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La faziosità non può prevalere sulle idee. Anche se c’entrano Sarri e il Napoli

La faziosità non può prevalere sulle idee. Anche se c’entrano Sarri e il Napoli
Sarri (foto Ciambelli)

Cari napolisti, giratevi dall’altra parte. Non leggete quest’articolo. Sarà l’articolo di un perbenista. Spero di essere il più moderato possibile. Parto da Italo Alloggi e ricordo che esiste il diritto a sbagliare. Ci mancherebbe. Si sbaglia e si chiede scusa. Però c’è un retrogusto amaro in questa vicenda. È un episodio che da ieri sera mi ha gettato in quella condizione psicofisica che generalmente vivo quando subisco una cocente delusione. E più leggo arroccamenti faziosi, più si acuisce la mia sensazione di straniamento. Del resto è da qualche settimana che a Napoli e dintorni si sta accentuando una sindrome vittimistica (cui qualche volta aderisce anche il Napolista, confesso).

Vogliamo dire che Mancini è stato abile mediaticamente? Diciamolo. Che ha approfittato della situazione? È vero. Vogliamo dire che è partito un attacco mediatico imponente? Passi. Però diciamo anche che è lo stesso clamore che suscitarono le dichiarazioni razziste di Tavecchio a proposito dell’immaginario Optì Pobà o di Belloli sulle quattro lesbiche che poi sarebbero le giocatrici di calcio. Insomma, non c’è sempre la Spectre che progetta piani per intralciare il cammino del Napoli e dei napoletani. Sarri sta più o meno subendo lo stesso trattamento di altri. Anzi, si trovano finanche giornalisti autorevoli – seppure fuori linea – come Giancarlo Dotto che si schierano con l’uomo in tuta. Anche perché c’è l’epica del campo da difendere, l’omertà del terreno di gioco, dello spogliatoio, tirata in ballo ieri sera dallo stesso Sarri. E il concetto di machismo. 

Qui confesso alcune cose. Resto incredulo di fronte a chi ancora utilizza il termine omosessuale come un insulto. Non mi piace. Non mi piacerebbe se lo facesse l’allenatore della squadretta dove gioca mio figlio. E sicuramente cambierei la sua scuola calcio. Non mi piace quando accade nei luoghi di lavoro. Non mi piace se accade in una scuola. Ma qui parliamo di calcio. E allora scegliamo: è una sorta di rollerball (ovviamente sto enfatizzando)? Se sì, di conseguenza, vanno bene i colerosi, i terremotati, gli ultrà che minacciano i giocatori, i dirigenti razzisti. Ci prendiamo il pacchetto completo. Ci sarà un motivo se ancora oggi non si riesca a trovare in Italia un calciatore dichiaratamente omosessuale. Se magari un ragazzino a 14 anni non è libero di baciarsi per strada con un suo coetaneo senza subire derisioni e umiliazioni. Stabiliamo la linea del perbenismo: se frocio va bene, va bene sempre. Sarri è un educatore e da un educatore non me lo aspetto. Da lui non me lo aspetto. 

Aggiungo un’altra osservazione. Anche in questa occasione Sarri ha mostrato la sua verginità o se volete ingenuità. Purtroppo, che gli piaccia o meno, oggi il calcio non è solo quel che accade in campo. Possiamo dire che siamo cinquanta e cinquanta. Bisogna essere preparati per il dentro quanto per il fuori. Le telecamere sono ovunque e davanti alle telecamere si gioca un’altra partita. Lo so, non è il calcio di Sarri ma come ci stiamo rendendo conto in queste ore fa più male la sconfitta fuori dal campo che quella calcistica.

Un’ultima considerazione la vorrei però dedicare proprio al campo. È stata una serata strana oltre che fredda. Con l’approssimarsi di Carnevale, Sarri ha pensato bene di travestirsi da Mazzarri e di schierare sei riserve. È finita che abbiamo perso e che per una sconfitta tutto sommato non dolorosa stiamo pagando un prezzo discretamente alto. Ma una luce in fondo al tunnel l’ho vista. Quando Sarri si è assunto la responsabilità della sconfitta, quando ha dichiarato che il Napoli avrebbe dovuto aggredire anziché traccheggiare. Ecco, in quel momento ho rivisto il mio Sarri. Ripartiamo da qui, se possibile.

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