La Napoli calcistica recuperiamo

24 settembre 2014. Anno decimo dell’era De Laurentiis. Il Napoli gioca, male, in un San Paolo vuoto. La città, dilaniata dallo scontro tra papponisti, rafaeliti, gufi, iene e orfani, raccoglie i pezzi di una giostra che sembrava funzionare benissimo ma che, alcuni mesi or sono, ha subito un cambio netto di direzione. Nel settembre 2004 […]

24 settembre 2014. Anno decimo dellera De Laurentiis.
Il Napoli gioca, male, in un San Paolo vuoto.
La città, dilaniata dallo scontro tra papponisti, rafaeliti, gufi, iene e orfani, raccoglie i pezzi di una giostra che sembrava funzionare benissimo ma che, alcuni mesi or sono, ha subito un cambio netto di direzione.
Nel settembre 2004 un profano De Laurentiis, divenuto abilmente il
dominus del Calcio a Napoli, sceglieva di fare il ragazzo di bottega per imparare il “mestiere” consegnando le chiavi della società ad un vecchio volpone dellambiente: Pierpaolo Marino. Esperto. Lucido. Competente. Tifoso. Napoletano, seppure acquisito.
Tutto procede per il meglio. Squadra e società abbattono un record dopo l
altro.
Il progetto coniuga identità e profilo internazionale. Si mettono in cantiere la “
scugnizzeria” e il sito web in cinese.
Cinque anni dopo le strade si dividono. ADL passa al timone e le cose sembrano andare anche meglio. Per tre anni il progetto prosegue su basi solide, senza subire virate, in un crescendo di successi e soddisfazioni fino alla notte del 20 maggio: 2 a 0 alla Juve, in finale di Coppa Italia, a Roma. Una ubriacatura di gioia, figlia di un progetto lungo otto anni. Un percorso illuminato che ha regalato gioie e profitti. Un percorso, tuttavia, interrotto proprio quella sera. Quel Napoli, cuore, identità e sudore è stato un
po’ alla volta superato. Nellindole prima ancora che nei nomi. Abbiamo gradualmente sposato unaltra dimensione, poliglotta, europea, slegata da condizionamenti ambientali e libera da lacciuoli imposti dalla tradizione.
Un
po’ alla volta sono spariti linno, il giro di campo, lazzurro, il capitano, il rispetto.
Dalla bella e romantica ubriacatura del 20 maggio son passati solo 28 mesi, per lo mezzo un favoloso girone di Champions e un
altra Coppa Italia. Tappe, tuttavia, queste ultime, che hanno lasciato i segni più che il segno.
Oggi la squadra è in crisi di risultati, a tratti anche di gioco.
Secondo molti andrebbe esonerato l
allenatore. Troppo integralista. Secondo altri è il Presidente il responsabile della crisi perché non ha messo a disposizione del mister calciatori di livello, insomma non ha tirato fuori i milioni.
Ognuno, giustamente, dice la sua. A me vengono in mente le tante imprese degli ultimi anni.
E tra i protagonisti non ricordo acquisti fantamilionari e nemmeno allenatori particolarmente flessibili. Ricordo, invece, gli occhi lucidi a fine partita dei Grava, dei Cannavaro, dei Lavezzi, dei Reina.
Ricordo squadre costruite con cuore e competenza. In silenzio.
Ecco. È 
questa la mia opinione. Sentimento e competenza. Non milioni. Non flessibilità.
Dalle partenze forzate alle più banali esternazioni, si intravede un deficit di sentimento, nel nuovo percorso.
I risultati dicono che questo calcio, a Napoli, ha già fallito. Non siamo persone che sanno vivere di sola competenza, ammesso che ci sia.
Prima che sia troppo tardi ridateci il sentimento, almeno un poco.
Luigi Piazza

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