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Cara Napoli, ti serve un po’ di autostima

Cara Napoli, ti serve un po’ di autostima

Napoli è una città straordinaria, lo è sempre stata. Negli ultimi anni, inoltre, è anche in costante ed evidente crescita. Brulica di turisti, ormai in ogni periodo dell’anno. La stampa internazionale la celebra continuamente, con articoli meravigliosi. Alle ricchezze storiche, che impreziosiscono da secoli la nostra città, stiamo aggiungendo anche nuovi capolavori di artisti contemporanei. Non c’è giorno che nel centro storico non si apra, o si rinnovi, un’attività commerciale. Napoli sta crescendo sotto i nostri occhi e non c’è nulla che indichi che questo trend possa cambiare.

Eppure, paradossalmente, noi napoletani stentiamo a rendercene conto. Sfiancati da media italiani che da decenni dipingono la nostra città come una sorta di presepe infernale, abbiamo maturato una profonda insicurezza: ci sentiamo braccati, giudicati. Anche l’ormai famosissimo coro del San Paolo lo conferma: “Difendo la città”, perchè in fondo ci sentiamo perennemente sotto attacco. Questa insicurezza, se da una parte alimenta il business dell’orgoglio, dell’identità, del neo-borbonismo, dall’altra ci spinge a compensare con una continua celebrazione della “napoletanità”, che finisce a volte per diventare, a mio modesto avviso, stucchevole. Ci sentiamo quasi in dovere di condividere col mondo ogni pizza che mangiamo, per ricordare a tutti quanto sia inimitabile; non c’è passeggiata a Mergellina che non sia accompagnata da una “cartolina” col golfo come sfondo; non c’è festività in cui i social non siano invasi dalle foto dei nostri prodotti tipici, a volte arrivando a documentare accuratamente ogni fase della loro preparazione. Quest’esaltazione può raggiungere anche picchi “talebani”: un napoletano si sente quasi costretto a giustificarsi se, ad esempio, non ama la pastiera, se agli struffoli preferisce il pandoro o se, eresia delle eresia, non gradisce la pizza napoletana.

Non fraintendetemi: l’intenzione è certamente nobilissima: mostrare al mondo le nostre eccellenze, le nostre bellezze, le nostre tradizioni; far vedere il lato positivo, da opporre alle continue critiche. Ma c’è da chiedersi se così facendo non finiamo per dipingere, involontariamente, la nostra città come un “paesone” i cui abitanti sono tutti uguali e tutti dediti alle stesse attività, creando noi stessi le basi per il luogo comune che tanto detestiamo quando ci si rivolta contro.

Forse è ora di renderci conto che non abbiamo più bisogno di stare perennemente sulle difensive. La nostra è una grande città moderna, multi-etnica ed in continua trasformazione, con tutte le contraddizioni che questo comporta. Le tradizioni si stanno arricchendo di nuove influenze e diventeranno presto nuove tradizioni. Nonostante qualche articoletto o servizio televisivo risibile, la nostra città piace tantissimo ai turisti, segno che ormai questi media contano poco o niente. Lo “Sputtanapoli”, che tanto temiamo, si sta rivelando fondamentalmente innocuo. Non abbiamo bisogno dunque di accodarci ad aspiranti masanielli che scatenano guerre su media e social contro chi attacca Napoli; o che ci ricordino quante eccellenze avevamo un secolo e mezzo fa: ne abbiamo tantissime anche ora, nei più disparati campi e non abbiamo nulla da rimpiangere. Non abbiamo bisogno di essere universalmente acclamati. Non lo saremo mai, è un obiettivo irrealizzabile.

Se potessi fare un regalo alla mia città e ai miei concittadini, sarebbe un bel carico di autostima. Napoli è meravigliosa. Essere napoletani è meraviglioso. Non abbiamo bisogno che nessuno ce lo dica per saperlo. Non abbiamo bisogno di ripetercelo in continuazione. Facciamocene una ragione, una volta per tutte.

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