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Napoli-Juventus l’ho guardata, tra Giugliano e il Qatar

Napoli-Juventus l’ho guardata, tra Giugliano e il Qatar

Napoli-Juventus è cominciata sul treno verso le 17,20. Un ragazzo di circa venticinque anni telefona al padre, e dice: «Pa’ addo’ staie? … No, no, nun cagnà ‘o post’… Aspiettem’ for’addu McDonald’s… Aspiettem’ llà ca’ machina in moto, c’avimma mover’… cia’” Padre e figlio non stavano preparando una rapina ma, semplicemente, preparavano una strategia per arrivare a casa entro le 18,30. Tutti speravamo che Italo recuperasse i dieci minuti di ritardo annunciati. Mi accordo con mio cognato, verrà a prendermi a Chiaiano, ce la possiamo fare. E invece: attesa metropolitana a Piazza Garibaldi quasi di un quarto d’ora, arrivo a Chiaiano alle 18 e 35. Esco dalla metro e la faccia di mio cognato è inequivocabile: la Juve ha già segnato. «Tevez» mi dice. «’A solita strunzata difensiva.» Teniamo accesa la radio e cerchiamo una scorciatoia per arrivare a Giugliano almeno per il secondo tempo. Ovviamente a Mugnano hanno cambiato un’altra volta i sensi di marcia, oppure noi non ci ricordiamo una mazza. Intanto palo del capitano. Una signora ci suggerisce una trentina di metri contromano, siamo d’accordo naturalmente. Dalla radio intuiamo che il Napoli non è morto. Giugliano, finalmente. Intervallo.

Guardo il secondo tempo con mia madre e mio padre. La sensazione è che non tutto sia perduto. Infatti Allegri toglie Pirlo. Io Pirlo non lo toglierei mai, potessi lo metterei nel presepe, uno dei Re Magi, uno che arriva in tempo, da ultimo regalo. Bene, per noi. Pochi secondi e De Guzman diventa Bruno Conti, dribbling, doppio passo, cross al bacio, Higuain si stacca da Chiellini e di testa insacca da dentro l’area piccola. Mia madre dice che se si va ai supplementari ceniamo, non intende attendere troppo. Ok ma’. Supplementari, mozzarella e scarole stufate: ben tornato a casa.

La partita è molto lenta, pure un po’ strana, e strano è il silenzio sugli spalti. Durante i supplementari accade quello che per me resterà il ricordo più bello della partita:

Mio padre: «Muovet’ Higuuuuaiiiin»

Mia Madre: «Oh, ma staie parlanne cu mme?»

Mio Padre: «Ma qua tu: Higuaiiiiiiin»

Io: «Vabbuò ma’, ma si ‘o vuo’ fa tu va bene lo stesso, basta ca signamm’»

Poi segna Tevez, gran gol. Eppure io e mio padre continuiamo a crederci, è una di quelle serate in cui sperare è lecito, e il Pipita ci accontenta. 2 a 2 grande Napoli, qui, nel Rione, dove vivono i miei genitori partono i primi botti. Calci di rigore. Sappiamo tutti come è andata, insomma questa era la volta giusta. Quando si vince, si sa, ti resta la gioia negli occhi per un bel po’ di tempo. Mezzora dopo la fine ancora sparano botti, sembra Capodanno, scendo a buttare l’umido. Sorrido con la monnezza in mano, con la beata incoscienza di chi dimentica che un cecchino del festeggiamento potrebbe farti secco da un momento all’altro.

Un mio amico scrittore, ieri, mi ha fatto notare di come io avessi manifestato la gioia per la vittoria senza insultare gli avversari o i tifosi avversari. Ha ragione. Penso da molto tempo che perdere tempo con gli insulti rovini i festeggiamenti. Noi vinciamo poco ma è meglio saper vincere. Il capitano è tornato. Buon Natale a tutti e un abbraccio a Benitez.
Gianni Montieri

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