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Il Napoli ha giocato come se fosse in un racconto di Carver

Il Napoli ha giocato come se fosse in un racconto di Carver

“Le storie non nascono dal nulla”, e poi “Devono venire da qualche parte”. Entrambi le frasi sono di Raymond Carver e sono le prime che troviamo in un brano dal titolo Da dove vengono le storie (contenuto in Niente trucchi da quattro soldi, minimum fax, trad. Riccardo Duranti). Carver scrive due cose importanti, importanti secondo lui. Le storie devono avere un’origine, non arrivano “dal nulla” vengono “da qualche parte”. Ebbene, quel da qualche parte per Carver significa qualcosa che è accaduto, ma che non si riferisce a un episodio singolo, più avanti farà un esempio di come un fatto della sua infanzia e un altro successivo siano finiti insieme ad altre cose in un racconto, costruito molti anni dopo. Vi ho detto questo perché è tempo di farci una domanda (che altre volte abbiamo già accennato): Da dove vengono i risultati? Come per le storie di Carver, i risultati sportivi devono venire da qualche parte, non possono nascere dal nulla. È evidente che il racconto di una stagione si costruisce partita dopo partita, e si costruisce attraverso il gioco, l’organizzazione, il superamento dell’imprevisto, l’assistenza della fortuna, l’elemento fantasia, che non deve mai mancare. I risultati sportivi non vengono mai dal nulla, quello di ottimo e divertente ed efficace che stiamo vedendo quest’anno è merito di Sarri, ma anche della società e dei calciatori, e di alcune lezioni assimilate nelle stagioni precedenti, stagioni in cui siamo rimasti sempre nelle posizioni di vertice. Che ci siano piaciuti o meno Mazzarri e Benitez il loro lavoro ha contato qualcosa, così come ha contato che a Napoli abbiano giocato e poi se ne siano andati Cavani e Lavezzi, questo è il nostro bagaglio dell’essere all’altezza messo in cascina. Ce lo abbiamo, non possono togliercelo. Quando si costruisce un racconto ci sono molti fattori che importano, Carver scriveva dei racconti perfetti, ma non improvvisati, mai in cinque minuti (questo vale per quasi tutti i grandi scrittori di racconti, vale anche per le poesie). Conta l’idea, conta la fantasia, conta l’incipit, conta la costruzione, contano la forma e il contenuto, non conta il superfluo, conta usare un solo aggettivo invece di tre, conta suscitare interesse nel lettore e conta lasciargli immaginare qualcosa, conta il finale. Ieri, il Napoli si è comportato come se si trovasse in una storia di Carver. Ha cominciato benissimo, ha divertito, ha retto a tutti i colpi, ha revisionato in corsa, è tornato indietro quando la frase non veniva bene, ha cambiato marcia e ha segnato sfruttando il massimo da una situazione di pressing alto, a quel punto, dal passaggio di Jorginho al gol di Higuain, gli azzurri non hanno sprecato parole, nulla è stato superfluo. Il gol è stato bellissimo e essenziale, pulito, geometrico e decisivo. La partita con l’Udinese è una di quelle che io ritengo fondamentali nella costruzione del racconto del campionato, ancora più importante di quella contro il Chievo. L’Udinese ha giocato difendendo soltanto, non ha fatto altro, non poteva, forse, fare di più. La partita stava diventando difficilissima, continuavamo ad appallottolare fogli e a buttarli nella spazzatura. Segnare era complicato, eppure il Napoli ci credeva, era sicuro dei propri mezzi, sapeva che avrebbe segnato, l’impressone che si ha quest’anno è quella di una grande consapevolezza, questo ti porta a vincere le partite più complicate. Carver nello stesso brano scrive: “Il resto del racconto l’ho messo insieme come si fa per qualunque racconto: è come una palla di neve che rotola a valle. Cioè mentre rotola ci si aggiunge sempre più roba”. Ecco noi aggiungiamo di tre punti in tre punti, ricordandoci tutto quello che abbiamo scritto qui sopra, tenendo a mente la lezione di Sarri e quella di Carver: “Quando ho scritto quel racconto sapevo di aver scritto qualcosa di speciale. […]Sapevo cosa avevo per le mani”.

Gli appunti del drone Giggino

A Napoli sembra primavera, sto volando con le ali a maniche corte, prima di arrivare al San Paolo ho lanciato il software acchiappa-taralli a Mergellina, ‘nzogn’ e pep’ e partita, sono pronto. Il joystick di Reina è pronto, ormai Koulibaly e Albiol sono arrivati a un livello di controllo avanzato. Maronna, il verde delle scarpe di Jorginho si vede da Varcaturo. Bravo, così senza paura, scarpe orrende a testa alta, proprio come i grandi centrocampisti. Registro appena un tono sotto nella velocità di circolazione palla, ma i ragazzi ci sono, ci credono. Calle mi impressiona sempre di più, ma vi accorgete delle palle che recupera? Io e Sarri sì. Che bellezza questo gol di Higuain, forza e tecnica, resistenza e precisione, controllo e colpo da biliardo, no ma questo è un fenomeno, parole del software. La vinciamo, la vinciamo, la vinciamo. Ho buone notizie per il Mister. Ora, però, c’è quella uallera della sosta, che palle. Mister, ho comprato un paio di stecche, tiè, te l’ho già appicciata.

Notizie dall’Inghilterra

Da un Tabloid scopro che Mourinho ha tre mental coach, indovinate chi sono? Uagliù questo spiega tutto lo stanno in-uallarendo. Come direbbero nei film americani gli stanno mandando in pappa il cervello. Voi ve lo immaginate Inler che incita Mourinho? Britos che gli offre consigli? Behrami che c’acconc’ ‘e capill’? Io credo che il dramma sia dietro l’angolo. Mourinho salvati, caccia a questi tre, torna in te, torna a fare lo stronzo vincente per fatti tuoi, al massimo fatti fare un barbecue da Britos, ma niente di più. 

Note a margine:

–  In questi giorni sono stato a Napoli, sono passato sotto casa di Zuniga, invece del nome, sul citofono, c’è un buco nero. Sarà facile ritrovarlo nel nuovo episodio di Star Wars: Fuga da Capodimonte.

–  Sentite, io mi voglio mangiare un po’ di sfogliatelle pure oggi, le dedico tutte a Higuain

–  Reina che indicava con la mano il numero quattro, voleva dire: “Ti azzecco quatt’ buffettun’”

–  #IoStoConSarri
Gianni Montieri

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