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Quando il gioco si fa duro, di De Laurentiis non v’è traccia

Quando il gioco si fa duro, di Aurelio De Laurentiis non v’è traccia. È un Blues Brother al contrario il nostro comandante (la citazione, però, è tratta da Animal House, come fa notare un lettore). Del resto, il suo copione non prevede James Brown, John Belushi, Dan Aykroyd. Il suo canovaccio è sempre stato un altro: flatulenze, rutti, doppi sensi; ci si nasconde nell’armadio se arriva il coniuge. Ecco, ci si nasconde nell’armadio quando le cose vanno male. E ci si fa trovare impettiti davanti alle telecamere quando le cose volgono al meglio.

Per carità, nulla di nuovo. Un comportamento vecchio come il cucco. Mutuato da quelle lungherrime attese il giorno delle elezioni. Il segretario ancora non scende.

E, peraltro, un comportamento che non sorprende. Avrebbe fatto bene, invece, il presidente ad andare a Dortmund. Per tanti motivi. Per ammirare che cosa vuol dire avere la percezione fisica di un’azienda, con un’area commerciale à La Fayette. Per capire che cos’è uno stadio (un po’ spartano all’interno, forse, ma in fondo siamo lì per il pallone e spartano è bello). Per comprendere che gli steward non sono “disoccupati” cui concedere una elemosina ma personale specializzato in grado di far sentire la propria autorevolezza e la propria competenza. Per ascoltare con la propria voce lo speaker salutare i tifosi del Napoli in italiano. Per informarsi che lì non vendono i biglietti on line per poi costringere i tifosi a file “barbare” ai botteghini per ritirarli.

E ovviamente avrebbe fatto bene per stare vicino alla squadra. Per trasmettere il messaggio che si sta sempre uniti, quando si perde così come quando si vince. Leader, comandanti, lo si diventa così. Si sta in prima fila a prendersi gli applausi, oppure le onde alte in faccia.

Ma tutto questo, temiamo, nei copioni dei cinepanettoni non c’è.
Massimiliano Gallo

p.s. Lo sappiamo, prima c’erano Corbelli e Naldi. Lo sappiamo, De Laurentiis è infinitamente meglio. Siamo andati a Dortmund perché lui ha riportato il Napoli in alto. Lo sappiamo. E glielo riconosciamo. Non siamo del partito dei papponisti. Ma si può sempre migliorare. E gli ultimi accorgimenti, quelli residui, sono sempre i più difficili. Guidare un’azienda non significa solo portare ogni anno a casa un bilancio in attivo. Significa anche armonizzare e motivare dipendenti e clienti. Ma qui il discorso si fa lungo.

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