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Francesco Merlo su Repubblica trova il modo di inserire (ad capocchiam) Genny ’a carogna nel commento all’assoluzione a Erri De Luca

Francesco Merlo su Repubblica trova il modo di inserire (ad capocchiam) Genny ’a carogna nel commento all’assoluzione a Erri De Luca
Gennaro, il capo ultra' della curva A del San Paolo di Napoli, seduto sopra la cancellata della Curva Nord prima della finale di Coppa Italia Fiorentina-Napoli allo stadio Olimpico di Roma, 03 maggio 2014. ANSA/ETTORE FERRARI

È trascorso quasi un anno e mezzo dalla tragica finale di Coppa Italia e ormai possiamo dire che quella serata resta un esempio di scuola di quello che potremmo definire deviazionismo mediatico. Siamo certi che se facessimo un sondaggio e chiedessimo che cosa è accaduto quella sera, quasi tutti risponderebbero che Genny ’a carogna ha commesso qualcosa. Di Ciro Esposito, morto in seguito alle ferite riportate quella sera, si ricorderanno certo ma non quanto Genny. E quasi nessuno saprà dire chi ha commesso l’omicidio. Di Daniele De Santis si è parlato pochissimo. Chi ha bucato il video è stato Genny, col suo fisico, la sua gestualità, e soprattutto grazie alle telecamere che lo immortalorono trasformandolo in una sorta di capo di governo. Non pochi giornalisti-opinionisti, tra l’altro, gli resero merito per aver evitato che quella serata si trasformasse in una tragedia dalle dimensioni ancora più ampie. 

Genny, però, è rimasto. Nella penna e nella bocca di chi scambia analisi, articoli di giornali con omelie. È il caso di Francesco Merlo che oggi su Repubblica commenta l’assoluzione di Erri De Luca processato per essersi schierato a favore del sabotaggio della Tav. I lettori non lo sanno ma una delle battaglie più cruente che si combattono nelle redazioni dei quotidiani è quella tra chi cura le pagine e chi le riempie. I primi, tra le altre cose, decidono la lunghezza o la brevità di un testo. Il giornalismo è zeppo di aneddoti, uno dei più celebri è quello che vede Alfredo Reichlin impegnato al telefono con un Piero Sansonetti lamentoso per la lunghezza del testo. “Caga, Sansonetti caga” è la conclusione del direttore dell’Unità. Ma è solo uno dei tantissimi esempi.

Dev’essere accaduto qualcosa di simile ieri a Repubblica, Merlo si è ritrovato a dover colmare un centinaio di righe per esprimere il seguente concetto: l’assoluzione è una sconfitta per Erri De Luca che così non può avere il conforto della legge nell’esporre la qualifica di cattivo maestro. Cento centoventi righe sono tante. Sono seimila, settemila battute. Vanno riempite. 

E allora in questi casi Genny la carogna viene sempre in soccorso. Ed ecco che nel bel mezzo della sua articolessa, Francesco Merlo ci piazza queste righe: “Può infatti accadere — ed è accaduto — che qualche capo manipolo razzista inciti a bruciare un campo di nomadi, o che, davanti a uno stadio, un qualche “Genny a Carogna” istighi i tifosi a lanciare molotov e ad accoltellare i fratelli ultrà della curva opposta”. Poca roba, 260 battute, quattro righe, che però un minimo alleviano la fatica. Perché tanto chi vuoi che ti contesti il passaggio sulla carogna? E poi il racconto della realtà, la misera cronaca, quella va lasciata ai giornalisti di primo pelo. In fondo è colpa loro se Genny è il simbolo del male negli stadi. Non certo dei poveri opinionisti costretti a riempire un oceano di battute. 
Massimiliano Gallo

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