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Perché avrei fischiato Cavani (e perché a DeLa sono fischiate le orecchie)

Perché avrei fischiato Cavani (e perché a DeLa sono fischiate le orecchie)

Non ero allo stadio l’altra sera ma avrei fischiato anche io Cavani senza alcun dubbio.

Ho letto la dura reprimenda di Vittorio Zambardino ai fischiatori del San Paolo ma la sua tesi, rendimento uguale riconoscenza, esprime una visione economicista del calcio che proprio non mi convince ed alla quale, comunque, non voglio rassegnarmi. Tanti grandi calciatori in questi anni hanno lasciato il Napoli ma forse a nessuno è stata riservata una accoglienza così ostile e bisogna chiedersi il perché. Cavani non è stato uno qualsiasi e noi tifosi ancora orfani, dopo l’addio di Diego, di un simbolo, di un riferimento in campo e nello spogliatoio,  avevamo riversato su di lui grande amore e molte aspettative. Pensavamo fosse l’uomo giusto per raccogliere quella pesantissima eredità e per questo la delusione è stata enorme. Si è dimostrato opportunista come pochi, freddo ed anaffettivo, ci sono molti modi per interrompere una storia di amore, lui ha scelto il peggiore: quello del calcolo e delle bugie, ed è diventato il simbolo del mercenarismo dilagante.

Per una intera estate ha danzato con De Laurentiis il tango della cazzimma, uno scontro tra massimi esperti della materia; clausole e clausolette comprensibili solo da navigati commercialisti hanno soffocato nei numeri il legame e la passione di una intera città per quella macchina da goal con la faccia da indio perbene. Non sto teorizzando che un professionista deve fare prevalere le ragioni del cuore a quelle del portafoglio, troppo ovvia la risposta, ma per lo meno andava salvata la forma. E i tifosi, che vivono di illusioni, si sarebbero anche accontentati di qualche pietosa bugia o di una dichiarazione di circostanza. Vedrete come sarà accolto Pepe Reina se tornerà a giocare al San Paolo, eppure non è neanche paragonabile il segno concreto della presenza lasciata dal portierone spagnolo rispetto a quello del Matador.

Ma c’èanche un’altra ragione dietro i fischi a Cavani: il non volersi rassegnare a un calcio tiranneggiato da bilanci, affari e plusvalenze, da calciatori che cambiano maglia e passano dalla Juve al Toro, dal Milan all’Inter o dalla Roma alla Lazio, anche a campionato in corso con cinica disinvoltura. Sono convinto che lunedì sera a De Laurentiis saranno fischiate le orecchie e forse avrà capito che quella reazione del pubblico riguardava anche lui e la sua idea di calcio. L’estenuante attendismo sul mercato e la convinzione di essere il più furbo di tutti quest’anno potrebbe costarci, in pochi giorni, la Champions e il rinnovo di Benitez e questo nessuno glielo potrebbe mai perdonare.

Claudio Botti

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