La lavagna tattica della Roma / I tre registi non esistono, il regista vero si chiama Totti

Sette vittorie su sette e un solo gol subito. Bisogna partire da qui per entrare nel meccanismo perfetto costruito da Rudi Garcia. Una Roma che ha riportato l’equilibrio tattico al centro dei suoi pensieri, dopo essere passata in due anni dalla ossessione per il passaggio orizzontale di Luis Enrique all’integralismo verticale di Zeman. La Roma […]

Sette vittorie su sette e un solo gol subito. Bisogna partire da qui per entrare nel meccanismo perfetto costruito da Rudi Garcia. Una Roma che ha riportato l’equilibrio tattico al centro dei suoi pensieri, dopo essere passata in due anni dalla ossessione per il passaggio orizzontale di Luis Enrique all’integralismo verticale di Zeman. La Roma dei “tre registi” interscambiabili, si dice in giro. Pjanic-De Rossi-Strootman. In realtà c’è una differenza di 20 palloni a partita (non pochi) fra De Rossi e l’olandese, va detto anche che l’olandese cerca giocate meno banali e per questo sbaglia di più. Le formule sono sintesi approssimative: devono dare un’idea. I tre registi questo sono, sono una formula, una maschera. Meglio sarebbe dire i tre mediani, vista la copertura difensiva che garantiscono nel 4-3-3. E’ quello che accadeva alla Roma scudetto di Liedholm, dove non si sapeva separare la qualità dalla quantità nel trio Falcao-Ancelotti-Di Bartolomei, quest’ultimo schierato spesso da centrale in difesa.

Totti. Di regista vero la Roma ne ha uno e si chiama Totti, una verità nascosta dalla formula del falso nove. E’ lui il cuore del meccanismo che consente di innescare la vera arma letale di Garcia, le ali Florenzi e Gervinho. Velocissime, micidiali nel ribaltare l’azione. Grazie a loro la Roma può difendersi molto bassa, nei suoi ultimi 35 metri, può permettersi di aspettare e scattare. Se dovesse giocare Ljajic, significherebbe che Garcia vorrà giocarsi la freschezza di Gervinho nell’ultima mezz’ora. Per non dire dell’abbondanza di laterali (Taddei, Marquinho) con cui potrà ridare fiato all’azione. Il pericolo sta proprio qua, dove noi non abbiamo Zuniga, dove Maggio è al rientro dopo l’intervento, dove Armero è arrivato stanco dal Sudamerica. Non mi sorprenderei se Rafa si inventasse qualcosa di nuovo, intendo di mai visto finora.

Da Lilla a Roma. Questa Roma è la perfetta evoluzione del gioco che Garcia faceva a Lilla. Prese una squadra che giocava solo difesa-contropiede con Claude Puel. Su quella base innestò dalla metà campo in giù la sua idea di calcio totale (non vi allarmate, è una formula). Prese Debuchy e lo trasformò, spostando in difesa i suoi piedi da centrocampista. Con Balmont e Mavuba in mediana aggiunse fuoco, Cabaye gli dava giocate di fantasia, e poi due come Gervinho e Hazard sulle ali non li aveva nessuno. Calcio champagne, proprio come si diceva del Bordeaux negli anni ’80. Caratteristiche: controllo del ritmo partita, passaggi corti, accelerazioni sulle fasce. Poco è cambiato da Lilla, De Rossi e Strootman fanno i Balmont e i Mavuba con una discreta differenza di valore. Direi che il calcio di Garcia è rimasto un calcio di compensazione. Se Maicon sta alto, Balzaretti (stasera Dodò) resta basso. Se Totti arretra, gli esterni si inseriscono. Ma a Lilla scoprirono che non c’erano così tante varianti nel gioco di Garcia, che quando lo conosci sai come bloccarlo. E Rafa lo conosce, quel Lilla lo ha affrontato con il suo Liverpool nelle Coppe, ottavi di finale Europa League 2010: 1-0 per il Lilla in Francia, 3-0 per il Liverpool ad Anfield.

Come venirne a capo. Se la Roma di Garcia è stata finora insuperabile, per provare a batterla bisognerà giocare come se di fronte ci fosse il vecchio Lilla. Andrà chiesto ad Hamsik un doppio lavoro: di sostegno a Higuain ma allo stesso tempo di attenzione alla linea dei mediani per non restare in inferiorità numerica a centrocampo, per evitare cioè di lasciare Inler e Behrami a galleggiare lì in mezzo, come accadde nel primo tempo di Chievo-Napoli. Andrà centellinato il pressing alto nella metà campo romanista per non esporsi alle loro ripartenze a campo aperto. Andrà chiesto ad Albiol di tenere corta la squadra ogni volta che sarà persa palla in attacco nella loro metà campo: meglio avanzare la linea e togliere metri alla Roma che ripiegare impauriti e farsi prendere di infilata. Anche per noi possono essere decisive le ali, gli esterni, come diavolo volete chiamarli. Il punto debole della Lilla-Roma, se ce n’è uno, sta nella ridotta velocità nel ripiegamento difensivo. A sinistra Dodò potrebbe pagare qualcosa, lì si deve affondare. E se De Rossi schiaccerà il centrocampo sulla difesa, come a volte gli capita di fare, allora bisognerà liberare il tiro da fuori area, ricordando che il Napoli è la squadra che ha segnato di più in Italia in questo modo.

Chi “allunga” la squadra, perde la partita. Se nessuno sbaglia, finisce 0-0. L’hanno già detto altri, lo so. Ma stavolta è più vero che mai.

Il Ciuccio

(nell’immagine tratta dalla app Stats Zone i passaggi della Roma nella tre quarti della Lazio nel derby: in maggioranza, come si vede, sulle fasce)

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