ilNapolista

“Natale col boss”: poteva essere una parodia intelligente di Gomorra ma a De Laurentiis piace troppo il cinepanettone

“Natale col boss”: poteva essere una parodia intelligente di Gomorra ma a De Laurentiis piace troppo il cinepanettone

La sensazione è che, se avesse osato, Aurelio De Laurentiis avrebbe lasciato il segno e gli sarebbe stato riconosciuto il coraggio di aver preso per il culo (potete sostituire con parodiare) Gomorra e tutti i cascami luogoqualunquistici che saremo costretti a sorbirci da gennaio con l’avvento della seconda serie. 

Peccato che De Laurentiis non abbia osato. I suoi detrattori avrebbero gioco facile nell’affermare che non è nel suo Dna (anche se la scelta di Sarri dimostra il contrario). Fatto sta che “Natale col boss” sembra essere un abbozzo di idea persino audace e controcorrente che però finisce con l’annegare nella solita commedia degli equivoci cui va concessa l’attenuante di non prevedere flatulenze ma francamente è troppo poco: non riesce a tenere unite le tessere del puzzle, alcune delle quali persino sprecate, e a tratti annoia.

La sera di Natale, al cinema Acacia, sono quarantadue i napoletani disposti a pagare l’obolo nella speranza che a gennaio vengano ricompensati da un rinforzo calcistico. Poche le risate. Tranne una coppia dietro di noi il cui lui si è divertito.

De Laurentiis mette su, col regista Volfango De Biasi, un soggetto anche originale com’è senz’altro la parodia di Gomorra ma rimane nell’ibrido. Insomma, sarebbe come giocare alla Zeman ma poi arretri il libero e appena ti spaventi giochi a una punta. Perché la trovata di cambiare i connotati a un boss, trasformarlo in Peppino Di Capri (anche se il camorrista avrebbe desiderato altro) e vederlo poi travolto dal narcisismo del successo è sicuramente una trovata carina. Così come la scena della riunione col grande capo (il “mammasantissima”), in realtà una versione riveduta e corretta del cinese in coma di Verdone, è un altro tentativo riuscito di scimmiottare e volendo anche ridicolizzare questa solennità ostentata della criminalità organizzata che viene offerta nelle fiction e al cinema. O ancora la scena in cui i due finti camorristi girano per Scampia in mutande e col kalashnikov, che in un film smaccatamente parodistico sarebbe stata da applausi; qui invece ti lascia come dopo uno dei balletti di Zuniga. “Buona questa, peccato che l’ho sprecata così” avrebbe detto Ottone degli Ulivi detto Zazà.

Ahinoi le felice intuizioni si perdono nelle scene dei quattro protagonisti. Gag decisamente da cinepanettone, sia pure senza volgarità. Nove battute su dieci si capiscono in anticipo. Probabilmente Francesco Mandelli riesce nell’impresa di battere un record: non far ridere per tutto il film. Paolo Ruffini sconta l’essere Paolo Ruffini e quindi se vi piace è bene, sennò aspettate che esca di scena. Lillo e Greg fanno Lillo e Greg: sono loro i due chirurghi estetici che trasformano il boss che fa affari col commissario nell’interprete di Champagne. Trovata, se non geniale (probabilmente il termine è eccessivo), certamente riuscita. 

Il regista De Biasi ci tiene a far sapere che lui il cinema lo ha visto. E i richiami persino “aulici” non mancano: da “Brazil” di Terry Gilliam, a “Omicidio a luci rosse”, a “Kill Bill” in cui la katana di Uma Thurman viene sostituita da falli in lattice nelle mani della carina e indovinata Giulia Bevilacqua probabilmente il personaggio più riuscito dopo, ovviamente, Peppino di Capri. Mister “tu si’ na malatia” ne esce come un gigante, ha un futuro assicurato e se fosse stato modellato da mani più sapienti avrebbe rappresentato un problema per don Gennaro Savastano.

Ora resta da capire se De Laurentiis sia stato tentato dal seguire la strada di “Song’e napule”, film che andrebbe proiettato nelle scuole e che ha mostrato una maniera purtroppo rara di raccontare Napoli, ma poi ha preferito fermarsi a mezza strada; oppure se si sia imbattuto quasi per sbaglio in qualche lettura sarcastica, anche intelligente, del fenomeno gomorroso. Noi possiamo dire che abbiamo riso davvero di gusto due volte: alla riunione col mammasantissima e alla scena finale. 
Massimiliano Gallo

ilnapolista © riproduzione riservata