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Leo, bresciano di Baviera col Napoli nel cuore: «È il centro delle emozioni dell’universo»

Leo, bresciano di Baviera col Napoli nel cuore: «È il centro delle emozioni dell’universo»

Non ha mai vissuto a Napoli ma ama la città così tanto da definirla la sua “Madre Terra”. Suo padre gliela fece visitare per la prima volta a 8 anni: “Mi sembrò una città intensa, nacque subito un legame viscerale, di stomaco e di cuore”. Ecco, dovessimo definire Gian Paolo Verdi (detto Leo) diremmo che è un indomito bresciano azzurro con profonde radici meridionali. Nato a Desenzano del Garda 49 anni fa da padre bergamasco e mamma tedesca, con nonna originaria di Catania, racconta di lunghi e frequenti viaggi nel profondo Sud: “Una volta mio padre ci portò persino in Calabria per farci conoscere i parenti dei contadini uccisi nei moti del ‘48”.

È a Monaco dal 1994 (“Mi sono trasferito perché avevo una ragazza tedesca, Astrid”), dove si occupa di import-export di prodotti di eccellenza dall’Italia alla Germania.

Racconta che a Monaco si vive bene, “ma ovattati, perché non succede mai niente”. Gli piacciono il sartù di riso, la pastiera, salsicce e friarielli, la cassata siciliana e la sfogliatella riccia. Beve 18 caffè al giorno con poco zucchero. La tradizione che lo affascina di più è quella del presepe. È particolarmente affezionato a Sant’Angelo, a Ischia, dove la fidanzata Daniela lo svegliava la mattina portandogli il caffè a letto, e a Spaccanapoli, luogo della sua prima pizza.

Per Leo il Napoli è “il centro delle emozioni dell’universo, il luogo in cui tutto può succedere”. La sua prima volta allo stadio è stata il 12 febbraio 1989, Napoli-Como 3-2, in Curva A: “La Fiorentina segnò il 4-3 contro l’Inter e noi il 3-2 e ci fu un boato. All’epoca esistevano solo radioline e tabellone e si giocava solo di domenica – racconta – C’era Diego. È da allora che tifo Napoli”. Il San Paolo, per lui, è “un contatto stretto con le persone: non bisogna trasferirlo”.

Il rapporto di Leo con il Napoli di Benitez è ottimo, scevro da condizionamenti mediatici e da schizofrenie prettamente partenopee: gli basta lo streaming. È convinto che finiremo secondi e il suo idolo è Hamsik: “Voce e faccia da bambino, ‘a creatura del Napoli”.

La partita la guarda a casa, ingurgitando uno dietro l’altro cioccolatini fondenti, biscotti al cioccolato e persino una cioccolata calda nell’intervallo, quando già siamo sotto di tre gol: “Aumento 3 kg a partita – dice – soprattutto in quelle inspiegabili come questa”.

Nella ripresa, quando siamo ormai in piena débacle, entra in campo Simone Verdi, suo lontano parente (“In Italia siamo un centinaio”) e lui inizia a fare gli scongiuri: “E se segna?”. Ed ecco il secondo autogol: “Manco me lo fossi chiamato”, soffre. Finisce malissimo ma Leo pensa già a domani quando si innalzerà l’albero di maggio, per la festa tradizionale di Baviera: “Festeggerò con una birra per dimenticare questi schizofrenici”, dice. “E comunque era meglio perdere 4-0”.
Ilaria Puglia

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