The time is right for Steven Gerrard to say goodbye. Quando il 2 gennaio ha confermato che a fine stagione lascerà il Liverpool, dopo una carriera straordinaria in maglia rossa, Gerrard non avrebbe mai immaginato una simile parabola. L’espulsione dopo 38 secondi dalla sua entrata in campo, contro i rivali di sempre dello United, non potrà certamente cancellare i trionfi ma, come per la testata di Zidane, lascerà un retrogusto amaro.
Per l’ex portiere del Liverpool, Bruce Grobbelaar, Gerrard è con la testa a Los Angeles, il doppio intervento su Mata e poi su Herrera lo dimostra. “Ha voluto lasciare un segno della sua autorità sulla partita, so che il cuore di Gerrard è a Liverpool, e sempre lo sarà, ma con la mente è già negli USA.”
Quella contro lo United è stata l’ottava espulsione nella carriera di Gerrard. La metà di queste sono avvenute contro Manchester United (2) ed Everton (2), dunque sfide molto sentite per il centrocampista dei Reds. Il compagno di mille battaglie, Jamie Carragher, ha difeso il capitano del Liverpool: “Steven è un giocatore emotivo, l’ha dimostrato in tutta la sua carriera. A volte non ha giocato col cervello, ma con il cuore; come in finale di FA Cup contro il West Ham oppure ad Istanbul. Quello non era uno Steven Gerrard calcolatore, che giocava con freddezza. Lui può fare cose speciali come quelle.”
Scholes nel suo editoriale sull’Independent dà una chiave di lettura per certi versi simile a quella di Carragher: «Guardando Steven Gerrard domenica, ho sospettato che il suo primo pensiero mentre si stava scaldando nel corso del primo tempo fosse: “Com’è possibile che non stia giocando questa partita?” Era frustrato dal non stare in campo, ha dovuto inizialmente guardare una partita in cui nessuno dei suoi compagni ha fatto un tackle. Non è bello stare in panchina e vedere la propria squadra inerme di fronte a una grande rivale. So cosa ha cercato di fare quando è entrato: fare qualche tackle e far esplodere la folla. Ma anche quando senti le emozioni che stanno crescendo dentro di te, devi mantenere il controllo.”
Non tutti però sono stati così assolutori nei confronti di Stevie G. Adrian Durham sul Mail ha vergato un editoriale dal titolo: “Gerrard sembra un uomo cui non importi nulla del Liverpool….il fallo su Herrera ha distrutto la sua eredità”. È un attacco durissimo. Il giornalista del Mail ritiene patetiche le scuse adottate dai colleghi e gli amici per difendere Gerrard. “Perché Rodgers dovrebbe fidarsi ancora di Steven in questa stagione? Si tratta di un professionista esperto, un capitano, una leggenda […] non ha chiesto scusa ad Ander Herrera, dimostrando una mancanza di stile. […] Alcuni hanno detto che Gerrard fosse frustrato perché non figurava tra i titolari. Può essere vero, ma non giustifica un gesto simile. Altri ritengono che era un tentativo di dare la scossa al Liverpool e mostrare passione. Uno come lui, dopo tutti questi anni, sa che c’è un solo modo per trasmettere slancio ed impegno: giocare bene e fare interventi puliti.
Se fosse stato Rooney, la reazione sarebbe stata di gran lunga peggiore. Sarebbero arrivate richieste per levargli la fascia di capitano della nazionale. Se fosse stato Joey Barton, la reazione avrebbe raggiunto il delirio. Se fosse stato un giocatore del Chelsea, beh, internet e la FA sarebbero andati in crisi. Forse si sarebbe parlato di punti di penalizzazione. Ma è Gerrard, l’indignazione è misurata.
Con toni meno aggressivi, ma altrettanto fermi anche Henry Winter sul Telegraph affonda il colpo: “A 34 anni il declino di Gerrard è chiaro […] Rodgers ha gestito con sensibilità una situazione difficile. La sola cosa positiva nell’addio del capitano del Liverpool è che la successione sia stata fatta facilmente. […] L’era di Gerrard è finita.”
Un epitaffio.
Torna in mente la frase pronunciata da Humphrey Borgart ne L’ultima minaccia: “E’ la stampa bellezza, è la stampa! E tu non puoi farci niente, niente!”. Sembra quasi che dopo averlo coccolato per anni, spesso tifato per lui (la volata tirata l’anno scorso per il titolo è solo l’ultimo esempio), i media inglesi non vogliano rendere l’onore delle armi ad uno dei più forti e carismatici centrocampisti dell’ultimo ventennio.
Ci sono eredità ingombranti, pesanti da gestire. Quella di Gerrard rientra sicuramente tra queste. Se nel Liverpool l’addio del capitano, con le inevitabili scosse di assestamento, è stato e sarà apparentemente indolore, gran parte del merito va dato a Brendan Rodgers. Il tecnico dei Reds, forse l’unico in grado di emanciparsi realmente da Mourinho, dopo un inizio di stagione molto complicato ha finalmente dato una chiara identità alla squadra. Lo raccontammo qualche mese fa, il Liverpool era fermo alla scivolata di Gerrard. Un gruppo smarrito incapace di elaborare lo shock per quel titolo sfuggito via.
L’ex tecnico dello Swansea ha dimostrato di avere le spalle larghe. Non si è fatto condizionare da un rendimento altalenante, ha gestito sapientemente una fase di transizione (l’addio di Gerrard) che poteva essere letale. Il giocatore cui probabilmente spetterà raccogliere il pesante fardello sarà Jordan Henderson.
L’attuale vice-capitano non è uno scouser, non è stato forgiato dalle tragedia dell’Heysel né ha impresso nella mente il dramma di Hillsbrough. È nato e cresciuto a Sunderland. Come ha scritto Mike Keegan: «Il suo accento potrebbe essere più del Wearside che di Whiston. Dalla prossima stagione i tifosi del Liverpool non potranno più dire “Almeno abbiamo Gerrard”. Sarà un’eredità pesante da ricevere. Immaginare un Liverpool senza Gerrard è come immaginare i Beatles senza Paul McCartney, ma lo spettacolo deve andare avanti. In Jordan Henderson, Brendan Rodgers, potrebbe avere il sostituto ideale.”
Quando Agger ha deciso di ritornare in Danimarca, l’allenatore del Liverpool non ha avuto dubbi a chi affidare la fascia di vice-capitano. “Jordan è cresciuto molto in questi due anni e mezzo. Non solo come calciatore. Potevi vedere la sua qualità e la sua leadership, la sua potenza e la sua capacità di corsa. È un ragazzo fantastico ed è la ragione per cui gli ho dato questo ruolo; anche quando Gerrard non è in campo, Henderson è un leader per noi. È la bussola morale del gruppo.”
Quando nell’estate del 2011 appena ventenne (è nato nel 1990) arrivò dal Sunderland, la concorrenza era spietata. Un giovane di grandissime prospettive, pagato circa 20 milioni, che doveva battere la concorrenza di gente come Lucas Leiva, Raul Meireles e Christian Poulsen. Poi c’era lui, Steven Gerrard. “Sto andando in un club forte, dove c’è grandissima competizione – disse il giorno della sua presentazione – C’è Gerrard, uno dei migliori giocatori al mondo. Vuoi giocare ed allenarti con lui per provare a migliorare te stesso. Spero di poter imparare molto da Steven”.
Non è cambiato molto da quel giorno. Henderson ha sempre mostrato grandissimo rispetto per Gerrard, sopratutto in una fase di transizione così delicata. ”C’è solo un leader in questo momento ed è Stevie. La prossima stagione con il suo addio le cose possono cambiare un poco. Ha ritenuto che fosse il momento giusto e noi dobbiamo rispettare questa scelta. È stato il più grande esempio nella mia carriera finora. Per tutti è stato uno shock, è un grande leader per noi.”
Una stima ampiamente ricambiata da Gerrard: “Sono certo che Jordan è quello di cui noi abbiamo bisogno e sarà un grande capitano. È un professionista fantastico, dà l’esempio in ogni partita e in ogni allenamento. Ho grande rispetto per Henderson e so che anche gli altri provano lo stesso. Ho sempre detto che dalla vita raccogli quello che semini, così se lavori duro puoi ottenere la giusta ricompensa.”
Sul tema, in casa Liverpool, sembra esserci grande tranquillità. Nonostante i confronti maliziosi da parte della stampa e dell’opinione pubblica tra Jordan Henderson e Steven Gerrard. “Non c’è alcun vantaggio nel paragonare Henderson e Gerrard – ha dichiarato Brendan Rodgers – Solo perché Henderson batte i calci d’angolo non significa che sia il prossimo Gerrard. Solo perchè lui tira da fuori area non significa che sarà il nuovo Gerrard. Non c’è paragone tra i due. La gente dovrebbe smetterla di mettere pressione a un giovane come Jordan.”
Un peso che Henderson sembra reggere egregiamente, frutto anche dell’educazione materna come dichiarato recentemente in un’intervista al Telegraph: “E’ bello essere riconosciuto come bussola morale del gruppo. Sono cresciuto in un ambiente piacevole. Mia mamma Liz è probabilmente la persona più forte della mia vita, in termini di disciplina. Se uscivo con i miei amici, loro tornavano verso le 21, io rientravo alle 19 o alle 20. A quei tempi questa cosa non mi piaceva, ma mi ha dato una buona educazione per quando sono cresciuto”.
Il carisma, il carattere, la leadership è un qualcosa di naturale. Ci sono atteggiamenti che lo confermano. Ad esempio nella semifinale di andata di Coppa di Lega tra Liverpool e Chelsea Jordan Henderson ha dimostrato che la fiducia posta nei suoi confronti non è frutto del caso. In particolare uno scatto. Jordan Henderson sguardo fisso e mascella serrata, sfidando Diego Costa dopo l’ennesima entrata sopra le righe. Sarà una partita durissima, con colpi proibiti che comporteranno le tre contestatissime giornate di squalifica per l’attaccante del Chelsea. «Con quel gesto – disse Henderson – non volevo fare nessuna “dichiarazione”. In quella partita (Diego Costa) stava provando a intimidire alcuni dei nostri giocatori più giovani, e questo non mi piace. È un giocatore fantastico che ogni squadra vorrebbe avere, per la sua aggressività, per la sua determinazione. Semplicemente non mi è piaciuto come si stava comportando con i nostri giocatori.» In realtà pare che ulteriori chiarimenti tra i due siano avvenuti nel tunnel che conduce agli spogliatoi.
Questo dimostra come Jordan Henderson sia il prototipo di giocatore che vive e lavora unicamente per il bene della squadra. Come quando il mese scorso ha lasciato battere a Balotelli il rigore contro il Besiktas. Un gesto che non è piaciuto a Gerrard: “Henderson è il capitano e Balotelli ha mostrato scarso rispetto per Jordan. Le regole sono regole. Ringraziamo Mario che ha segnato, ma non è bello vedere questo tipo di situazioni. Penso comunque che Jordan ha gestito benissimo la situazione.” C’è chi come Keegan ha ritenuto giusto far tirare il rigore a Balotelli, autore di 27 reti su 29 dal dischetto, per altri è la dimostrazione che Henderson non ha polso. Infine il centrocampista del QPR Joey Barton ha approfittato dell’occasione per attaccare Henderson su Twitter: “Non posso credere alle persone che stanno criticando Balotelli. È tecnicamente più forte nel tirare i rigori. Sono sorpreso che Gerrard si sia lasciato trascinare in una lotta anti-Balotelli. E poi, contrariamente a quello che si crede, Henderson non sarà mai a livello di Gerrard. Anche Rodgers lo sa e dice stronzate. Qualcuno sta provando a dimostrare che è l’erede di Gerrard. Finirà in lacrime. Non è e non sarà mai capace. Non molti lo sono.”
Henderson ha tagliato corto dicendo che è stato un grande gol: “Volevo tirare ma Mario era fiducioso e in passato ha segnato grandi rigori. Tutti vogliono dare il loro contributo”. È davvero un giocatore speciale Henderson, dotato di grandissimo autocontrollo. Il cancro che ha colpito il padre ha temprato lo spirito di Jordan “Papà ha detto che l’unico sollievo che gli posso dare è aiutare il Liverpool a vincere. Questo mi è stato molto di conforto, perchè quello che facevo non era solo per la squadra, per i tifosi o per me stesso, ma sopratutto per cercare di rendere più forte mio padre anche se è un tifoso del Sunderland”.
E gli sta riuscendo benissimo. Prima della sconfitta con lo United, il Liverpool è stato imbattuto nelle 13 partite in cui è stato capitano, raccogliendo 25 punti su 27. In questo 2015 ha cambiato marcia, secondo i dati Squawka è il giocatore dopo David Silva con più passaggi riusciti, ben 552.
Come definire dunque, lo stile di Jordan Henderson? Il magazine americano 8by8 si chiede con un gioco di parole se quello praticato da Henderson è “Hendo-ism or Hedonism?” Una parziale risposta arriva da Dalglish che sul Mirror, a proposito di Henderson, scrive: “Tutti vedono il lato glamour dell’essere calciatore, non l’altra parte: il sacrificio, la dedizione e la determinazione.”
Ma la Kop questo già lo ha capito: “So here’s to you Jordan Henderson /Brendan loves you more than you will know / woah oh oh oh”.
Alfonso Noël Angrisani