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Addio Henrique, il Napoli saluta il calciatore parabola

Addio Henrique, il Napoli saluta il calciatore parabola

La parabola, in matematica, è una figura piana. Disegnarla è facile, basta unire tre punti e non c’è nemmeno bisogno di andare dritto. Si parte dall’alto e si va a scendere giù per poi risalire, come a disegnare una U; oppure al contrario, dal basso verso l’alto e viceversa, e la U finisce per rovesciarsi. Henrique Adriano Buss, difensore brasiliano, è passato da Napoli e ha scelto il secondo disegno per spigare la sua esperienza partenopea: basso, alto, di nuovo basso.

Arriva due anni fa, nel mercato di riparazione che consegna a Benitez lui, Jorginho e Ghoulam. Sono scommesse diverse: l’ex veronese e l’algerino sono all’esordio in una piazza tanto esigente, il difensore è passato per Barcellona (zero presenze in blaugrana) e poi ha conosciuto un calcio abbastanza grande e importante, quello del Bayer Leverkusen e del Racing Santander. Per l’allenatore azzurro, Henrique è un «rinforzo di qualità». Non è ancora vero, ma lo diventerà: Henrique non è ancora pronto, lo capisci e lo vedi nelle prime partite da titolare, quelle di Europa League contro lo Swansea. Il brasiliano gioca mediano, è lento e macchinoso. Quando Benitez capisce che il ruolo di pivot non è affar suo, le cose iniziano a migliorare. C’è di mezzo una nuova parabola, quella a spiovere che vale il suo primo, bellissimo gol in maglia azzurra. Questo gol qui, e peccato nel video manchi l’esultanza “orecchie di coniglio”:

Complice lo pneumotorace che toglie di mezzo Maggio, Henrique diventa il terzino destro titolare del Napoli. Gioca, pure niente male, quasi tutte le partite (salta solo le ininfluenti sfide contro Cagliari e Samp) fino a fine stagione, è in campo a Roma nella notte della Coppa Italia. Scolari lo chiama per i Mondiali, entra per i minuti di recupero del quarto di finale contro la Colombia. È il punto più alto della parabola, da qui in poi sarà solo discesa. Nella stagione finita con Napoli-Lazio 2-4, il biondo polivalente difensore è un perfetto uomo di Europa League, la controfigura continentale di Christian Maggio. Sei partite da titolare, altre tre da subentrato e pure lo sfizio del secondo gol in maglia azzurra. Neanche a dirlo è una sorta di parabola anche questa: calcio d’angolo, flipper in area e palla che un po’ lo colpisce in testa e un po’ viene colpita dalla sua testa. Palombella imprendibile, Trabzonspor-Napoli 0-1 che alla fine diventa 0-4.

Il resto è poca roba: undici partite giocate, nove da titolare e appena 816 minuti in campo in tutto il campionato. Il rendimento di alcune gare giocate dice che è giusto così: Henrique causa il rigore decisivo per il pareggio nerazzurro in Napoli-Inter 2-2 (le nostre pagelle lo “premiano” con un bel 4,75 di media), regala a Pinilla il pallone del vantaggio in Napoli-Atalanta 1-1. Insomma, gioca poco e gioca pure male, pur in un’annata non facile per tutti i difensori azzurri. Siamo all’estate 2015: il rapporto tecnico col nuovo allenatore Sarri, semplicemente, non c’è. Prima della sfida di Frosinone, in conferenza stampa l’allenatore toscano risponde così a chi gli chiede dell’addio del difensore brasiliano: «Henrique via? Non ha mai giocato, abbiamo Luperto». Come dire: grazie, arrivederci. È il punto più basso, più o meno alla pari delle critiche dopo le prime esibizioni incolore in maglia azzurra, è il preludio a un addio già scritto: il saluto del Napoli arriva oggi sul sito ufficiale della società, nella nota che annuncia il suo passaggio al Fluminense di Rio.

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