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L’Italia del calcio difende il razzismo: vincono i Caressa, perdono gli uomini di sport come Garcia

Qualcuno spieghi a Rudi Garcia che in Italia nulla viene affrontato seriamente. Nemmeno il razzismo. Qualcuno glielo spieghi, all’allenatore della Roma, che le parole mai corrispondono ai fatti né al pensiero di chi le pronuncia. Poverino, lui era convinto che in Italia il calcio – e non solo – stesse provando ad affrontare il razzismo negli stadi. Ovviamente non poteva sapere che in realtà era tutta una finta. Come ha dimostrato – una volta di più, dopo la pagliacciata dei bambini utilizzati dalla Juventus per aggirare la sanzione – la decisione della Corte federale che ha sospeso la chiusura delle curve di Inter e Roma disposta per cori razzisti nei confronti dei napoletani e dei giocatori neri del Milan.

In modo innocente, Garcia ha dichiarato che sì, «sarebbe più logico vietare la prossima trasferta che chiudere la nostra curva in casa», che «se è possibile sapere chi fa queste cose, bisogna colpire le persone, non i singoli tifosi», ma che «se è una cosa sul razzismo, dobbiamo lottare in tutti i modi». Pensava davvero che in Italia qualcuno fosse interessato a contrastare il razzismo negli stadi.

Evidentemente non lo sapeva che in questi mesi Adriano Galliani – che passa per un dirigente illuminato – ha condotto una battaglia per imporre il principio che definire qualcuno «coleroso e terremotato» è uno sfottò. Che alla campagna di Galliani hanno aderito tutti i presidenti della serie A, compreso il nostro De Laurentiis. Che fior di allenatori – da Galliani a Conte – si sono distinti per affermazioni che varrebbero l’espulsione a vita da qualsiasi scuola d’Europa. Che SkySport24 da giorni porta avanti una campagna contro la “chiusura delle curve”, mica contro il razzismo negli stadi. Un finalmente sorridente Fabio Caressa ha così dichiarato: «Una norma iniqua, che non deve più esserci. Dà una brutta immagine del nostro calcio». Mai quanto lui, verrebbe da rispondergli.

Insomma, qualcuno informi Rudi Garcia che questo non è un Paese serio. Tutt’al più può capitargli che un piccolo sito di tifosi del Napoli lo elegga tristemente uomo di sport 2013. Tristemente perché è stato il solo fin qui – in parte lo fece Montella – a pronunciare parole contro il razzismo. Che presto tornerà tranquillamente a imperare negli stadi con i sorrisi compiaciuti dell’establishment del nostro calcio collegati in diretta con gli studi finalmente soddisfatti di SkySport24.
Massimiliano Gallo

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