ilNapolista

I problemi di campo del Napoli: l’attacco, i calci piazzati, il rendimento in trasferta

I problemi di campo del Napoli: l’attacco, i calci piazzati, il rendimento in trasferta

Spoiler: in questo pezzo denunceremo quelli che secondo noi, al di là di quelli più strettamente psicologici, sono i problemi di campo del Napoli. Prima, però, vogliamo riconoscere (come già fatto nell’analisi tattica di Roma-Napoli e nel prospetto numerico di Andrea Iovene, che racconta di un girone di andata pari a quello di ritorno) la grande stagione confezionata dal Napoli e da Sarri. Doveroso, per una squadra seconda in classifica a 73 punti e lontana 12 punti da un club che ha vinto 24 delle ultime 25 partite. Cercare questi problemi non vuol dire attaccare, ma porsi delle domande su quello che forse poteva essere fatto meglio. Partendo dai numeri, ma riconoscendo quanto di buono, anzi ottimo, è stato fatto in questa bellissima annata. Si chiama critica costruttiva. Ed esiste. Detto questo, partiamo.

1) L’attacco

Questa parte è a metà tra la provocazione e l’analisi statistica. Soprattutto nell’anno in cui il Napoli può battere il suo record storico di gol segnati in una sola stagione, 104 (ora è a 98). Ma come, diciamo e scriviamo che il secondo miglior attacco del campionato è un “problema” in questo Napoli. Ma come, Higuain capocannoniere e Insigne a 12 gol (più Mertens, Gabbiadini e Callejon) sono i rappresentanti di qualcosa che non funziona? Sì, e ancora sì. Oppure, diciamolo meglio: i numeri presi così dicono tantissimo, ma vanno contestualizzati. Sviscerati, analizzati. Un po’ come il grande dilemma della media aritmetica, secondo la quale se io ho guadagnato mille euro e Gianfranco 100mila, avremmo guadagnato 50.500 euro a testa. Così si analizza la totalità, e quella del Napoli è oltremodo positiva. Parlando del campionato, 72 gol in 35 partite. Ovvero, 2,05 a partita. Niente male.

Ma se invece togliessimo dal conteggio sei partite? Magari quelle con il risultato più ampio, col maggior numero di gol segnati: quelle casalinghe con Lazio, Empoli e Bologna e quelle esterne con Milan, Frosinone e Sampdoria. Totale, 29 gol segnati (4 con Samp e Milan, 5 con Lazio, Empoli e Frosinone e 6 con il Bologna) in 6 partite. Media di 4,83. Giocando un po’ con le percentuali, potremmo dire che il Napoli ha segnato il 40% dei suoi gol in un sesto delle sue partite. In un campionato quasi intero (29 partite), quindi, il Napoli ha segnato 43 gol. Con la media di 1,4 gol a partita. Vale a dire, in proporzione e proiezione, 51 gol segnati su 38 partite. Meno di Juventus, Roma e Fiorentina. Pochi per ambire alla Champions anche tramite preliminari, pochissimi per poter competere in tutti i più importanti campionati d’Europa. Nel resto del continente, la quota più bassa delle squadre capolista è quella del Leicester con 63 gol, con il Chelsea (decimo in classifica) a 57.

Se facessimo lo stesso giochino con la Juventus, togliendole le sei partite con più gol, una quota più bassa di reti segnate rispetto al Napoli (67 gol) resterebbe più alta rispetto a quella degli azzurri. I bianconeri, infatti, hanno vinto 4 partite di campionato segnando 4 gol (Palermo, Torino, Chievo e Udinese) e poi tutte le altre segnando dai 3 gol in giù. Scegliendone due qualsiasi, arriviamo a 22 gol realizzati nelle 6 partite più prolifiche. Quindi, nelle 29 partite con meno gol realizzati, la Juventus ne ha segnati 45.

Cos’abbiamo voluto dimostrare: che la stagione del Napoli resta eccezionale, ma che forse esiste un problema offensivo per il Napoli quando gli avversari indovinano la giornata e non riescono a fare esprimere al meglio i meccanismi d’attacco di Sarri. Che, dal canto suo, ha (ovviamente) puntato molto sul miglior Higuain di sempre e si è in qualche modo trovato scoperto nel momento in cui il Pipita è mancato, per squalifica o partita negativa oppure senza gol. E, probabilmente, non ha saputo proporre un’alternativa valida per i momenti di difficoltà. Quelli che, per i grandi numeri (e per quelli di cui abbiamo detto sopra), nel corso della stagione sono sempre in maggioranza rispetto a quelli di grande brillantezza. D’altronde, la frase sulla Juventus – “vince anche le partite che non merita di vincere” – non è un luogo comune: altrimenti, i bianconeri non avrebbero vinto tutte le partite di questo campionato. In sintesi estrema: non sempre si deve (stra)vincere segnandop 5 gol o facendo spettacolo. Può capitare che succeda più volte nel corso di un’annata, come a questo Napoli. Ma gli scudetti si portano a casa quando si vincono più partite. Anche per 1-0. Anche quando non si merita. Anche senza giocare da dio, rifiutando la condanna alla bellezza. Con un gol fortuito, magari su calcio piazzato (guarda dopo). Il Napoli deve imparare questo, lo dicono i numeri. Perché le grandi squadre, vincono. Sul come, a un certo punto, ci si inizia a passare sopra.

2) I calci piazzati

Juventus-Napoli 14-6. Perdonateci se facciamo riferimento sempre e solo alla Juventus, ma crediamo che per una squadra  in questo momento seconda in classifica, si debba sempre guardare all’unica che la precede. E quindi, Juventus batte Napoli con le cifre di cui sopra per i gol da calcio piazzato (escluso rigori). Più del doppio per i bianconeri, terzi in questa speciale classifica dopo il verona (che ha segnato, in pratica, solo così) e la Roma (toh!). 

Il Napoli non ha soluzioni di questo tipo. Ha segnato 4 volte da corner e 2 volte da calcio di punizione diretto. Sono situazioni episodiche. La Juventus ha trasformato i calci d’angolo in gol in 8 occasioni, di cui 5 nelle ultime 8 partite. In questi match, ha aggiunto un calcio di punizione diretto e uno indiretto. Così, diventa un’arma.

Sarri sembrava essere il profeta (anche) delle palle da fermo, degli schemi da sfruttare per sbloccare le partite più difficili. Anche a Napoli, l’anno scorso, Rugani fece gol dopo una splendida combinazione da corner che era palesemente preparata in allenamento. E invece, niente. Colpa, certamente, di giocatori non adatti a questo genere di pratica calcistica: il Napoli non ha saltatori (appena 5 gol di testa in campionato) se non i due centrali difensivi. Che poi, se ci pensi bene, anche loro non è che siano poi così degli specialisti: Albiol è un difensore accademico, che gioca d’anticipo e raramente ci mette il fisico. Il che può andare bene in situazioni di vantaggio numerico e di spazio, non certo nell’area di rigore avversaria. Koulibaly, invece, è un calciatore irruento nell’impatto con l’avversario. E questo, quando sei un difendente, è positivo. Quando invece attacchi, significa fallo in due occasioni su tre. 

E poi, l’ultima dissertazione sui tiratori di questi benedetti angoli. Non esiste in rete una statistica che dica quante volte Jorginho abbia trovato un compagno in area. E forse, è meglio così. A memoria d’uomo, l’ultimo schema riuscito in maniera pulita è quello che ha portato al gol di Chiriches in Napoli-Chievo. Una vita fa.

Manca qualcosa, da questo punto di vista. Ed è una mancanza grave, perché se facciamo l’ennesimo giochino e alla Juventus togliamo i gol realizzati su palla inattiva, se ne vanno reti decisive valse 4 punti e un altro gol del vantaggio. Non è poco.

3) Il rendimento in trasferta.

Qui entrano in gioco fattori psicologici che non possiamo né comprendere né tantomeno discutere. La differenza è troppa, in ogni caso: il Napoli ha realizzato 45 punti in casa e 28 in trasferta con una gara esterna giocata in più. Uno scarto di 17 punti, potenzialmente 20, è troppo elevato per chi vuole puntare davvero a vincere il titolo. 

Anche se, bisogna dirlo, questo è un problema recente. Perché se adesso la media punti esterna del Napoli è di 1,55 punti, quella alla 31esima giornata era di 1,86. Il problema, quindi, nasce nel momento in cui il gioco si è fatto veramente duro, da Torino in poi e poi di nuovo a partire da Udinese-Napoli. Il Napoli è reduce da 3 sconfitte consecutive in trasferta e da una sola vittoria nelle ultime 6 uscite lontano dal San Paolo. Un crollo verticale, che può essere ricondotto alla difficoltà nell’affrontare avversari più motivati o forse ormai consapevoli della forza e dei meccanismi di questo Napoli. Come detto, non abbiamo discusso e non discuteremo in questo pezzo di dinamiche di “personalità” e “mentalità”. Però, a occhio, è proprio quello che manca a questa squadra. E tocca all’allenatore, e alla crescita sua e di una squadra che comunque resta al primo anno di un progetto tutto nuovo, cercare e trovare quello che serve. Fuori o dentro di sé, non fa molta differenza.

ilnapolista © riproduzione riservata