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Ranieri raccontato da don Gennaro Matino: «Ci sentiamo spesso, venne da me a cercare conforto»

Ranieri raccontato da don Gennaro Matino: «Ci sentiamo spesso, venne da me a cercare conforto»

Il Leicester di Claudio Ranieri è a un passo da una storica vittoria in Premier. Domani gioca all’Old Trafford contro il Manchester United. Se dovesse vincere, avrebbe conquistato il campionato. A Napoli chi conosce bene il tecnico romano è don Gennaro Matino. «L’ho sentito qualche giorno fa, ma quella parola lì nessuno di noi due l’ha pronunciata. Io per scaramanzia, lui perché non ama volare con la fantasia. A te, però, dico che è fatta ed è la sua consacrazione. Attesa anche troppo visti i risultati che ha ottenuto in giro per il mondo. Claudio Ranieri è un uomo mite – a quiet man – un vero galantuomo che non si è mai piegato ad un compromesso e mai lo farà. L’impresa clamorosa che sta portando a termine è il coronamento di una carriera esemplare, ricca di grandi soddisfazioni, ma anche di delusioni immeritate. Anche l’esperienza vissuta a Napoli gli ha lasciato un bel po’ di amaro dentro, prese la squadra nel ’91 subito dopo Maradona ma la società allora viveva alla giornata. Arrivò quarto e guadagnò l’Europa. Nessuno gli ha regalato niente, insomma, ora si ripaga con gli interessi ed io prego per lui».

Ingrato destino quello di Ranieri. È stato costretto ad emigrare in una lontana e fredda regione delle Midlands orientali, allenando la squadra di una città grande quanto il più popoloso quartiere di Napoli o di Milano, per prendersi il trofeo che a casa sua gli è stato negato.

«Non c’è fatalità, guai a tirare in ballo il destino cinico e baro. Tutto è andato come doveva andare e la Premier è il campionato giusto per uno come Ranieri, là davvero si parte tutti alla pari, chi è più bravo vince e il mio amico Claudio ha dimostrato con una squadra costruita per salvarsi di essere il più bravo. Sono felice, anzi commosso e voglio abbracciarlo al più presto insieme alla moglie Rossana e alla figlia Claudia che io ho sposato».

Gennaro Matino, teologo raffinato, scrittore e parroco della chiesa della Santissima Trinità in via Tasso, è il padre spirituale di Claudio Ranieri che lo scelse, nella breve esperienza partenopea, ed ancora oggi a lui si rivolge affidandogli le sue gioie e le sue ansie. Claudio, figlio di un macellaio di Testaccio e giramondo per vocazione, ha trovato in questo modo la sua serenità interiore. Un prete vomerese e un pallonaro romano: due mondi agli antipodi che per una volta si sono incontrati. Si sono conosciuti per caso, un lunedì, al rientro da una trasferta finita male, lui entrò in chiesa e si confidò con il parroco che è un punto di riferimento morale e spirituale per tutta la città. Gennaro Matino conferma: «Lui abitava al parco Matarazzo, la squadra era in un momento difficile e Claudio, che è un profondo cristiano non un baciapile, sentì il bisogno di trovare conforto nella parola di un sacerdote. Venne nella chiesa che già frequentava, parlammo a lungo e da allora non ci siamo più perduti di vista, ci messaggiamo quasi quotidianamente, ci sentiamo spesso al telefono, ci rincorriamo insomma e lui vorrebbe che io partecipassi alla festa del Leicester. Non andrò, ognuno deve stare al suo posto e il mio è qui».

Don Gennaro, che a suo modo è un grande tifoso del Napoli, sa tutto di Claudio Ranieri. Sa che è stato, con Fabio Capello, l’allenatore più disponibile a fare esperienze all’estero: ha allenato in Spagna (Atletico Madrid e Valencia), in Inghilterra (Chelsea e Leicester), in Francia (Monaco), in Grecia (la Nazionale, ma è una pagina da dimenticare) completando il tour italiano alla guida di Inter, Juve, Napoli, Roma, Fiorentina e Parma. Straordinaria carriera, ma il vitello più grasso lo ha ucciso alla testa di una squadra che, nelle previsioni, avrebbe dovuto fare gli straordinari per salvarsi. Londra e Madrid gli hanno voltato la faccia, Valencia lo ha tradito, Monaco è stata ingrata con lui nonostante lì abbia conquistato una promozione e un secondo posto, ma l’esperienza più nera l’ha vissuta a Madrid sponda Atletico: il giudice, che prese le redini della società allo sfascio, lo apostrofò in malo modo: o vinci o ti caccio. E Ranieri rispose alla sua maniera: «Non consento a nessuno di cacciarmi, me ne vado io, anzi me ne sono già andato».

Stiamo divagando e il parroco ci riporta sulla strada da cui eravamo partiti: «Le questioni tecniche non mi riguardano, a me interessa solo dire che Claudio è un uomo buono che raccoglie troppo tardi il giusto premio. I miei parrocchiani lo ricordano con grandissimo affetto: portava la squadra alla messa domenica e se si giocava in trasferta l’appuntamento con il Signore era anticipato al sabato. Non mi pare che questa sia una prassi in uso nel nostro campionato ma Ranieri è diverso, lui sa che la vittoria è più facile da raggiungere se si è in pace con se stessi. Ce l’ha fatta finalmente e noi a Napoli lo abbiamo spronato assegnandogli due anni fa il premio Nativity in the world riservato a chi ha reso possibili percorsi etici significativi». Che dire è proprio l’identikit di Claudio Ranieri, romano di Testaccio ma anche un po’ napoletano.

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