Lo diciamo zitto zitto, il Napoli di Bratislava non ci è dispiaciuto

Come scrisse luminosamente Mimmo Liguoro, riportando la dichiarazione del “mago” Lorenzo, «nel foot- ball e in medicina ognuno opìna». E così, da padroni di casa, lo facciamo anche noi. Tenetevi pronti: il Napoli a Bratislava ha giocato la partita che doveva giocare. Anatema! Sì, nel momento in cui ci siamo accomodati per assistere alla sfida […]

Come scrisse luminosamente Mimmo Liguoro, riportando la dichiarazione del “mago” Lorenzo, «nel foot- ball e in medicina ognuno opìna». E così, da padroni di casa, lo facciamo anche noi. Tenetevi pronti: il Napoli a Bratislava ha giocato la partita che doveva giocare. Anatema! Sì, nel momento in cui ci siamo accomodati per assistere alla sfida con la squadra slovacca – di modesta caratura ma, purtroppo, nel calcio non sempre è possibile sfidare il Real Madrid – non avevamo immaginato nemmeno per un nanosecondo di poter assistere al remake di Milan-Steaua Bucarest (a proposito, vale una Coppa dei Campioni vinta in finale contro una squadra rumena?). Non abbiamo immaginato che il Napoli, nei successivi novanta minuti, avrebbe offerto una lezione di calcio champagne, con copertura degli spazi e annientamento dell’avversario.

Ci siamo accomodati con la speranza di portare a casa il risultato col minor danno possibile. Col pensiero, insomma, di giocare una partita simile a quella di Udine ma con un risultato diverso. E, vista la nostra pochezza di ambizioni, il Napoli non ci ha delusi. Avendo l’arbitro opposto un rifiuto alla proposta di far giocare Higuain con loro – perché a noi non piace giocare con quelli smaccatamente più deboli – Benitez ha schierato una formazione più che comprensibile. In una partita che offriva zero stimoli, il Napoli ha tenuto il pallino del gioco. Non ha tirato in porta ogni minuto, ne siamo consapevoli. Ma, considerando che la stagione prevede un numero di gare che va dalle cinquanta alle sessanta (a seconda dei risultati che otterremo nelle coppe), ci sono incontri che è necessario vincere col minimo sforzo. Anzi, sono proprio questo tipo di vittorie, in genere, a dare il polso della solidità di una squadra.

Rafael ha compiuto la prima parata al settantesimo. Il Napoli ha sì avuto un lieve sbandamento intorno alla metà del secondo tempo, con un colpo di testa sbagliato dagli slovacchi, un’uscita che si è rivelata un infortunio da parte di Rafael (che però è uscito in quella occasione, io evidenzierei la novità storica) e una punizione da 28 metri che ha colpito la traversa. Troppo? Mah, forse. Bisogna però anche cominciare a contemplare la possibilità che di tanto gli avversari, anche quelli scarsi, tirino in porta. A meno che non torniamo al tanto odiato Milan di Sacchi. Che però, va detto, con l’attuale regola del fuorigioco a Madrid ne prenderebbe sette. E io sono uno di quelli che con Righetto ha fatto pace. Mi ritrovo persino a esultare ai commenti dell’opinionista tv che più ho odiato nella mia vita, Maurizio Pistocchi, quindi figuriamoci. 

Nessuna polemica. Mi appello, ci appelliamo all’emendamento Lorenzo-Liguoro. E quindi vi comunichiamo che al termine della partita ci siamo rialzati sereni e soddisfatti. Abbiamo portato a casa tre punti. Abbiamo vinto la seconda partita consecutiva. Abbiamo terminato la seconda partita consecutiva senza subire gol. Abbiamo vista una squadra concentrata, sicuramente ancora impaurita in determinate occasioni, ma determinata. Abbiamo visto un Benitez corrucciato. E siamo contenti. Ci viene in mente “Febbre da cavallo” e il mitico Carotenuto che loda il digiuno forzato cui viene sottoposto il suo Soldatino per motivi economici. “E te credo che vince, entra in pista, pensa alla biada e va come un treno”. Ecco, forse Rafa ha capito che il dialogo con la stampa napoletana è inutile. Ci ha provato, perché ci ha provato. E ha capito che – come dovunque, per carità – il metro di giudizio è binario: se vinciamo, tutto bene (quasi, eh); se perdiamo, sarà sotto accusa. Da quando Rafa non risponde più ai giornalisti, abbiamo vinto due partite conscutive. Forse è la sindrome Vigo (per i più piccoli, il riferimento è al silenzio stampa dell’Italia ai Mondiali del 1982). Il gruppo si compatta. 

Qualcosa non ci è piaciuto? Forse. Mertens ha giocato sotto tono, è vero, ma è difficile esaltarsi in Slovacchia. Lo è stato anche per il Real in Bulgaria contro il Ludogorets. Abbiamo, però, notato anche i progressi di Zapata, il lancio di Koulibaly in occasione del gol di Hamsik, l’uscita maldestra ma l’uscita di Rafael. Ghoulam si è fatto anticipare? Sì, anche Liechsteiner contro l’Atletico Madrid. È giusto tendere al miglioramento, sempre. E questo Napoli può crescere molto. Quel che ci infonde fiducia è percepire a vista d’occhio i risultati del lavoro. Perché allenare una squadra è un lavoro. Far cambiare ruolo a un calciatore è un lavoro. Concentrarsi sull’aspetto psicologico è un lavoro. Bisogna, però, stare attenti a non inciampare. Fuori c’è la tempesta e questo Napoli non può permettersi di uscire nella tormenta senza coprirsi bene. 
Massimiliano Gallo

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