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Padre Marco, il parroco tifoso del Napoli diventato famoso per un video su Facebook (e che per questo cancella il suo profilo)

Padre Marco, il parroco tifoso del Napoli diventato famoso per un video su Facebook (e che per questo cancella il suo profilo)

«Un mio parrocchiano mi ha chiesto di postare su Facebook il video che mi ritrae mentre a fine messa dico ‘Forza Napoli’ e da allora il telefono non smette di squillare. Eppure non capisco: sono vent’anni che chiudo così le mie messe!». È quasi incredulo Don Marco Beltratti, 46 anni, parroco della chiesa di Nostra Signora del Sacro Cuore di via Scala, al Vomero, di fronte al clamore suscitato dal video che lo riguarda e che sta diventando pian piano virale. Sguardo simpatico e gioviale, faccione sorridente e atteggiamento di apertura totale, quello che ciascun fedele associa con un padre perfetto, accetta, seppur timidamente, di rispondere alle mie domande. Padre Marco è parroco a via Scala da tre anni e nella sua chiesa è riuscito a creare una comunità di fedeli unita e sorridente, una vera famiglia.

«Sono tifoso del Napoli sin da bambino. Sia perché sono nato a Napoli, quindi per un senso di appartenenza alla città, sia perché vengo da una famiglia di tifosi. Tifo Napoli da sempre. Ho vissuto la Serie C, la Serie B, il ritorno in Serie A».

Cosa le piace di questo Napoli?

«La compattezza. Trovo che Sarri abbia saputo creare un vero gruppo di amici, che si aiutano l’un con l’altro al di là dei risultati».

Secondo lei oggi lo sport, in particolare il calcio, può essere di esempio per i più giovani?

«Eh, bella domanda. Lo spirito sportivo, la competizione sana, il gareggiare in maniera pulita sì, dovrebbero emergere nello sport e possono essere un esempio. Purtroppo spesso emergono altro disvalori».

Qui in parrocchia avete anche un piccolo campo di calcio…

«Sì, molto piccolo, quasi solo un cortile, ma l’ho ristrutturato e stiamo orientando i ragazzi a frequentarlo. Soprattutto vogliamo utilizzarlo come strumento per creare momenti ricreativi e di aggregazione. Prima era abbandonato, oggi è un luogo di incontro, un’occasione affinché i bambini e i giovanissimi possano ritrovarsi con la presenza di educatori. Sto cercano di coinvolgere i genitori in questa attività di ricreazione, faticando anche tanto. Però ci sono cinque o sei genitori che mi seguono e che vengono qui con i propri figli. Ho diviso le attività e gli accessi a seconda dei giorni e della fascia di età: in alcuni giorni vengono i bambini e in altri i giovanissimi, quelli intorno ai 15-16 anni. Dopo il doposcuola si fermano a fare la loro partitella. È un luogo di ritrovo e anche un modo per attingere giovani per la parrocchia».

Quanti sono i suoi parrocchiani?

«Oltre 30mila. Nella mia parrocchia ci sono percorsi personali molto belli, organizzo colloqui, incontri, per me la prima attività è quella pastorale, annunciare Gesù in tutti i modi e in tutte le forme possibili. Anche la passione per il calcio mi serve per questo».

Essere un parroco tifoso del Napoli può servire ad attirare fedeli?

«Non può essere solo quello, ma può servire. La celebrazione di per sé è fondamentale, è sacra».

Quando dice messa in concomitanza con una partita come fa?

«Non ho mai disertato una messa quando gioca il Napoli. Però mi aggiornano utilizzando codici segreti che non posso svelare. Diciamo che ho degli avvisi concordati con i miei collaboratori che mi fanno capire come sta andando la partita. Ti racconto una cosa: il 13 febbraio , quando il Napoli giocherà contro la Juventus, come parrocchia andremo in pellegrinaggio al Duomo per il Giubileo della Misericordia e sto trovando resistenza da parte dei miei fedeli! Io non ho disdetto l’appuntamento, anzi, sto lavorando per coinvolgere sempre più gente, dico a tutti che alle otto tanto torniamo a casa, in tempo per la partita. Ma loro rispondono che devono stare concentrati dal pomeriggio».

Come reagiscono i suoi parrocchiani al “Forza Napoli” alla fine della messa?

«Crea entusiasmo e simpatia soprattutto nei bambini oltre che nei loro genitori. E ci sono bambini che mi chiedono di farlo anche per le altre squadre, ma io rispondo che non posso, che la nostra fede è cattolica e azzurra e che siamo per lo sport. Ma sempre con simpatia e con il sorriso».

Qual è il giocatore del Napoli che preferisce?

«Hamsik. Perché è uno serio, fedele. Pure Reina. Ma Hamsik anche nella tempesta è rimasto sempre fedele al Napoli, perciò mi piace».

Quando si parla del San Paolo come di un “Tempio” la infastidisce?

«No, per carità. Si capisce che è una cosa legata solo al calcio».

E quando si parla del tifo come di “fede”?

«No, nemmeno. Si può intendere in senso di fede vista come passione, come attaccamento, sempre che ovviamente non degeneri in forme violente. È una passione sana, pulita. Se perde il Napoli, comunque, ce ne facciamo una ragione».

De Laurentiis le piace?

«Sì. Checché se ne dica sta tenendo alto il Napoli, anche facendo i suoi interessi, perché no, ma facendo il bene della squadra».

Un pronostico per il campionato?

«Questa domanda non me la dovevi fare!» (ride, ndr).

A Napoli pronunciare la parola “scudetto” è considerata quasi blasfemia, lei che ne pensa?

«La parola scudetto si può tranquillamente pronunciare, è una cosa da auspicare e ce lo attendiamo. Mma se non viene non è un dramma. Però ci tengo a dire che il 15 maggio sono libero, nel pomeriggio, dopo le comunioni, per un eventuale festeggiamento…».

È mai stato al San Paolo?

«Certo, prima ci andavo spesso. Poi da quando sono in questa Parrocchia ho sempre meno tempo. Prima di qui sono stato 13 anni a via Medina, alla Chiesa della Pietà dei Turchini. Anche lì lo dicevo, ma un po’ meno. Qui l’atmosfera è veramente familiare ed è più facile dirlo. Ci tengo a dire che si è creato un clima che consente davvero di identificare la chiesa come la casa di tutti. Il mio obiettivo è far conoscere Gesù alla mia comunità di fedeli e questo succede anche condividendo interessi, passioni positive, amore, dedizione. In fondo Gesù è venuto in mezzo a noi condividendo la sua vita e chiedendoci di condividere la nostra. Anche questo è un modo per farlo».

Mentre ci parla il suo telefono non smette di squillare. Lo contatta persino Canale 5, per una diretta con Barbara D’Urso, in settimana. «Aiutami a impostare la privacy su Facebook, per piacere – mi chiede – Mi stanno prendendo tutte le foto dal profilo per pubblicare gli articoli che parlano di me, non ce la faccio più». Lo lascio in preda al sudore e all’incredulità, mentre i suoi collaboratori non fanno altro che registrare nuovi siti e testate che parlano di lui. In parrocchia si respira un’atmosfera di emozione e gioia, sono tutti contenti che il loro parroco sia diventato una personalità pubblica, oggi. Lui, evidentemente un po’ meno: mentre scrivo, infatti, mi accorgo che ha cancellato il suo profilo Facebook. A noi, naturalmente, ha permesso di condividere la sua foto.

Ilaria Puglia

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