Benitez ha le sue colpe (e ve le diciamo). Ma non gridiamo a ogni turn over, siamo noiosi

Evidentemente la tempesta porta buoni consigli ad Aurelio De Laurentiis. Leggendo i quotidiani, sembra che ieri il Napoli abbia finalmente svolto quella moral suasion che è alla base di ogni successo. Saper curare il rapporto con i media. La comunicazione. E oggi il messaggio che viene lanciato è – pur nel periodaccio – più tranquillizzante. […]

Evidentemente la tempesta porta buoni consigli ad Aurelio De Laurentiis. Leggendo i quotidiani, sembra che ieri il Napoli abbia finalmente svolto quella moral suasion che è alla base di ogni successo. Saper curare il rapporto con i media. La comunicazione. E oggi il messaggio che viene lanciato è – pur nel periodaccio – più tranquillizzante. La strana coppia Benitez-De Laurentiis, una coppia da cartone animato con due personaggi agli antipodi, sembra reggere. Nonostante la doppia sconfitta consecutiva in campionato e, soprattutto, nonostante lo tsunami di rancore, al limite del ridicolo, proveniente dai salottini tv. Parlano a nome dei tifosi. E, a nome dei tifosi, chiedono l’esonero di Rafa.

Ora veniamo a noi. Una delle richieste più frequenti degli ultimi giorni riguarda un’analisi, da parte nostra, degli errori di Benitez. Qui vorremmo ricordare che all’indomani di Bilbao fui proprio io a scrivere delle responsabilità dell’allenatore e il mio articolo venne interpretato come una difesa di De Laurentiis (essendo noi nel frattempo diventati anche papponisti). Benitez ha una grande colpa: questo non sembra il suo Napoli, non sembra una squadra allenata da lui già da un anno. Giocava meglio, decisamente meglio, all’inizio della scorsa stagione, quando la squadra e lui non si conoscevano. Com’è che improvvisamente, quando tutti – al di là di un mercato non all’altezza delle aspettative – si aspettavano un salto di qualità, ci siamo invece ritrovati con una squadra smarrita, confusa e impacciata? La risposta non ce l’abbiamo, ovviamente. Ma le responsabilità sono sicuramente del tecnico. Cui, personalmente, concedo solo l’alibi dell’indebolimento tra i pali. Rafael non è Reina, almeno per ora. 

Un Benitez che ha evidentemente ben chiari i limiti di questo Napoli ma che non ha ancora trovato i rimedi. Il tecnico madrileno è consapevole che il problema è la fase difensiva. Altrimenti non starebbe insistendo tanto nella ricerca di una coppia di mediani che gli garantisca una copertura all’altezza. Rafa voleva un mediano forte. Sognava Mascherano, gli andava bene Gonalons, utilizza Gargano (tra i migliori, sempre). Ma non è solo questione di mediani. Rafa non trova pace nemmeno con gli esterni di difesa. È alla perenne ricerca di una soluzione. È per questo – non per un accesso di masochismo – che a Udine di difensori ne ha schierati cinque, con Zuniga alto a destra. Abbiamo giocato a Udine con sette uomini difensivi (più il portiere). Sette. Non pochi per uno che è sempre stato accusato di giocare con quattro attaccanti. Eppure abbiamo perso. 

Ha sbagliato a Udine a praticare il turn over? Non lo so. Ma vorrei rigirare la domanda. Possibile che da quattro anni alimentiamo sempre la stessa polemica? Ma non ci sentiamo ridicoli a dire sempre le stesse cose? Esiste il turn over. Ce lo hanno spiegato in ogni salsa. Dai tempi di Fideleff contro il Chievo o di Santana a centrocampo a Catania. Eppure in noi scatta un riflesso pavloviano. Turn over con sconfitta? Diamo inizio alle danze. Carratelli lo ha scritto perfettamente: non abbiamo subito a Udine. Certo, le prestazioni di Zuniga e Michu sono state decisamente sotto tono; come quella di Higuain, peraltro (come quelle recenti di Callejon e Hamsik, se dobbiamo continuare). Ma non mi pare che il Napoli senza turn over nel secondo tempo contro il Chievo abbia dato spettacolo. E poi, vi chiedo: in questo clima, voi Michu e David Lopez li fareste esordire al San Paolo o in trasferta?

Insomma, è ovvio che il Napoli sia alla ricerca del proprio centro di gravità permanente. Tattico e mentale (il Napoli è una formazione che fa fatica a reagire, lo ha dimostrato anche a Udine). Ed è grave che questa ricerca ancora prosegua dopo un anno. Ma ipotizzare che un allenatore schieri una formazione per perdere è fantascienza. Anche perché dovrebbe prevedere pali e gol rocamboleschi. Ora noi siamo sì rafaeliti ma non crediamo che lui riesca a camminare sulle acque. Ci aspettavamo un Napoli con meccanismi automatici, lo ripetiamo. Un Napoli consapevole delle proprie possibilità e non attanagliato dalla paura come uno scolaretto al primo giorno di scuola. Ma sappiamo anche che un allenatore (come qualsiasi altra persona) va lasciato libero di sbagliare, di cercare il punto di equilibrio nel modo a lui più consono. Ciascuno ha il suo metodo di lavoro. 

Metodo che ormai ben conosciamo. E che a Napoli non è mai stato ben visto. Dalla preparazione ai giorni di riposo concessi ai calciatori, al turn over. E poi, lasciatecelo dire, non è affatto vero che le critiche a Benitez sono legate ai risultati. L’anno scorso fu impallinato per aver pareggiato in casa col Sassuolo dopo quattro vittorie consecutive (di cui una a Milano). Al primo pari venne dichiarato inadatto al calcio italiano (qui ci starebbe un’altra domanda: non è che al calcio italiano faccia bene aprirsi a un’altra mentalità?). La settimana successiva andammo a giocare a Genova in un’atmosfera da ultima spiaggia. Fece ancora turn over, schierò Pandev e Zapata ma vincemmo e nessuno disse niente. E, ancora, è bene ricordare che l’esonero di Benitez fu già richiesto lo scorso anno. Solo la vittoria della Coppa Italia, in quella serata maledetta, mise a tacere i suoi detrattori. 

Come abbiamo scritto ieri, secondo noi dietro questa canea che a Napoli è montata da metà agosto c’è un progetto. Progetto che noi consideriamo nefasto. Ma non è detto che questo progetto vada in porto. Soprattutto se l’accoppiata Benitez-De Laurentiis comincia a dare i suoi frutti. Come in ogni lavoro, bisogna concedere del tempo. Anche per superare le difficoltà. Per carità, sfoghiamoci. Ma cerchiamo di non smarrire la nostra intelligenza. Un allenatore – se è una persona onesta e Benitez lo è al di là di ogni ragionevole dubbio – non gioca mai per perdere. Ha la sua visione, il suo metodo di lavoro, commette i suoi errori. I conti, però, si fanno alla fine, non dopo tre giornate (e un preliminare di Champions perduto). Questo stiamo provando a dire da settimane. E a ricordare che, di calcio, Benitez ne sa più di noi. Anche se noi siamo bravissimi, per carità.
Massimiliano Gallo

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