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È dura essere napolisti a Bari quando si gioca contro la Juventus

È dura essere napolisti a Bari quando si gioca contro la Juventus

Facile essere napoletani. Difficile, molto più difficile, essere napolisti, miei cari. La vita per noi è dura. Perché? Basta raccontare il mio Juventus Napoli. Sfido essere tifosi del Napoli senza avere neanche una traccia di napoletanità nel sangue e avendo visto Napoli sì e no sei week end nella vita. Primo problema del napolista: come vedo la partita? Secondo: con chi? Terzo: dove? Non basta. La situazione si complica se si è fuorisede, a Bari, magari, dove il numero dei supporter azzurri diminuisce sensibilmente (ma resiste, con tanto di baresi tifosi), gli amici napoletani si contano su un paio di dita, non si ha un abbonamento a casa per vedere la partita e i pub sono tutti prenotati da loro. Capiteci. Siamo pochi, al cospetto degli altri. Comunque tanti e in prospettiva di più, soprattutto al Sud, tra Calabria, Sicilia, Basilicata e Puglia.

Ricordate il piccolo Lorenzo che grida alla videocamera del telefonino della mamma “Voglio il Napoli?”. È mio concittadino. È di Taranto (a proposito, sono un doppiofedista, tifo in modo sfegatato per il Taranto, prima di tutto, in passato ho lacrimato per entrambi). Il papà ha anche ricordato in un’intervista firmata da Ilaria Puglia (cognome coincidenza) su queste pagine, che conosce tanti tifosi azzurri in città, perché c’è la Marina militare e ci sono altre attività, che hanno portato napoletani a lavorare e vivere sui due mari. Vero. Ma fino a un certo punto. Perché, oltre alla simpatia reciproca delle due tifoserie, buona parte dei sostenitori del Napoli sono autoctoni. Tarantini. Siamo tanti, ma non abbastanza da trovare facilmente conforto altrui durante una partita del genere. Soprattutto perché circondati da masse informi di juventini. Tra di noi, napolisti, ci riconosciamo come freakkettoni capitati per sbaglio in una festa dove si balla musica commerciale. C’è chi tifa perché è la squadra che più rappresenta il Sud, chi ama semplicemente i colori, chi ha visto giocare Sivori, la squadra di Vinicio o Krol e chi: “Ho visto Maradona!”.

Che fare, quindi? Nell’ordine: appello sui social: “AAA Cercasi asilo in ambiente e compagnia dejuventinizzati che accolgano moderati sussulti serali, per sabato prossimo, a partire dalle 20.30 circa. Contattare pure in privato. Astenersi Mazzoleni e perditempo”. Risultato, inviti a: vederla a casa di un amico juventino, integralista oltretutto, scartato con tanto di: “Sai che può terminare l’amicizia, lascia stare”; tornare a Taranto, da una compagnia mista napolisti, juventini e anti sistema, perciò antijuventini, ipotesi non scartata; raggiungere Roma, esagerato; riparare a Napoli, mossa della disperazione, refugium peccatorum, suggestivo e da tenere in considerazione.

Finale: salta tutto. Il lavoro t’inchioda fino a un’ora prima dal fischio di inizio di Orsato davanti a un pc e l’alternativa rimane: club “Apulia Azzurra” di Monopoli (a proposito, di club azzurri conosciuti dal sottoscritto sul territorio ce ne sono almeno tre: Monopoli, storico, Modugno, alle porte di Bari, cospicuo, Taranto, sì, a Taranto c’è, tosto e attivissimo), con amico tifoso simpatizzante al mio seguito o casa di amico antijuventino, dotato di abbonamento. Il club è disponibile: “Venite, c’è posto – dice Gennaro al telefono – la partita la vediamo su maxischermo in Hd”. Bello. Andiamo? Macché. Il tempo stringe e il simpatizzante svolta improvvisamente, per una serata al seguito di una donna: “Ho un appuntamento cui non posso rinunciare” (a proposito: “Bidone! Fai sapere almeno come è andata).

Rimane la casa del sedicente antijuventino, con collegamento in ritardo di qualche scarto di secondo. Siamo in maglia rossa. Lui in realtà avrebbe anche potuto guardare Sanremo, sarebbe stato lo stesso, per il sentimento con cui accoglie qualsiasi passaggio sbagliato di Hamsik o l’anticipo di Bonucci su Higuain: nessuna reazione. Di contro i miei annunciati sussulti, moderati però. La partita tirata, tatticamente esaltante, si presta a poche a esagerazioni. “È bloccata” dirà Zio Sarri, dopo. Prima, però, la beffa. Doppia. Lo scarto di una decina di secondi del segnale sulla Tv dell’amico, mi permetteva di assistere alle poche scorribande bianconere verso la maglia gialla di Reina, a mani giunte dietro la nuca a dissimulare tranquillità: “La squadra comanda il gioco, copre bene, Jorginho triangola a meraviglia, e poi, se proprio dovessero segnare loro – pensavo – i vicini e la gente riunita nei bar per strada mi avviseranno”. A due minuti dallo 0 a 0 finale, Zaza si avvicina all’area, tira e la palla va dentro. Nessun urlo fuori premonitore. Penso: “Non è gol. Sarà stato annullato. Lui neanche esulta, anzi sembra infastidito”. È gol. Non ci credo. Resto sul divano per mezz’ora. Lui, l’amico, dice: “Raggiungiamo gli altri a un pub”. Il resto dei sentimenti appartengono a tutti. Sono comuni. Ma con i due juventini che mi siedono accanto mentre sorseggiano la birra, moderatamente tronfi, solo per rispetto e amicizia, non per altro, viverli è diverso. Facile per voi napoletani. La vita da napolisti è dura, cari.

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