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Caro Napolista, è vero, Sarri non è Sonetti. Ma ci parli più dei giornalisti-vetero che di questo Napoli

Caro Napolista, è vero, Sarri non è Sonetti. Ma ci parli più dei giornalisti-vetero che di questo Napoli

Caro Napolista,
vorrei partire da una vecchia citazione, abusata ma sempre valida: “La semplicità è una complessità risolta”. Come avrai capito, questa canzone viene a Sarri. Ho l’impressione che il suo lavoro sia andato subito alla ricerca di questa semplicità: “Voi siete bravi calciatori. Io credo di essere un bravo allenatore. Se tutti ci impegneremo potremmo ottenere dei bei risultati. Cominciamo a capire cosa fare… Prendiamo la lavagna…”. Me le sono inventate, ma le prime parole di Sarri nel ritiro di Dimaro potrebbero essere state queste, più o meno.

Era luglio. In quegli stessi giorni tu ti stavi divertendo a sfottere chi si affannava a raccontarci le favolette: Maurizio il napoletano, la maglia da onorare, il ritorno ai vecchi metodi italiani, la fatica, il sudore della fronte, le sigarette in serie, le scaramanzie assortite, la tuta in panchina… In effetti mancava solo il cappotto di cammello, quello del Petisso.

Era una narrazione completamente incongrua, non c’entrava nulla con il lavoro e la filosofia del nuovo allenatore. Siccome Sarri appariva come un uomo corpulento, accigliato, dai modi spicci, allora doveva per forza essere una specie di Nedo Sonetti con vent’anni di meno. Uno che nel caso poteva giocare col libero e magari mettere uno stopper a uomo sul centravanti.

Va bene, quelli lì hanno sbagliato, hanno toppato di brutto. Adesso hanno corretto il tiro, senza neanche sentire il bisogno di ammettere l’errore in cui erano caduti. Problemi loro. Ora Sarri è descritto come un venerato maestro con il vezzo del mozzicone e dell’abbigliamento casual.

Ma il Napolista è rimasto bloccato ai temi dell’estate scorsa. Scusami se te lo dico, ma lo penso. Leggo ironie sulla maglietta sudata, satire su Sarri vetero-comunista, disamine sull’anti-modernismo. Sono cose scritte bene, tutti bravi, per carità. Ma da voi mi aspetto di più. Desidero (anzi pretendo, a dirla tutta) ulteriori strumenti di comprensione della realtà. E ne sto avendo troppo pochi. C’è solo una continua critica alla pochezza del sistema mediatico napoletano. D’accordo, abbiamo capito. Ma c’è molto altro da analizzare e raccontare.

Provo in umiltà a dire la mia. Ti ricordi il discorso sul “ridimensionamento virtuoso”, altro tema in voga durante i mesi estivi? Ecco, c’è stato.

Dico che con l’addio di Benitez abbiamo rinunciato alla famosa internazionalizzazione per percorrere una strada più nota e meno ripida. Non c’è più chi ci tiene a bada citando proverbi e parlandoci di progetti, crescita graduale, business plan. Il fatto è che Rafa era gigantesco, ma ha preteso che tutto crescesse di colpo per diventare grande quanto lui. Non era lui che poteva o voleva adattarsi alle nostre dimensioni, eravano noi che avremmo dovuto evolverci in tempo record pur di essere alla sua altezza. Non potevamo farcela. Benitez era “Bigger than team”, era sproporzionato. Immaginati Messi nel Frosinone, non avrebbe senso. L’antipatia che tanti hanno avuto verso Benitez nasce proprio da questa pretesa di crescita collettiva. Non dico nulla di nuovo, lo so. Ma è così, molti non hanno perdonato a Rafa di averli messi di fronte ai loro limiti. Peraltro questa presa di coscienza non portava in Champions. Almeno, non in tempi brevi.

Ora molte cose sono cambiate.

Con Sarri si parla di calcio. E si pensa solo alle partite. A volte si gioca benissimo, altre volte così e così. Ma mi sembra che l’attenzione collettiva stia tralasciando finalmente le casse societarie e gli equilibri di bilancio per analizzare – era ora – solo gli equilibri tattici. Già, quel benedetto “echilibrio” che Rafa ha cercato per due anni non era una pietra filosofale…

Va bene, potremmo andare avanti fino a notte su Rafa e Sarri, ma che importanza ha?

Caro Napolista, ora possiamo lasciar perdere i torti (e le ragioni) del passato?

Per favore, caro Napolista, mi aiuti a capire meglio cosa succede – ora – attorno alla mia squadra? Magari evitando di sprecare tempo e buonumore per ribattere alle volubili sentenze di tutti quei piscitielli di cannuccia che ben conosci. Eppure non eviti.

Ti saluto con affetto
Giulio Spadetta

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