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Sarri è scivolato sulle parole ma la reazione di Mancini è politica: l’omofobia c’entra poco

Sarri è scivolato sulle parole ma la reazione di Mancini è politica: l’omofobia c’entra poco

Maurizio Sarri ha sbagliato, non si discute. Ma le reazioni di Mancini e i commenti che sono venuti dopo, non hanno nulla a che vedere con la necessità di stigmatizzare una frase fuori luogo. Non è moralità, è politica. Pura e semplice strategia politica. Quello che fa più male, in questa sfortunata epoca in cui viviamo, è l’ipocrisia che alimenta i giudizi anche da parte di chi avrebbe tutti gli strumenti per ragionare sulle cose in maniera un po’ meno faziosa. Una stortura che non riguarda solo il calcio, sia chiaro. Ma il mondo del pallone esaspera ed amplifica i difetti della società, almeno in Italia.

L’esempio della frase razzista di Tavecchio, non me ne voglia Massimiliano Gallo, purtroppo non calza. Erano faziosi anche i commenti su di lui, pur pienamente condivisibii, perché sollecitati da quella parte dell’ambiente che non lo aveva sostenuto. Mancini, che oggi vorrebbe impedire a Sarri di continuare ad allenare, non ha battuto ciglio quando sulla panchina della Nazionale si è seduto un tecnico condannato due volte in sede sportiva per omessa denuncia e tuttora impitato in sede penale nelle inchiesta sul calcio scommesse. Gli stessi commentatori che si sono indignati perché i giocatori del Napoli festeggiavano sotto la curva, hanno liquidato con qualche sorriso le immagini di Felipe Melo che invitava un compagno di squadra a menare l’avversario. Lo stesso Mancini, che grazie all’inchiesta Calciopoli si è ritrovato (giustamente) sul petto almeno uno scudetto, non ha trovato nulla da ridire quando la tv di Stato ha ospitato Luciano Moggi nonostante le sentenze ormai definitive che lo hanno ritenuto capo di un’associazione per delinquere che volveva condizionare i campionati.

Ecco perché l’ira del tecnico nerazzurro è prima di tutto politica. Come ha scritto su Repubblica Antonio Corbo, Sarri è rozzo però Mancini è furbo. E il resto del mondo si accoda. Anche perché non è solo il Napoli a rimanere colpevolmente in silenzio. È Napoli che non ha voce. Una citta che è fuori dai circuiti di governo può tranquillamente essere processata in contumacia. Ha un club con i bilanci in regola e viene derisa, mentre nessuno si chiede che fine abbia fatto mister Bee e da dove vengano i soldi di Thohir. Un giornalista interista ci accusa di fischiare gli avversari e di protestare con gli arbitri, mentre il suo allenatore può tranquillamente accusare Callejon di aver simulato dopo un intervento quanto meno scomposto di un difensore. E intanto negli stadi hanno degradato i cori da razzisti a discriminatori. Vittimismo? No, politica. Peccato solo che Sarri, dopo averci incantato con il gioco, sia scivolato sulle parole. E sia, questa mano l’abbiamo persa. Noi però abbiamo cantato “un giorno all’improvviso” pure l’altra sera. Mi dispiace per tutti, ma siamo ancora qua.

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