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La t-shirt borbonica del Napoli: l’ultimo atto del De Laurentiis meridionalista che diede del paraculo a Cavour

La t-shirt borbonica del Napoli: l’ultimo atto del De Laurentiis meridionalista che diede del paraculo a Cavour

Si chiama t-shirt King. È disponibile in versione bianca e in versione blu. Ha lo stemma del Napoli sul bicipite e in petto, bello ampio, lo stemma dei Borbone che allo stadio San Paolo sventola sempre più di frequente su qualche bandiera. È una delle magliette messe in vendita dallo store ufficiale del calcio Napoli, firmate Robe di Kappa. Costano 32 euro. È solo l’ultima di una serie – non lunghissima in verità e nemmeno costante – di strizzate d’occhio del presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis a un sentimento che a Napoli negli ultimi è diventato sempre più vasto: un meridionalismo che va di pari passo con un revisionismo storico definitivamente emerso in occasione del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia.

Non vogliamo qui addentrarci in considerazioni di natura storiografica. È però curioso ricordare come di tanto in tanto il presidente De Laurentiis abbia fatto incursioni in questo universo. Lo ha fatto a cicli. Prima della maglietta, fece clamore la sua dichiarazione in occasione dell’ultima conferenza stampa di Rafa Benitez, quando definì Cavour un gran paraculo. «Il prestigio – disse – è qualcosa che abbiamo dentro, non è un problema di nazionalità ma di cultura e mentalità, di diventare napoletani in breve tempo. È una condizione dello spirito essere napoletano, noi siamo un club forte ed in espansione e siamo felici di aver avuto Benitez, lo spagnolo che dominò a Napoli come gli spagnoli a Napoli. Eravamo il regno più potente d’Italia prima che quel paraculo di Camillo, torinese, si fottesse tutto…». Il video è qui.

Tre anni prima, però, il presidente del Napoli si arrabbiò non poco quando la Gazzetta dello Sport – a firma Garlando sul settimanale Sportweek – lo accusò di essere il mandante morale dei fischi dei tifosi del Napoli all’indirizzo dell’inno di Mameli prima dell’inizio della finale di Coppa Italia vinta dalla squadra di Mazzarri sulla Juventus. “Se, a metà dell’anno accademico – scrisse Garlando – disserti: la Nazionale rompe le scatole, ci porta via i giocatori e contrasta il valore dell’identità nazionale, è più facile che poi una curva intera all’Olimpico fischi l’inno durante la finale di Coppa Italia”. Il Napoli rispose, all’epoca, rispose duramente con un comunicato ufficiale: «Si tratta di un’accusa gravissima piena di livore (come tutto l’articolo) che lascia basiti e perplessi, rispetto ai danni che affermazioni di questo tipo possono creare in momento delicato come quello che sta vivendo l’Italia». Venne annunciata anche una querela.

L’anno successivo, siamo a maggio del 2013, intervenne a un convegno medico organizzato a Città della Scienza e disse: «In questa regione c’è la più alta percentuale di tumori. Questa è una cosa che riguarda la nostra vita, la vita dei nostri figli. Vorrei che tutti si impegnassero in questa rivoluzione di Napoli contro l’Italia. Qualcuno mi accusa di essere separatista, borbonico, ma qui da noi è nata la civiltà. Anni e anni di dominazioni ci hanno insegnato a darci delle arie da grandi, ma sempre con un’umiltà di fondo. Io metto a disposizione di Città della Scienza 200mila euro per la ricostruzione in qualità di Calcio Napoli. Questa Città della Scienza risorgerà presto, ma il problema è come disinnescare il problema di Bagnoli, cui mi ero interessato prima di prendere il Calcio Napoli. Volevo congiungere Mergellina con l’Excelsior. Volevo fare una marina fantastica, tipo Croisette di Cannes. Tutti progetti messi da parte, venivo visto come un visionario. Fu così anche quando presi il Napoli: “Ma dove vai?”, mi dissero tutti. Guardate dove siamo arrivati».

Incursioni che non lo mettono al riparo da una serie di accuse che gli sono state mosse anche ultimamente, ad esempio proprio dopo aver siglato un contratto con la torinese Robe di Kappa invece di stringere affari esclusivamente con aziende napoletane o comunque meridionali. 

Ma De Laurentiis – come scrisse Mimmo Carratelli sul Corriere dello Sport nel luglio del 2014 – non è stato il primo presidente del Napoli a pensare di apporre lo stemma borbonico sulla maglia. «Negli anni Settanta – scrive Carratelli – Ferlaino, appassionato studioso della storia napoletana, pensò di apporre sulla maglia anche uno stemma con tre gigli borbonici. Ci ripensò. “I Borbone non hanno mai vinto una guerra, portano sfiga”, disse pentito». Anche se è all’azzurro della Casa reale dei Borbone che si deve il colore del Napoli.

Concludiamo questo excursus con un video risalente al 2011, prima delle precedenti elezioni comunali a Napoli. È un’intervista di Dario Sarnataro a De Laurentiis in cui il presidente dice che «Il Sud ha tutte le carte in regola per comandare il Nord e non farsi comandare». Cinque anni dopo, ecco la t-shirt del Napoli con lo stemma dei Borbone. Griffata da un’azienda torinese.
Massimiliano Gallo


 

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