuto sdegnato del giocatore.

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