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Dietro Higuain, poco. Sarri cerca strade alternative al gol

Dietro Higuain, poco. Sarri cerca strade alternative al gol

Ora lo dice anche il conteggio dei gol fatti, almeno in Serie A. Il Napoli non è più il miglior attacco del torneo. O meglio, lo è ancora, ma non da solo. Cinquantacinque pari, grazie soprattutto alla rimonta clamorosa delle ultime sei partite: 18 gol per la Roma, media tonda tonda di tre gol ogni novanta minuti; 10 per il Napoli, che però ne ha messi insieme 7 nelle prime due gare del conteggio, Napoli-Empoli e Lazio-Napoli. Nelle altre quattro gare del conteggio, tre soli gol fatti. Uno su rigore, uno su deviazione e uno ieri sera, su topica clamororsa di Alonso. Due su tre sono di Gonzalo Higuain. Nonostante tutto.

Un po’, come dire: no Gonzalo, no party. O no gol. Le ultime quattro di Serie A sono un po’ lo specchio e il riflesso negativo della grande stagione del Pipita e di Lorenzo Insigne, l’altro calciatore che è una condizione necessaria affinché il Napoli riesca a segnare. Suo, infatti, il terzo gol, quello contro il Milan pur con la complicità di una deviazione. Dopo di loro, il vuoto. In realtà c’era il vuoto anche prima, ma la cosa era indolore perché parlavamo di 23 gol per Higuain e comunque 10 per Insigne. Con due calciatori, una produzione maggiore di quanto abbiano fatto in tutto il campionato Verona, Carpi, Frosinone, Atalanta, Genoa, Palermo, Udinese, Chievo e Bologna. Se ci aggiungiamo i tre gol comunque realizzati in questo periodo negativo, la quota raggiunge i 36 e supera pure Inter, Sassuolo, Lazio, Empoli e Torino.

Il guaio è che Higuain e Insigne sono tornati umani, e il Napoli intero ne risente. Meno occasioni di fare gol, meno gol. Problema di scarsa brillantezza, secondo Sarri. Che ha ovviato a questo momento un po’ così dei suoi uomini decisivi cambiando modo di attaccare. O meglio, utilizzando intensivamente, al fine di esaltarla, una delle sue possibilità offensive: il gioco sulle fasce. Non è la prima volta che succede, durante la stagione: già dopo il primo momento interlocutorio (sconfitta di Bologna, pareggio interno con la Roma), Sarri ridisegnò la sua fase offensiva chiedendo un lavoro differente agli esterni d’attacco, Insigne e Callejon. Lo splendido gol con il Torino del numero 24 azzurro nasce infatti da una contro-sovrapposizione di Callejon, che dopo aver cambiato fascia sopravanza Insigne sulla sinistra e crea superiorità numerica. Da quella partita in poi, il Napoli riprese a macinare occasioni e gol e a cercare la rete con grande insistenza, ma finì pure per esporsi a qualche rischio in più. Da Atalanta-Napoli fino a Napoli-Empoli, almeno un gol subito a partita per un totale di sei in cinque.

Poi venne febbraio, bisesto e nefasto: la stanchezza della squadra, insieme ai pullman parcheggiati da Carpi, Milan e Villarreal (e alla forza di Fiorentina e Juventus) hanno costretto Sarri a cercare ancora strade alternative. Ecco che allora il Napoli (l’abbiamo scritto più volte, nelle nostre analisi tattiche) ha iniziato a sfondare molto di più sulle fasce laterali, alzando moltissimo i terzini in sovrapposizione e mettendo al centro una grande quantità di cross, soprattutto alti. Non una scelta felice, considerando il numero di gol di testa realizzati dagli azzurri in campionato (appena tre, uno di Callejon e due del Pipita) e la scarsa fisicità in generale degli attaccanti azzurri. 

Sarri batte altre strade, quindi, anche perché non è facile andare oltre ai due alfieri dell’attacco: il resto della squadra non ha saputo dare contributi significativi in fase conclusiva. Hamsik a cinque gol, Callejon a quattro e Allan a tre (l’ultimo però è stato realizzato addirittura il 4 ottobre a Milano) sono gli altri tre titolari fissi a segno più di una volta; quelle di Mertens e Gabbiadini sono realizzazioni di contorno. Malissimo la statistica dei difensori: un solo gol, quello di Raul Albiol a Frosinone. Poi, il vuoto. Anche a causa di un pessimo rapporto con le palle da fermo per il Napoli, che a quello dello spagnolo in Ciociaria accoppia solo il calcio d’angolo in casa dell’Atalanta. Più, ovviamente, i rigori e le punizioni dirette in porta (due gol per Insigne, contro Milan ed Empoli). Da questo punto di vista, Sarri è stato incapace di ripetersi anche a Napoli: i suoi schemi piazzati, determinanti l’anno scorso nella stagione dell’Empoli, non si sono visti.

Così come non si sono visti i gol oltre la coppia d’oro Insigne-Higuain. E questo è un problema, soprattutto quando calciatori così tanto, e sempre, determinanti, subiscono un calo fisiologico. Il Napoli interlocutorio dello scorso campionato, pur con tutti i suoi difetti, aveva mandato in rete undici giocatori diversi allo stesso punto del campionato. Otto, invece, in questa stagione di (felice) tirannia offensiva del Pipita, che ha realizzato in pratica il 45% delle reti in campionato del Napoli. E che ha ripreso a farlo dopo tre partite di digiuno, nonostante una condizione non certo ottimale e un momento di difficoltà fisica della squadra. Oltreché di comprensibile stanchezza, ci mancherebbe: il Napoli, ieri sera, ha giocato la partita numero cinque in quindici giorni. Tirare il fiato, quindi, ci sta.

Però ci starebbe pure trovare (ancora) alternative per superare questo momento di difficoltà. Magari Gabbiadini, entrato in palla ieri sera e autore di un’ottima giocata nel quasi-gol finale di Insigne. O magari provando a riportare il gioco sulle predilette vie centrali di questa squadra, che paga l’assenza di un attaccante (Zapata?) finanche meno bravo di Higuain, ma più in grado di sfruttare la grande mole di cross prodotta nelle ultime partite. Ora che la settimana torna (ahinoi) intera, per assenza di impegni extra-campionato, Sarri avrà di nuovo la possibilità di cercare qualcosa di nuovo per il suo Napoli. L’ultima volta mise insieme otto vittorie di fila, trovando un altro modo per sfruttare al meglio Insigne e Higuain. Oggi che loro hanno dimostrato di poter essere anche umani, ecco che magari si potrebbe cercare qualcosa per aiutare anche gli altri. Non a essere disumani, ma almeno decisivi.

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