È ripreso il tiro a Benitez, il gioco preferito dei ct del giorno dopo

La delusione per il 2-2 finale con l’Inter è forte ma non può cancellare i settanta minuti di ottimo calcio giocato dagli azzurri come se ne vede raramente in Italia, a questo punto della stagione, poi, con squadre che accusano cali e stanchezza (e il Napoli ha giocato sinora 40 partite, più di tutti). Il […]

La delusione per il 2-2 finale con l’Inter è forte ma non può cancellare i settanta minuti di ottimo calcio giocato dagli azzurri come se ne vede raramente in Italia, a questo punto della stagione, poi, con squadre che accusano cali e stanchezza (e il Napoli ha giocato sinora 40 partite, più di tutti).

Il risultato è tutto, ci mancherebbe, ma il giudizio sulle partite va oltre, va a quello che si vede in campo. Altrimenti basterebbe il tabellino delle gare. Così non ci sembra corretto chiamare in causa Benitez per il pareggio dell’altra sera.

Appunto fondamentale mosso al tecnico azzurro è non avere inserito prima Mesto escludendo Henrique in difficoltà e non avere magari dirottato De Guzman sulla fascia destra del Napoli dove la squadra (anche Callejon in calo) stava soffrendo contro Santon (che non è Roberto Carlos). Non c’è mai controprova nel calcio. Nessuno può dire che sarebbe andata diversamente se Benitez avesse provveduto con tempestività a rafforzare quel lato.

L’allenatore è il bersaglio preferito in un paese di commissari tecnici che si reputano superiori ai tecnici di professione e hanno tutte le soluzioni (dopo) per vincere le partite. Le soluzioni più semplici sono sempre due. Se vinci due a zero togliere un attaccante e mettere un terzino per difendere il vantaggio. Se perdi due a zero togliere un terzino e mettere cinque attaccanti per recuperare.

Benitez ha avuto il torto di non disporre di Burgnich, Facchetti, Guarneri, Picchi, Bercellino e del mio caro amico Titta Panzanato per fronteggiare la pressione finale dell’Inter. Sulla panchina azzurra c’erano Rafael, Colombo, Zuniga, Ghoulam, Jorginho, Zapata, più De Guzman, Gabbiadini e Mesto impiegati nel finale.

Punto primo. Se vogliamo cazzeggiare di calcio, allora si deve dire che i gol divorati da Higuain nel primo tempo (tre, uno a porta vuota) sono almeno pari se non superiori agli errori difensivi. Dunque, Benitez che cosa c’entra?

Secondo punto che il pareggio sembra cancellare. Benitez ha schierato la squadra con grande coraggio sorprendendo e polverizzando l’Inter con un accentuato potenziale offensivo (Callejon, Hamsik, Higain, Mertens più un propositivo Inler). La rinuncia in partenza a De Guzman, per rafforzare il centrocampo, e a Gabbiadini, che aveva il piede più “caldo” per il gol, è sembrato un azzardo. Ma lo svolgimento della partita e la straripante superiorità del Napoli hanno dato ragione alle scelte del tecnico spagnolo.

Nei commenti del dopo-partita si è sottolineata la prodezza di Mancini nel passare dal 4-3-1-2 al 4-2-3-1 come se il cambio tattico e non il vistoso calo degli azzurri, più la loro conclamata incapacità di gestire vantaggi e partite, avesse fruttato il pareggio dell’Inter.

C’è stata solo supremazia fisica della squadra milanese nei venti minuti finali. I due gol interisti sono venuti da una confusa azione nell’area del Napoli, e colpo fortunato di Palacio, e da un calcio di rigore (errore individuale di Henrique, ma Palacio è stramazzato al suolo come colpito da un fulmine). Nell’immediata decisione di Rocchi di assegnare il penalty ha forse influito anche un dettaglio: il Napoli non era ancora stato punito con un rigore e il primo della stagione ha sanato questa anomalia. A pensar male ci si può azzeccare. Ci può stare, direbbe Rafa. Il rigore è netto? Va bene, è netto.

Adesso fiorisce la leggenda del Napoli che si fa rimontare. Col Palermo da 2-0 a 2-2. Col Cagliari da 2-0 a 3-3. Rimontato due volte dall’Inter, a Milano e, ancora peggio, al San Paolo. Quattro rimonte (8 punti persi) che equivalgono alle partite in cui il Napoli ha rimontato (6 punti guadagnati). Con l’Empoli da 0-2 a 2-2. Con la Sampdoria da 0-1 a 1-1. Con l’Atalanta da 0-1 a 1-1. Col Torino da 0-1 a 2-1.

I limiti della squadra sono noti. Il coraggio, l’azzardo convinto e la filosofia di gioco di Benitez hanno ribaltato l’handicap. Non sempre può andare bene, da qui la mancanza di una continuità di risultati. Ma c’è un’altra strada? Il potenziale offensivo del Napoli costringe Benitez a una sola soluzione per vincere e, quando la squadra gira, la soluzione è vincente.

Il campionato del Napoli è tutto in gioco. Il secondo posto resta a -4 ma era a -11 il 14 dicembre. Il terzo è sotto l’attacco di Lazio e Fiorentina. È un finale di stagione palpitante, mancano 13 giornate. Bisogna accompagnarlo con entusiasmo guardando meno al bicchiere mezzo vuoto e di più al bicchiere mezzo pieno.

Ora c’è questo difficilissimo ottavo di finale di Europa League contro la Dinamo Mosca che ha appena ricominciato a giocare dopo la pausa invernale di tre mesi del campionato russo. Squadra pericolosa in attacco e ben riposata. E il “ritorno” si giocherà su un campo proibitivo. L’ostacolo è alto anche se il sorteggio è stato definito favorevole rispetto agli avversari toccati alle altre italiane. Vietato illudersi. Servirà una grande prestazione al San Paolo per eliminare la squadra moscovita.
Mimmo Carratelli

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