Benitez (l’uomo che non conosce il calcio italiano) sta restituendo al Napoli e all’Italia un Insigne in formato Ribery

I fischi del San Paolo sono lontani. Così come la reazione di Insigne che alza le braccia, come a dire: “fischiate di più”. Parliamo di tre mesi fa, del preliminare di Champions contro l’Athletic Bilbao (a proposito, i baschi questo weekend hanno battuto il Siviglia). Dei continui mugugni che accompagnavano le prestazioni del campioncino di […]

Fiorentina-Napoli

I fischi del San Paolo sono lontani. Così come la reazione di Insigne che alza le braccia, come a dire: “fischiate di più”. Parliamo di tre mesi fa, del preliminare di Champions contro l’Athletic Bilbao (a proposito, i baschi questo weekend hanno battuto il Siviglia). Dei continui mugugni che accompagnavano le prestazioni del campioncino di Frattamaggiore, definito da Arrigo Sacchi “il miglior talento della sua generazione”. Dei compagni di squadra – gli “spagnoli” Callejon e Higuain – che o lo ignoravano o lo mandavano platealmente a quel paese perché sbagliava l’appoggio o perché si intestardiva nel dribbling e in quel maledetto tiro a giro. Dall’esterno, la sensazione era che non lo tollerassero. Quasi mai uno scambio, quasi mai una pallone restituito, per non parlare delle liti sulle punizioni che finivano puntualmente con l’allontanamento di Lorenzo. Nonostante la magnificenza della traiettoria contro il Borussia Dortmund.

Sotto accusa, va da sé, non c’era soltanto Lorenzo Insigne; anzi, l’imputato numero uno era l’allenatore, Rafa Benitez. Gli fa fare il terzino; lo sta snaturando; sta rovinando un talento. Persino un maestro di calcio come Zdenek Zeman non resistette alla tentazione di pontificare in casa altrui e impartì una lezioncina al tecnico di Madrid sulla posizione in campo di Lorenzo. Nemmeno al boemo, Rafa rispose. O comunque non in maniera diretta. Benitez ha preso in consegna Insigne il primo giorno e ha cominciato a lavorarci. Non era un’impresa facile. Alti, altissimi, erano i rischi di veder smarrito un talento indiscutibile su un fisico non eccezionale e soprattutto su una testa che da sempre può rivelarsi il punto debole di giovani e talentuosi calciatori.

“Rientra Ribery, non vedo perché non possa farlo Insigne”, disse in un dopo partita un Rafa Benitez con la pazienza di Giobbe che ha dovuto sopportare – e ancora dovrà – l’incompetenza calcistica di chi considera il 4-2-3-1 un modulo da scriteriati e il tecnico madrileno un incosciente offensivista. Non ha cambiato linea, Rafa. Per fortuna. E ha cominciato ad ammorbidirsi anche Insigne. Il suo procuratore ha smesso di rilasciare dichiarazioni che contribuivano solo ad alimentare il rumore di fondo dei tifosi. Pessime furono le affermazioni che precedettero le convocazioni definitive di Prandelli per i Mondiali. Persino dopo la doppietta alla Fiorentina in quella maledetta finale di Coppa Italia, doppietta che gli valse l’inserimento in extremis nel listone dell’Italia.

Benitez lo ha sempre considerato titolare. Quasi sempre. Ha pazientato, come un grande tecnico deve fare con un giovane. E all’improvviso, come spesso capita nello sport, dopo sedute e sedute di allenamento in cui ti senti un pesce fuor d’acqua, in quel gesto, quel movimento ti sembrano alieni dal tuo fisico, improvvisamente dunque ti ritrovi naturalmente in quel ruolo.

Il risveglio c’è stato contro il Torino. Proprio nel giorno in cui Lorenzo si è presentato due volte solo davanti al portiere e ha sbagliato: un palo e una parata. Ma stava giocando. E si vedeva. Se ne accorse anche il destino che gli fece recapitare sulla testa – cross di Zuniga! – il pallone che lui mise in rete con un colpo alla Bettega, a fil di palo. Imparabile. Insigne piange. È la fine di un incubo. Doppio. Suo e della squadra. Lorenzo si riprende la sua mattonella e da lì lancia Callejon per il 2-1 e Higuain per i gol che poi sono andati smarriti. È la svolta.

 

Insigne ripete un’ottima prestazione contro il Verona. Da quella mattonella lancia Callejon per l’1-1 di Hamsik; è suo il cross che porta Marek al 2-1; ma, soprattutto, è sempre nel vivo del gioco. Sia che giochi sulla fascia sia che si accentri. Dopo un anno, ha imparato la lezione di Benitez. Quel libretto intitolato “Così gioca Ribery”, che proprio non voleva leggere, finalmente lo ha mandato a memoria, non ha più bisogno di sfogliarlo. E contro la Roma ne ha dato dimostrazione. È lì che il Napoli ha vinto la partita. È dalla sua parte che il Napoli ha spaccato la partita. È lui che ha innescato il fantastico gol di Higuain. È lui che ha sfiorato due volte il raddoppio. Ed è lui che ha avviato l’azione che ha condotto alla traversa di Hamsik. Dalla sua mattonella ha messo Higuain solo davanti a De Sanctis. Come 27 anni prima, un certo Bruno Giordano mise Diego Armando Maradona davanti a Nuciari. A metà campo invertite.

Ieri Lorenzo Insigne ha rinnovato il contratto col Napoli fino al 2019. Oggi la Gazzetta dello Sport anticipa che tra i prossimi convocati dell’Italia di Conte ci sarà anche Lorenzo Insigne. Quell’uomo che non conosce il calcio italiano ha preso in consegna un talento puro e ci sta restituendo un giocatore maturo, con un’architettura a far da contorno a quei magnifici piedi. Non male per essere un incompetente.
Massimiliano Gallo

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