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Il Napoli al bivio: mazza e panella o business plan?

Il Napoli al bivio: mazza e panella o business plan?

“Le ragioni di Rafa più le ragioni di Aurelio uguale semifinale”. Firmato Stefano Ciavatta, giornalista e amico laziale. Probabilmente il pensiero più saggio di queste ore. Che riporto e da cui un po’ prendo le distanze pur riconoscendone la centralità.

Il giorno dopo la serata di Wolfsburg, il giorno dopo l’impresa di una squadra italiana sul campo della seconda in classifica nel campionato tedesco, il giorno dopo una partita da raccontare ai nipoti, è difficile resistere alla tentazione di prendere posizione nel duello tra gli alfieri di questo Napoli. L’immagine è troppo bella, Rafa ce l’ha messa davanti agli occhi nel post-partita, quando si è presentato davanti alle telecamere visibilmente soddisfatto, con l’aria di chi ha preso la mira e sta solo aspettando il momento.  

Il confronto è impietoso. Business plan versus ritiro punitivo. La programmazione contro la delazione sulle presunte notti brave. La difesa dei giocatori e dello staff da opporre all’irruzione in sala stampa e l’affresco sulla città rapace. Da un lato, l’allenatore che in fondo ha sempre assecondato il gioco di squadra: si perde insieme, si vince insieme, si fa il mercato insieme. Dall’altro, il presidente che a un certo punto non ha retto, ha avuto paura e ha gettato l’alleato in pasto alle belve nel tentativo di salvare la ghirba. I “tradimenti”, come le bugie, hanno le gambe corte. Ed era inevitabile la stoccata di Benitez. Rosicona nel pre-partita (fuori luogo le dichiarazioni su Perisic, Schürrle e Luiz Gustavo), elegante ed efficace dopo il 4-1. A stomaco pieno si ragiona meglio. E anche le battute si rivelano più dolorose. 

Il Napoli ha stupito tutti in Germania contro un Wolfsburg affatto debole. Tutti tranne Benitez. Ha fatto bene, l’allenatore, a ricordare che contro Roma e Lazio avremmo meritato di più. Diciamo la verità, quando si segna diventa tutto più semplice. E il Napoli ha segnato praticamente al primo tiro in porta, con un accomodamento di braccio che ha ricordato quello di Diego nella finale d’andata al San Paolo contro lo Stoccarda. Allora ci fischiarono un rigore a favore, ieri Higuain ci ha portati in vantaggio. Gonzalo si è confermato regalando una palla meravigliosa ad Hamsik che ha sorpreso Benaglio tirando di prima. Il Wolfsburg, però, non è stato a guardare. Ha giocato. Si è reso pericoloso. Ha sfiorato il gol. E Andujar è stato bravissimo in due occasioni, ha evitato che la partita si riaprisse. Nel primo tempo su Schürrle e poi nella ripresa. 

Benitez, ancora una volta, ha mostrato qual è il suo Napoli ideale: una squadra che gioca per vincere, che cerca sempre di fare gioco, di costruire e che, ovviamente, quando c’è da soffrire sa soffrire. Questo è stato il Napoli ieri: una squadra che ha dato spettacolo, che ha lasciato l’Europa a bocca aperta. Che ha subito un contropiede in trasferta sul 4-1, roba che non si vedeva dal Milan di Arrigo Sacchi. Una prestazione che ha dato la misura del lavoro svolto in questi venti mesi. Un lavoro non solo tecnico-tattico ma un lavoro sulla mentalità. «Sono qui affinché il Napoli non vinca più ogni 25 anni». Benitez lo ha sempre detto e ieri sera è come se ci avesse fatto un disegnino. 

Dopo la partita di Wolfsburg, il pensiero di un altro allenatore su quella panchina intristisce anche il più ferreo detrattore di Benitez. Oggi è davvero dura immaginare una riduzione dell’idea calcistica di Rafa a un mazza&panella nemmeno tanto rivisitato. Bastasse un ritiro per dominare 4-1 a Wolfsburg, probabilmente ci avrebbe pensato anche Pep Guardiola in Bundesliga invece di prenderne quattro e tornare a casa.

Suvvia, non riduciamo tutto al Borgorosso Football Club. Come ha scritto Carlo Franco, la vittoria di ieri è tutto tranne che un miracolo. È il segno inequivocabile che il lavoro paga sempre. Ma vincere, vincere ieri, vincere oggi, vincere domani, è il frutto di tante combinazioni. Di fatica, di costanza, di disciplina, di applicazione, della capacità di assorbire le sconfitte. E, perché no?, anche di un pizzico di fortuna. 

Business plan. Ha colto nel segno il comunicatore Benitez se Ferdinando Giugliano, napoletano, giornalista del Financial Times, scrive su Twitter: “Per una città che vuole attrarre turisti e investitori stranieri sentire #Benitez che parla di business plan è una grande lezione”. Ed è questo il punto. A chi ci si rivolge adesso? A chi crede che mazza e panella fanno i figlie bell? A chi è davvero convinto che basta un po’ di currea per fraseggiare a centrocampo e aspettare il momento giusto per colpire? O a chi il mondo, magari sbagliando, lo interpreta in altro modo, attraverso la programmazione, il lavoro, gli investimenti, la cultura sportiva. In qualche modo ha “giocato sporco” Rafa. Era ed è arrabbiato, si capisce. Ha parlato da uomo di spogliatoio: ha difeso i suoi, tutti, dai giocatori a Pecchia a Bigon. Così si fa. Nello sport e nella vita. Poi magari si chiude la porta e lontano dai riflettori si alzano le scrivanie.  

Il Napolista, lo sapete, non è tra i detrattori di De Laurentiis. Personalmente lo ritengo, tra i medi imprenditori, uno dei migliori. Lo ringrazio e lo ringrazierò sempre per questi anni. Anche la vittoria di Wolfsburg è merito suo, come ha scritto Ciavatta. È il suo Napoli che è ad un passo da una storica semifinale europea, traguardo fin qui conquistato due volte in quasi novant’anni di vita. Una sola cosa gli chiedo: di avere un po’ più di coraggio. Ma non coraggio finanziario, il coraggio delle idee. L’elogio della follia portò un imprenditore milanese a far sedere in panchina un tecnico di Fusignano prelevato dalla serie B. Lo ripeto, il Napoli non finisce con Benitez. E nemmeno l’idea di un calcio diverso, di un modo di intendere lo sport in modo diverso. Questo è il punto. Sarebbe bello che De Laurentiis non ci deludesse. Ci ha abituati bene, a una crescita progressiva. A me sta bene anche restare a questo livello. Ma tornare indietro culturalmente sarebbe deprimente. In fondo andare a impartire lezione di calcio in Germania piace a tutti. È una bella droga. Perché privarsene?
Massimiliano Gallo

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