La Paz, Bassa California del Sud. È il 1986, tempo dei Mondiali in Messico: il vecchio canale televisivo Imevisiòn trasmette le partite del campionato italiano di Serie A. Il Napoli va in onda la domenica mattina, molto presto, ma un ragazzo messicano che frequenta le scuole superiori si sveglia quasi all’alba ogni volta per vederle, rinuncia a qualche ora di sonno in più solo per guardare un piccolo grande uomo argentino che porta la sua squadra, geograficamente lontana chilometri e chilometri da La Paz, alla conquista del suo primo scudetto. È così che Daniel Ruiz, oggi quarantatreenne, messicano di La Paz, si innamora del Napoli di Maradona: «Per tre anni mi sono svegliato prestissimo tutte le domeniche. Grazie a Diego, dopo Messico ’86, il Napoli qui a La Paz diventò famoso. C’è un’intera generazione, di cui faccio parte, che ha avuto l’opportunità di guardare le partite e di godere degli straordinari risultati di quella squadra. Poi arrivarono la Coppa Uefa e la stagione dell’89, con la mitica MaGiCa. Da allora non ho abbandonato più l’azzurro». Ancora oggi, Daniel guarda il Napoli ogni volta che può: «Si può vedere il campionato italiano sulla tv digitale, sul canale Fox Sports. Trasmettono anche una trasmissione settimanale dedicata alla Serie A dove ricapitolano gli avvenimenti più importanti della giornata calcistica, il lunedì sera».
Daniel vive nel quartiere La Posada, e commercia in ricambi d’auto. Nel tempo libero ama passeggiare sul lungomare con la famiglia, visitare piccoli paesi vicino a La Paz, giocare a calcetto con gli amici e guardare la Formula 1. Racconta che il suo peggior difetto è la disorganizzazione, mentre la qualità di cui va più fiero è l’ottimismo. Gli piace ascoltare musica di ogni genere, «soprattutto il rock degli U2 e dei Rolling Stones, ma anche gruppi messicani e argentini come Mana, Caifanes e Soda stereo. Mi piacciono anche i classici italiani, come Zucchero, Vasco Rossi e Eros Ramazzotti». Sin dalle elementari, gli amici lo chiamano “Lato”, dal nome di un calciatore polacco che giocava in Messico, nell’Atlante, squadra di Città del Messico: «Avevamo una squadra con lo steso nome e io portavo il suo numero sulla maglia», racconta.
Carissimo amico di Mario Varrica, che ha conosciuto appunto in Messico (è Mario che ce lo ha presentato), non frequenta altri napoletani a La Paz, solo un siciliano che non è appassionato di calcio ma di automobilismo: «Con i napoletani e con gli italiani in genere è molto facile stringere amicizia. Hanno molte cose e gusti in comune con noi messicani, come il piacere di convivere in famiglia o con gli amici, il gusto per la buona cucina e la passione (a volte esagerata) per lo sport. La verità è che siamo molto simili, forse per la nostra essenza latina».
A Napoli Daniel è stato solo una volta, l’anno scorso, di passaggio per un giorno: «Ci sono venuto con mia moglie e le mie due figlie, Paulette e Juliette, di 13 e 8 anni. È stato un viaggio meraviglioso! Abbiamo visitato Napoli, Pompei, i Quartieri Spagnoli, il Palazzo Reale lo abbiamo visto solo da fuori, perché era chiuso. Abbiamo visitato il Duomo di San Gennaro, il Castel dell’Ovo, Piazza del Plebiscito e abbiamo mangiato una pizza margherita alla pizzeria Brandi. L’ho trovata una città piena di storia, arte, musica e buon cibo, con gente molto amabile e simpatica. E poi il caos del centro, i Quartieri Spagnoli, il traffico, le superstizioni popolari, le chiese, gli altari ad ogni angolo, il culto del caffè, le pizzerie e i venditori di souvenir con le immagini di Pulcinella dappertutto… penso che la somma di tutti questi elementi è ciò che fa vibrare la città e che le dona una personalità unica. Napoli è una città piena di vita». In quell’unica giornata che ha fatto scalo a Napoli non è riuscito purtroppo a portare le sue donne al San Paolo: «Il tempo a disposizione era troppo poco – dice – e le condizioni meteorologiche pessime, ma sono sicuro che tornerò e allora andrò a vedere una partita allo stadio».
Daniel è innamorato del Napoli per ciò che ha espresso in termini di gioco all’epoca di Maradona e per ciò che è tornato ad esprimere oggi: «È una squadra che onora i valori del calcio. Ci ricorda che esiste sempre qualcuno che può sconfiggere le squadre più potenti e che ci si può risollevare sempre, anche dopo diverse cadute. È una squadra che magari non è perfetta ma che con il cuore e le unghie può sopperire a qualsiasi lacuna. Non si può comprendere Napoli senza il Napoli: la squadra è un riflesso del carattere dell’Italia meridionale, che sfida sempre le potenti squadre del Nord. È una squadra che fa vibrare ed è capace di trasmettere i sentimenti dei napoletani su di un campo di calcio. Per me a Napoli il culto per la squadra di calcio è paragonabile solo all’adorazione che esiste per San Gennaro».
Parla del calcio italiano come di un calcio ormai decaduto: «Ha perso molto rispetto ad altri campionati europei, adesso in Messico si seguono di più la Liga spagnola, il campionato tedesco, quello inglese e altri, dove giocano i calciatori messicani. È una percezione mia, per carità, perché anche la Tv messicana oggi parla solo dei campionati spagnolo e inglese, mentre prima parlava di più della Serie A Italiana».
Naturalmente, oltre al Napoli, Daniel ha nel cuore anche una squadra messicana, Los Xolos: «È una squadra della città di Tijuana, la città natale di mia moglie Angelica e dove mi sono laureato. Gioca da appena cinque anni nella Serie A messicana e ha vinto già un campionato. Prima tifavo per l’Atlante, ma adesso si trova nella Serie B messicana». Ma il Napoli resta il Napoli, il vero calcio, nonostante questa annata sia quasi da considerare fallimentare, per Daniel: «È che ci avevo creduto, nello scudetto, invece penso che finiremo secondi», dice.
Ha dei riti scaramantici particolari, un messicano? «No, non ne ho – risponde – ma sono sicuro che devo impararne qualcuno perché quasi sempre, ogni volta che vedo una partita per intero, la squadra perde. Mia moglie ride molto per questo. Per fortuna oggi il Napoli ha giocato mentre qui era ora di pranzo e io ero al lavoro. Ho perso tutto il primo tempo…».