Passata l’emozione (non lo scoramento), ci sono due modi per giudicare e commentare la partita del Napoli contro il Porto. Da un lato, è innegabile la prova corale mostrata dalla squadra, soprattutto nel primo tempo e nel primo quarto d’ora del secondo. Una risposta inequivocabile alle tante critiche degli ultimi tempi (addirittura c’era chi parlava di ultimi due mesi di buio) sia sul piano del gioco che su quello della condizione atletica.
Benitez ha affrontato il Porto con una formazione che non può essere definita tipo. Col tanto deprecato Pandev alle spalle di Higuain e Callejon in panchina al fianco di Hamsik. In difesa, il jolly Henrique – un bel giocatore checché ne dicano alcuni – a destra al posto di Reveillere. Il Napoli ha messo sotto il Porto nel primo tempo ma ha sprecato tanto, troppo. Ha evidenziato, ancora una volta, un problema sin qui sottovalutato: l’incapacità di essere cinico in zona gol. Ieri hanno sbagliato un po’ tutti. Poi c’è qualche giocatore, Insigne, che proprio non riesce a diventare decisivo. Il Napoli si è comportato da squadra ingenua, poco esperta, che ha concesso più allo spettacolo che al risultato. Chi pensava che gli azzurri non avessero un gioco può dormire sonni tranquilli. Il Napoli un gioco ce l’ha, e anche un’anima, come ha sottolineato il pubblico del San Paolo che alla fine ha riservato agli azzurri un lungo e sentito (e meritato) applauso. Ovviamente – ma questo chi ha poco poco praticato uno sport qualsiasi, persino gli scacchi, lo sa – non si possono sempre disputare gare a questi livelli.
E arriviamo al secondo punto, probabilmente il più importante. È innegabile che ieri sera il Napoli di Benitez abbia compiuto un passo indietro. Sono certo che il primo a esserne consapevole è lo stesso tecnico spagnolo. La logica dell‘“usciamo a testa alta” non può più bastare. In Champions ci siamo imbattuti in un girone di ferro e siamo usciti con 12 punti. In Europa League è diverso.
Benitez è un tecnico fin troppo esperto per non rendersi conto che partite del genere non possano essere sprecate. Il Porto si è comportato con noi come fa una grande squadra con una alle prime armi. E questo non va bene. Può andar bene per noi tifosi (alcuni) che si sono lamentati dopo Torino, e anche prima. Ma una Squadra con la esse maiuscola sa che, nel corso di una stagione, deve vincere tante partite col minimo sforzo. Se ne frega di mostrare un gioco a lungo inguardabile perché sa che quando è il momento di vincere, si vince. Col senno di poi – ma col senno di poi è facile – non avremmo dovuto cercare il secondo gol con tanta foga. Ma questa, lo ammetto, può essere un’osservazione da bar.
Nel complesso, i 180 minuti col Porto hanno dimostrato – come ha scritto Carratelli – che la squadra lusitana ci è stata superiore. Non tanto come atteggiamento in campo. Ma come testa, come capacità di soffrire e abilità nello sfruttare la prima occasione buona (in Portogallo ne abbiamo sciupate tre). Noi tifosi le chiamiamo fortuna e sfortuna ma non è affatto così. Enzo Ferrari, non uno stupido, sosteneva che la fortuna non esiste. E secondo me aveva ragione.
Il Napoli ieri sera ha giocato la partita che non mi sarei mai aspettato. Ero certo di assistere a una gara sorniona, con la nostra squadra attenta, paziente e poi pronta alla zampata decisiva. E invece li abbiamo aggrediti. Abbiamo dato spettacolo. Sia chiaro, ho visto un bellissimo Napoli, vivace, spumeggiante, armonioso. Però desideroso di dimostrare qualcosa. Una grande squadra non deve dimostrare niente. Ha l’obiettivo in testa e lo raggiunge. Benitez lo sa meglio di tutti, come abbiamo abbondantemente spiegato nel post-Torino.
Ovviamente – ma è quasi superfluo scriverlo – non ci uniamo al coro dei soliti noti che nelle emittenti napoletane al triplice fischio finale hanno parlato di stagione fallimentare. Sposiamo ovviamente il pensiero di Mario Sconcerti che a Sky ha sapientemente sopito le domande iper-critiche dei giornalisti di Murdoch: “il Napoli sta disputando una grande stagione, proprio non capisco le critiche. Certo, questa di stasera è una brutta battuta d’arresto”. Quel che pensiamo di Benitez è noto. Sta rivoltando questo Napoli come un calzino. Ha introdotto un concetto ignoto alla squadra e ai tifosi: combattere su più fronti. Per non parlare della rivoluzione tecnico-tattica. Del non lamentarsi degli infortuni (ce ne sono stati, eccome, tutti di natura traumatica), eccetera eccetera. Ora, però, resta da compiere il salto di qualità più importante: quello mentale. Bisogna diventare vincenti nella testa. E siamo certi che accadrà. Sarà il compimento di un ciclo di lavoro.
La stagione, comunque, non è finita. La prestazione di ieri sera lascia ben sperare, così come la rabbia accumulata. Ora testa al campionato. E c’è ancora una finale da disputare.
Massimiliano Gallo