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Freud spiega la paura dei tifosi del Napoli con la Metamorfosi di Canetti: «Se diverrete Ciuccio, il vostro cacciatore non avrà tempo di diventare zebra»

Freud spiega la paura dei tifosi del Napoli con la Metamorfosi di Canetti: «Se diverrete Ciuccio, il vostro cacciatore non avrà tempo di diventare zebra»

“Ricorda, professore, la nostra ultima lettera?”

“Ricordo”.

“Avevamo chiesto di continuare la terapia la mattina dopo la partita contro l’Inter in campionato e nel giorno di quel nostro primato così effimero. Ora siamo di nuovo in testa, ma continuiamo a star male. Difficile anche spiegarlo: è ansia, panico taciuto, un senso di mancata guarigione”.

Il dottor Freud si alza in piedi, fa qualche passo nello studio, verso la sua libreria.

“State costruendo la vostra fuga, mi pare normale”.

“Ma sentiamo la disabitudine alla vittoria che ci condannerà pendere come una spada di Damocle che non accinge a passare. Professore, ma… ci ascolta o legge?”.

Legge, senz’altro. Chiude le pagine del libro appena scovato sullo scaffale e riporta gli occhiali al naso.

“Conoscete Massa e Potere, di Elias Canetti? Fu premio Nobel per la letteratura. E, a mio avviso, uno dei più grandi ed enigmatici scrittori di teoria del calcio”, sorrise.

“Professore, con tutto il dovuto il rispetto, affrontare un mattone di centinaia di pagine per parlare di Napoli e Juve ci sembra un po’ azzardato”, ribattiamo con una incipiente apprensione.

“Non serve leggere tutte le seicento pagine. Ma serve leggerne almeno alcune. Ci giova attraversare il capitolo La Metamorfosi. Con particolare attenzione al paragrafo Metamorfosi di fuga

“Veda, professore, noi…”.

“Tacete” – lunga boccata di sigaro – “ed ascoltate”.

Il professor Freud ci racconta di Canetti, un autore bulgaro che scrive in tedesco ma diviene cittadino britannico, che passa tutta la vita in angoli di un mondo che vive solo per nascondersene, come un camaleonte, e servire così al meglio la missione dello scrittore, quella di essere “custode delle metamorfosi”. La metamorfosi: più potente di una semplice mutazione di forma, più radicale di una banale imitazione, quasi una migrazione di anime, l’abbandono di quanto si è per abbracciare altro, trasformarsi dall’interno rinascendo in un nuovo totale ed ignoto. “Ben pochi si rendono conto di dovere alla metamorfosi il meglio di ciò che sono, questo scrive Canetti” sentenzia il dottor Freud.

Si addensa il tipico silenzio da imbarazzo, poi qualcuno irrompe: “E questo cosa ha a che fare con la classifica e la media inglese?”.

Non si spazientisce, il dottore: “Tutto ha a che fare con la classifica. Il mondo è la classifica. Specie perché voi, cari tifosi del Napoli, siete in fuga – seppure ve la stiate facendo odorosamente addosso. Eppure fuggire è un privilegio incommensurabile, a tal punto che il fatto stesso che lo sport offra la possibilità di vivere la fuga a chiunque, almeno una volta nella vita, lo caratterizza come un’arte magnifica dell’esistenza; solo ciò che vive fugge, in ogni forma che gli si offra e con ogni spregiudicatezza. La metamorfosi serve nella caccia: è l’arma di chi fugge ed è la necessità di chi insegue. Una buona fuga – quella da due punti di distacco che possono restringersi a zero ma estendersi anche a quattro – si basa interamente sulla capacità della preda, ossia vostra, di mutare forma. Più inattese saranno le vostre metamorfosi più lasceranno stupefatto l’inseguitore, lo costringeranno a capirvi di nuovo, da zero, a dover mutare tecnica di caccia; più creature saprete impersonare, maggiori saranno gli enigmi che il vostro inseguitore a strisce dovrà risolvere. Questo dice, da tecnico consumato,  Canetti”.

“Ma chi dovrebbe interessare questa mutazione? Noi? La squadra? Il gioco? Canetti lo dice, in qualche paragrafo?”.

“Direi che individuare un confine tra queste cose che mi rappresentate è ormai chiaramente impossibile. L’intrico tra di essi – squadra, gioco, spettatori – è avviato e si rafforzerà nel suo intreccio complesso o scomparirà. Perché è il destino di una fuga: essa rimane perenne, come succede nelle favole e nei miti di ogni tempo ed ogni cultura, finanche nelle filastrocche; oppure non si tiene, vacilla nella melanconia di chi corre ma nella sua fuga non crede più, collassa e si abbandona, cacciato, catturato e mangiato. In questo splendido caos ci siete dentro tutti e nessuno può ormai sottrarsi al necessario cambio di forma. E d’altra parte: sinora in campionato siete stati la lentezza acciaccata di una testuggine, smilze crisalidi in attesa dell’ultima muta, microscopiche mosche mostruose che hanno paura di se’, poi di nuovo strani animali marini, e lepri testarde e chissà cos’altro. Siete mutati, trasformazioni sul campo hanno richiamato mutazioni sugli spalti e fatto eco e richiesto mutazioni nei salotti, nelle case, sulle tavole imbandite, nelle auto, dietro le tastiere. Una grande avventura di psicologia collettiva. Il Napoli sta mutando, è in piena e ciclica metamorfosi tattica ed umana perché è in testa ed in fuga ed ha un feroce inseguitore alle spalle. Cambiare o morire”.

Il sorriso pieno e beffardo del luminare pare non riuscire a convincere del tutto, stavolta. “Professore, il campionato ha un termine, però. Fuga o non fuga. Alla fine vincerà uno solo e forse tutto questo discorso non potrà altro che svanire nell’arco di un giorno”.

“E’ una osservazione corretta, la vostra – risponde il dottore – Ma il capitolo va letto tutto. Sono certo, infatti, che, mentre si nascondeva a critici, politici e intervistatori molesti, Canetti avrà curato cronache di centinaia di campionati di calcio”.

Ci spiega così che il premio Nobel descrive uno stato ultimo cui qualunque metamorfosi tende, che chiama figura: non naturale ma creata dall’uomo, non consente ulteriori mutamenti pur non essendo uno statico stadio finale; è piuttosto la stabilizzazione delle metamorfosi, indica un processo, è simbolo del divenire; è una tradizione primigenia ed in movimento che elargisce vita. “Figure sono tutti i simboli duplici che compaiono nelle nostre storie, sono la traccia e le evocazioni delle nostre infinite metamorfosi di uomini vivi e in fuga – sono dei e semidei, le sfingi, le fenici, i minotauri. Ed è anche il vostro Ciuccio”.

Alla parola “Ciuccio” i nostri sguardi si incrociano in cerca di conferma. Freud ha detto Ciuccio?

“Ho detto Ciuccio. Il Ciuccio. Canetti. Il Napoli e la Juve. Sono solo risvolti dello stesso accordo. La figura finale cui le vostre, di metamorfosi, naturalmente tenderanno, è quella del Ciuccio – perché il Ciuccio è ciò che siete da sempre ma che dovete anche diventare. Quello che la tradizione viva attribuisce ad un mitico signor Fichella – anche egli duplice e vivo come la fechella che è frutto e vulva – e che la storia racconta animale piagato, martoriato ma scelto per il trionfo. Il Ciuccio è doppio e duplice. Se diverrete finalmente Ciuccio il vostro cacciatore non avrà il tempo di diventare Zebra”.

(foto tratta da www.roaditalia.it)

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