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“Dottor Freud, ho paura perché in Napoli-Inter non ho mai avuto paura. Higuain come il Miles Davis di Bitches Brew”

“Dottor Freud, ho paura perché in Napoli-Inter non ho mai avuto paura. Higuain come il Miles Davis di Bitches Brew”

“Egregio Dottor Sigmund Freud,

Questo è un pezzo che non doveva mai essere scritto. E a dirlo è Miles Davis.

Il fatto è che i novantaquattro minuti di Napoli Inter stravolgono troppi sensi, i cinque nostri di uomini pentagonali e gli svariati del pallone che lati non ne ha, beato lui, eppure dottore ci terrorizza l’assenza di terrore, la paura di non aver veramente provato la paura di perderla quella partita, che dà quell’ebbrezza folle che immagino abbia il suicida a fari spenti contromano o il genio che ti porta per mano e permane la spaventosa incosciente leggerezza d’animo di questi undici e del fumatore virtuale in panchina, non sapremmo spiegare meglio, ed il fatto è anche però che non ci piace viaggiare in treno dividendo lo scompartimento con sentimenti che non conosciamo per cui veniamo con questa nostra addirLe che se lei potesse darci una mano a capire perché siamo in cima e non ci esplode la gioia ma sembra che tutti ci si debba tenere per mano con leopardiana misericordia, mani che tremano e non solo per il primo palo e neppure forse per il secondo più dito – il Dito, che Dio lo abbia in gloria – allora volevamo dirLe che quei novantaquattro minuti sono figli di sangue dei novantaquattro minuti del capolavoro Bitches Brew di Miles Davis – troppi segni cabalistici, professore, lei la cabala la conosce perché la Torah la mastica e a Natale si compra il tabellone, stesso numero di minuti, e poi l’album di Davis parla di Bitches, quindi un tema caro agli scaligeri che così spesso ci appellano figli di Bitches, le Bitches dicevamo che impastano rimestano rigirano rimescolano nel calderone suoni e flussi di coscienza che non sono più jazz non sono più rock non sono più fusion come il gioco di questi undici che muta e non si sa più cosa sia – insomma una partita come quella jam session e l’Uomo Venuto dal Domani Gonzalo come l’Uomo Venuto dal Domani Miles, il quale disse che quello che suonarono in quell’album era impossibile da trascrivere e per questo scrisse che non lo scrisse mai, come mai questa lettera nostra doveva essere scritta, ebbene quell’album, dicevamo, lo ascolti la prima volta e pensi che questi musicisti sono pazzi, è pazzo Davis, non c’è verso, non c’è sopra e non c’è sotto, non ci sono lati, e devi riascoltarlo allo sfinimento e vincerne il terrore, quell’album che ti fa paura perché tutto contromano, ecco dottore anche noi la partita contro i nerazzurri abbiamo dovuto rivederla sezionarla in autopsia e confrontarla e neanche lei ha lati né punti di vista solo un enorme flusso di coscienza e di palloni contromano di undici in campo e un fumatore virtuale in panchina e noi soli in mezzo a cinquantamila, siamo in un calderone, siamo il calderone, Miles Davis ci rimesta, il Pipita ci ridesta e ci riammazza, e quel palo, quel palo e quel Dito, che Dio lo abbia in gloria, noi è meglio che facciamo silenzio e ascoltiamo, il rumore di quella palla senza lati elastica sul palo senza lati in urto anelastico, la tromba del Signor Davis.

Abbiamo già preso appuntamento con la segretaria, Professore. Noi non siamo ancora guariti.”
Raniero Virgilio

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