Caro Massimiliano, ho avuto modo di conoscere meglio sia te sia Ilaria ed altri amici del Napolista in questi mesi di conduzione del programma radiofonico che ogni mercoledì va in onda dai microfoni di Radio Shamal e che tante soddisfazioni ci sta dando.
Tra un bicchiere di vino, le ormai rituali paste cresciute, che prima o poi finiranno per rovinarci il fegato più di certe scemenze che leggiamo ed ascoltiamo altrove, a microfoni spenti o anche accesi abbiamo chiacchierato delle nostre passioni, del calcio ma anche della città, con leggerezza ed ironia – anche autoironia – credo percepiti da chi ci ascolta.
Sono argomenti forse un po’ troppo drammatizzati, più che dal tifoso medio napoletano, dai media.
Il nostro approccio è, credo, quasi mai banale, tendente all’approfondimento, vedi la tematica del bilancio della SS Calcio Napoli da te da ultimo affrontata, sempre lasciando aperta la porta ad altre interpretazioni dei fatti, al confronto.
Questo lo si deve, naturalmente, a te ed Ilaria.
È per questo motivo che quando mi affaccio sul sito del Napolista o anche sulla sua pagina FB e leggo certi commenti, mi cadono le braccia, resto sbigottito. Naturalmente mi riferisco a critiche demolitorie del tuo/vostro operato che spesso sfociano nella denigrazione e nell’insulto puro.
Mi soffermo per un attimo sull’accusa che mi fa più ridere, quella di “radical chic”. La radio che vi ospita trasmette da Soccavo, a pochi metri dal Rione Traiano, e qualche tempo fa, Ilaria lo ricorderà, da quei microfoni realizzammo uno speciale sulla morte di Davide Bifolco che stigmatizzava proprio l’atteggiamento di una certa Napoli bene – assai giacobina e assai “de sinistra” – verso certi quartieri, di cui troppo spesso si colgono solo aspetti come il degrado e la malavita (peraltro fenomeni analizzati, anch’essi, assai superficialmente dai nostrani salotti, salvo poi lamentarsi del razzismo di Salvini e della Lega).
Lo scrittore Marco Ciriello lo ha definito “la più bella cosa fatta sulla vicenda del Rione Traiano”.
Per dire: certo, da gauche caviar vi siete scelti una postazione appropriata per propagandare via etere il verbo snob del Napolista …
In questi anni è cresciuta una tendenza alla narrazione della città che focalizza l’attenzione esclusivamente sui suoi aspetti negativi. Un’ondata di vero livore, ogniqualvolta se ne presenti l’occasione, appare venir fuori non solo dai media del nord, ma anche da parte dei nostri giornalisti e di nostri concittadini, quasi ci avessero inculcato col tempo, gradualmente, un profondo disprezzo per noi stessi da cui non riusciamo a liberarci e che usiamo ora per affondare quanto di buono – poco o molto, non importa – si vede in giro.
Siamo di fronte ad un mare di nuovi luoghi comuni, frasi ripetute all’ossessione, forzature ad effetto, superficialità, sciatteria. Anche nella dominante “narrazione del male”, nella quale mai si va davvero in profondità.
Ne deriva un racconto delle cose senza storia, senza alcun senso del bello, del vitale.
Qualsiasi cosa funzioni venga fuori da questa città deve essere smerdata. Accade per tante esperienze piccole o grandi, accade anche per questo Napoli di De Laurentiis.
Io sono convinto che le impietose critiche a Benitez siano tutt’uno con quelle “papponiste” all’imprenditore titolare della Filmauro (che è tutt’altro che un santo, cioè, non è un Adriano Olivetti, eh, sia ben inteso).
Molti dei signori che si sperticano in attacchi violenti contro questa esperienza non fanno i conti col fatto che dopo De Laurentiis per il Napoli si aprirà probabilmente un baratro.
Per carità, non è detto che sarà del tutto la fine di questa società, ma certo il dopo è un’incognita e non è detto che non si torni in poche battute ad un passato da solo pochi anni messo alle spalle.
Ma questa è una mia opinione.
Torno per un attimo alle critiche al Napolista. Sono, al di là del “Presidente pappone” e dell’allenatore non all’altezza del magnifico e magico calcio italiano, critiche spesso ingiuste e a questo punto scadenti anche nel personale. Critiche che non tengono conto del lavoro da voi realizzato in questi anni. Che trascendono spesso in una provocazione da troll che non porta da nessuna parte e da nessuna parte, evidentemente, vuole portare.
Eppure…
Eppure – ho letto anche il pezzo di Zambardino – non sono d’accordo sul bannare, sul censurare.
È un suo sacrosanto diritto bannare, lo fa Zambardino, lo faccio anche io. Confesso che ho messo fuori dai miei contatti fb più di una volta persone che mi infastidivano, anche senza fare nulla di che, solo per la loro stessa idea del mondo. Siamo a casa nostra e abbiamo tutto il diritto di accompagnare alla porta chi ci molesta o comunque chi sta sulle palle.
Per la pagina FB del Napolista, come per il sito, credo sia diverso.
Io certi commenti li lascerei lì, a testimonianza di un disagio di chi scrive, di un abbrutimento della pubblica discussione (che non riguarda solo il calcio), un abbrutimento che a volte coinvolge anche chi cade nella trappola di certe provocazioni (lo stronzo, dice Amlo, non è un alieno, e stronzo puoi diventare anche tu, io…).
A dette provocazioni non si dovrebbe – ma ribadisco, è un mio pensiero – nemmeno rispondere.
Forse la strada è proseguire imperterriti nel lavoro che egregiamente svolgete, magari dando ancora più spazio al racconto del calcio come bellezza, a storie come quella narrate da Mimmo Liguoro, a riflessioni come quelle dello Zambardino e di altri, all’ironia di Anna Trieste e di Ilaria quando fa le sue pagelle.
Aggiungerei – se mi è consentito – anche uno sguardo sulla realtà delle scuole calcio locali, sui tanti mister, ad esempio, che lavorano nelle periferie, che educano i bambini che si avvicinano a questo sport alla lealtà, al sorriso, alla bellezza del gesto tecnico, alla disciplina, e che spesso – ve ne sono, checchè se ne dica, ve ne sono – intervengono, zemanianamente oserei dire, per zittire la mamma che aizza gli altri genitori contro l’arbitro che ha negato il rigore al figlio e cose così.
Perché, poi, è in quell’attimo, da quella mamma che nasce l’ultrà violento di domani, che hai voglia a voler reprimere con daspo ed altre scemenze: è lì, su quel campetto, che lo devi riplasmare sul nascere.
Si può fare tanto, anche con uno strumento come il Napolista, tenendosi lontani da certi teatrini, da un certo modo di fare informazione, da voi spesso giustamente additato come esempio negativo, quello degli urli delle tv locali che pari pari fanno ora il loro ingresso sulla bacheca e sul sito, sotto la forma di allusioni, ingiurie, frasette sceme, tentativi tutti di tirarvi nella sterile polemica, di riprodurre la caciara cui ci hanno abituato i talk show da tempo.
Bisogna produrre uno scarto di prospettiva per innalzare davvero il livello del dibattito sulle cose.
Non c’è altra strada, se si vuole davvero promuovere una battaglia culturale efficace.
Spero Il Napolista continui a battere questa via senza farsi distrarre, proprio come fa Rafa quando rifiuta di prendere in considerazione le polemiche idiote e preferisce concentrarsi sul lavoro da farsi e concedersi qualche pausa solo per approfondire la conoscenza della città, della sua cultura.
È un lavoro che darà senz’altro i suoi frutti.
Mario Colella