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Svalutazione della sterlina, nuovi regolamenti: i motivi delle reazioni negative dello sport alla Brexit

Svalutazione della sterlina, nuovi regolamenti: i motivi delle reazioni negative dello sport alla Brexit

Abbiamo già scritto ieri, su queste pagine, un articolo sulle possibili conseguenze della Brexit sul campionato inglese di calcio. Oggi non vogliamo rincarare la dose, ma approfondre alcuni temi e sottolineare come le reazioni del mondo dello sport siano unanimamente negative verso l’esito del referendum. 

Iniziamo proprio da queste, che sono una roba trasversale: perché non solo il calcio condanna in qualche modo i sostenitori del “Leave”, ma l’intero pianeta professionistico, senza distinzione di sport. Se Michael Owen, Pallone d’Oro 2001, scrive “Non mi aspettavo di risvegliarmi così oggi”, il ciclista Cavendish twitta la sua desolazione e invita Cameron a dimettersi. Insieme a questi, altri messaggi poco edificanti o comunque scoraggiati: Gary Lineker, la maratoneta Paula Radcliffe, l’ex pilota Damon Hill. Insomma, tutti a rammaricarsi di un risultato politico e sociale inatteso, destinato a riscrivere la storia politifca europea e anche, forse, quella sportiva. 

Anche se le conseguenze della Brexit sul calcio inglese sembrano essere non proprio allarmanti, qualcosa è comunque destinato a cambiare. Anzi, è già cambiato. Basta leggerlo sul Guardian, che in un lungo pezzo a firma di Ed Aarons spiega come già un’offerta di calciomercato fatta recapitare l’altro ieri (quella del West Ham per Batshuayi) abbia cambiato il suo valore: 40 milioni di euro che 72 ore fa erano pari a 31 milioni di euro e oggi ne valgono 34. La svalutazione della sterlina è un punto molto importante, come spiega anche Marco Bellinazzo in un articolo sul suo blog, citando il caso di Jamie Vardy: il centravanti inglese ha firmato da pochissimo il suo secondo rinnovo stagionale con il Leicester, ma potrebbe essere costretto a ridiscutere per la terza volta in sei mesi i termini del suo stipendio, che ha subito una modifica sostanziale dalla perdita di valore accusato dalla moneta inglese. 

La novità più importante potrebbe però arrivare da un altro snodo fondamentale: quello dei calciatori non britannici (e quindi, a questo punto, extracomunitari a tutti gli effetti per il Regno Unito) in ingresso nello sport professionistico. Per quanto riguarda la Premier League, la situazione è regolamentata secondo il sistema dei permessi di lavoro. Il primo segnale arrivato dalla lega è quello di buttare acqua sul fuoco attraverso comunicati tra il conciliante e il rassicurante diramati già prima dei risultati: «La Premier League è una competizione sportiva di grande successo, che ha forte richiamo nazionale e globale. Continuerà ad essere così a prescindere dal risultato del referendum. Chiaramente, noi continueremo a lavorare con il governo e altri enti per mantenere alto il livello del campionato».

Ovviamente, queste parole lasciano il tempo che trovano. Anche eprché oggi è il giorno delle dichiarazioni programmatiche, che spiegano come i primi effetti della Brexit sulla politica di reclutamento degli stranieri non si vedranno prima di un paio d’anni, come spiega Jake Cohen, avvocato sportivo: «Si sta facendo un gran parlare di permessi di lavoro e criteri di ingresso di calciatori nell’Unione Europea, e si porta ad esempio il caso di Anthony Martial del Man Utd, che secondo il regolamento applicato agli extracomunitari non sarebbe stato acquistabile da un club di Premier League. La realtà riferita ai contratti ancora in corso dice che non dovrebbero esserci cambiamenti prima di due anni, ovvero il tempo necessario a mettere a punto tutti i regolamenti che permetteranno al Regno Unito di uscire davvero dall’Unione Europea».

Eppure, il pezzo del Guardian pone l’accento su quelli che potrebbero essere i cambiamenti fondamentali: l’aumento fuori controllo dei prezzi di mercato per i calciatori inglesi, a quel punto una merce pregiatissima per non infrangere i regolamenti, e l’impossibilità di acquistare giovani adolescenti da far crescere nelle Academy britanniche. Il riferimento a un caso-Pogba è già presente nell’articolo.

C’è incertezza diffusa, uno stato di malessere e paura per quello che sarà il futuro dello sport dopo una decisione di portata storica. Che per il momento non può ancora avere effetti immediati, ma che presto potrebbe riscrivere gerarchia e geografia, almeno economica, del calcio europeo.

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