Diciamo la verità. La supercoppa non fa sangue. Priva del fascino delle competizioni storiche. Che i media, i gadget, le majorettes non riescono a riprodurre. Vive per motivi di cassetta. Serve al circo televisivo. E svela l’animo del calcio moderno. Sempre più vicino allo spettacolo artificiale del wrestling che alla fatica della maratona. Forse il calcio del futuro cui pensa De Laurentiis.
Però… Però il Napoli ha affrontato la Juve. E quando c’è la Juve per i tifosi napoletani qualunque partita prende sapore. Non succede così con l’Inter. Né con il Milan. Che pure con Gullit e Van Basten ci sfilò uno scudetto già vinto. Il punto è che quando si affronta la Juventus si ha la sensazione che entri in gioco una forma di riscatto da frustrazioni antiche. La ribellione ad una sensazione di sudditanza, trasversale a tutti gli strati sociali. Insomma non si riesce a restare indifferenti. E questa atmosfera riempie i bar, gli uffici, le aule scolastiche.
Ma questa non è una novità. Se penso ad un Napoli-Juventus 4 a 3 del 20 aprile 1958 ritrovo la stessa temperie. E sono passati sessant’anni.
La città questa volta, a dire il vero, ha aspettato senza eccessi di pathos questa partita. Forse perché, come già detto, la supercoppa, prima del thrilling dei rigori, non accendeva gli animi. Poi la dea Eupalla ha voluto scatenare i fuochi d’artificio… e i battiti cardiaci sono volati a mille… ci voleva anche il pianto dirotto del bambino biondo vestito di azzurro.
Detto questo, mi sembra che come sempre siamo naturalmente portati ad esagerare. A caricare un fatto, certamente emozionante, di significati che non ha. Ed ecco che spunta il rischio che alcuni opinion man ex post azzardano una operazione risibile. Leggere la città attraverso le vicende della squadra. Mi sembra francamente una avventura surreale.
Ma che c’azzecca il Napoli con Napoli? Facciamo una prima e semplice osservazione. Questo Napoli ha un Presidente, un tecnico, e tutti i calciatori , tranne Insigne, che non hanno nulla a che vedere con la città.
La cosa più evocativa di Napoli che mi è capitata di cogliere negli ultimi giorni è il buonsenso napoletano che ho ritrovato nelle dichiarazioni di De Laurentiis. Le quali possono essere sintetizzate dicendo «qui tutti siamo utili, nessuno è indispensabile». Le vicende della squadra confermano unicamente un fatto ben noto. Anche qui da noi se un imprenditore è capace può mettere su una impresa che funziona. Che si possono innestare in città enclave di eccellenza. Ma nulla di più. Certamente la città vive con ansia le vicende della squadra. Le sue difficoltà. Ancora di più le incertezze sul futuro. Dal Presidente invoca certezze e pochi dubbi. Nel quotidiano le sicurezze vacillano. Restano San Gennaro, che non dice mai no, ed il calcio… che ci ha regalato un momento esaltante. Ma per favore non esageriamo. Lasciamo in pace la sociologia d’accatto che interpreta una città attraverso le partite di calcio.
Guido Trombetti