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La triste polemica sul tifo di de Magistris e De Laurentiis. Il livello è basso, avrebbe detto Pazzaglia

La triste polemica sul tifo di de Magistris e De Laurentiis. Il livello è basso, avrebbe detto Pazzaglia

L’indimenticato Riccardo Pazzaglia non avrebbe avuto il minimo dubbio, si sarebbe piegato leggermente in avanti dal divano e avrebbe avvicinato la mano al pavimento. Gesto reso memorabile dalla trasmissione “Quelli della notte” e che comunicava come il livello della discussione si fosse preoccupantemente abbassato. E sì, non possiamo che convenire con l’arboriano Pazzaglia: il livello è basso, tristemente basso se il dibattito che da mesi sta faticosamente seguendo le traversie burocratiche dello stadio San Paolo si è fermato sulle preferenze calcistiche dei due contendenti: il sindaco Luigi de Magistris e il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis.

La questione è nota, stranota. C’è un contenzioso che va avanti da anni sul futuro dell’impianto di Fuorigrotta. Il Napoli ha presentato un progetto di ristrutturazione – con un investimento iniziale di circa venti milioni – e il Comune sostiene che venti milioni (di cui, ha detto il sindaco, solo sette di fatto destinati allo stadio) sono una cifra irrisoria che non giustificherebbe in alcun modo una concessione per novantanove anni. In mezzo c’è stata la penosa figura dell’altra sera col consiglio comunale che per mancanza di numero legale (era assente anche de Magistris) non è riuscito a votare nemmeno il rinnovo della convenzione ponte e quella ancora più triste dei consiglieri che in aula hanno difeso in maniera tanto squallida che ridicola i loro 160 biglietti omaggio per le partite del Napoli. Video che ha fatto il giro del web e che ha ulteriormente contribuito a sbiadire l’immagine della città e del ceto politico in generale.  

Ad abbassare ulteriormente il livello ci hanno pensato i due principali protagonisti della vicenda. Ha cominciato Aurelio De Laurentiis nella conferenza improvvisata l’altro giorno all’università Federico II con un’allusione alla fede interista del sindaco di Napoli pur senza citarlo direttamente: “Lo si dica che si è interista e che quindi le sorti del Napoli non interessano”. Populismo spinto basato su un consolidato rumors che vuole de Magistris in realtà da sempre tifoso dei nerazzurri: dettaglio che in un contesto scolastico non dovrebbe spostare di un centimetro i termini della questione. L’elenco di chi nel corso degli anni ha cambiato fede calcistica è lungo: include persino Galliani, qualcuno dice finanche Berlusconi (che in gioventù sarebbe stato interista) fino a Walter Veltroni juventino purosangue che però negli anni vissuti al Campidoglio divenne il miglior amico della Roma e di Totti. Giusto per limitarsi a tre persone.  

Quel che deprime è il pensiero che l’allusione all’interismo del sindaco possa contribuire a cambiare il pensiero di qualche cittadino napoletano. Così come è sicuramente triste l’idea di dover nascondere una propria fede calcistica per timore di perdere consensi. È una discussione – quella relativa al futuro dello stadio San Paolo – che dovrebbe ruotare attorno a progetti urbanistici, elenchi di sponsor, opportunità architettoniche, non certo sulle fedi calcistiche dei protagonisti. E questa risposta ci saremmo attesi dal sindaco de Magistris che invece – come se fosse stato colto nel vivo – ha respinto l’accusa e ha addirittura contrattaccato: “Io tifo Napoli, il presidente De Laurentiis non so”. A populismo, il sindaco ha risposto con populismo e mezzo, abbeverandosi alla fonte della filosofia papponista: “De Laurentiis non è tifoso del Napoli, pensa solo ai suoi interessi: A FARE I SOLDI”, come se per un imprenditore perseguire i propri interessi economici fosse reato.

È l’ennesima pagina triste. Soprattutto perché da questo scambio di battute si evince che nessuno dei duellanti ha un’alta considerazione della platea di riferimento. E dispiace perché De Laurentiis ha abbassato il livello dello scontro proprio dopo aver spiegato alla Federico II perché il calcio è e può essere considerato solo un’industria – al pari di una industria automobilistica, per rispondere al precedente intervento dello scrittore Maurizio de Giovanni -, perché le città italiane dovrebbe essere governate da manager, da persone con una competenza tecnico-scientifica. De Laurentiis avrebbe potuto e dovuto evidenziare come i tempi della politica siano tragicamente distanti da quelli dell’imprenditoria, dello sviluppo. E invece ha preferito il terra terra, il populismo spicciolo, contraddicendo quanto detto pochi minuti prima anche alla presenza di chi, come il professor Galasso, aveva giustamente tirato le orecchie a chi demonizzava la vicinanza del calcio al potere.

Il futuro dello stadio San Paolo non è certamente l’emergenza principale di Napoli ma è un tema che ha una sua importanza e che, se risolto positivamente, potrebbe anche diventare un esempio virtuoso da seguire. Se tutto si riduce a una competizione a chi è più populista dell’altro, l’esito di questa vicenda appare impietosamente già scritto.
Massimiliano Gallo

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