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È iniziato un Europeo che sembra dimesso, ma il calcio saprà emozionarci ancora

È iniziato un Europeo che sembra dimesso, ma il calcio saprà emozionarci ancora

Ci siamo, si parte. Anzi, siamo già partiti. Ieri sera, nello splendido scenario di Saint-Denis Francia e Romania hanno dato il calcio d’inizio al primo Europeo a 24 squadre. 24 selezioni, il meglio del calcio del Vecchio Continente, che da qui al 10 luglio si contenderanno la vittoria finale.

Si arriva a questo torneo con uno stato d’animo particolare, come già descritto da Alfonso Fasano su queste pagine qualche giorno fa. Si fa fatica a sentire trasporto per la Nazionale, per i motivi più disparati. È una squadra che di certo non ruba l’occhio per come gioca, non composta come in passato da campioni che potessero trascinare la fantasia e accendere i cuori per identificarsi in loro (senza scomodare mostri sacri del passato e volendoci rifare solo al passato recente, si deve riconoscere che pur con tutti i loro difetti anche i vari Cassano e Balotelli ci riuscivano). I personaggi principali finora non hanno fatto molto per rendersi simpatici, a partire dall’allenatore. Aleggia, in generale, la sensazione che mai come ora la squadra sia uno specchio fedele dello Stivale: diviso, in crisi di valori e di identità, governato in apparenza da logiche striscianti e poco chiare.

Non entrerò adesso nel merito della questione tifare o non tifare per l’Italia. Naturalmente, ciascuno farà come meglio crede. Per quanto mi riguarda, sosterrò la Nazionale perché non saprei fare altrimenti e mi farebbe strano “tifare” per qualcun altro, al di là di qualche simpatia. Ma il punto non è questo. Guardandomi intorno ho percepito più che altro, almeno per il momento, uno scarso interesse per l’Europeo inteso come manifestazione in sé, una cosa che da amante del calcio faccio fatica ad accettare. Va bene che gli Europei non sono i Mondiali e una differenza di approccio è in un certo modo fisiologica. Va bene che la nuova formula del torneo a 24 squadre lo rende piuttosto “liquido” rispetto alla versione conosciuta a 16 squadre e la presenza di numerose squadre che solitamente sono fuori dai nostri radar è sì una fonte di curiosità ma soggetta, se vogliamo, a un po’ di rodaggio (mi rendo conto che partite tipo Islanda-Ungheria potrebbero non appassionare proprio tutti). Va bene pure – tanto sarebbe inutile nascondercelo – che in fondo siamo Napoli-centrici e che di norma qualsiasi pensiero sul calcio viene automaticamente filtrato dal nostro essere tifosi azzurri. Ma voglio anche ricordarmi che c’è un motivo se ci siamo affezionati così tanto a questo sport, al di là delle emozioni da tifosi, al punto da farne uno dei centri di gravità delle nostre vite.

Quel motivo è legato al fascino che da sempre quel pallone esercita su di noi, fin dai tempi in cui ci si sbucciava le ginocchia in cortile e non si sentiva la stanchezza di ore passate a giocare. E’ legato alla bellezza dei gesti tecnici, alle storie che può raccontare ogni partita, alla componente guerresca latente (ma mica tanto, a pensarci bene) nel genere umano. Al fatto che, nonostante a volte capiti di pensare il contrario e si tema di assistere a un copione già scritto, in quei 90 minuti può davvero succedere di tutto. E poi, per una volta, non sarà male gustarsi delle partite, per il semplice gusto di vedere come vanno a finire, prendendosi un po’ di riposo dalla faticosa routine del tifoso: credete, lo dico senza nessuna ironia. Buon Europeo a tutti, per amore del calcio.

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