Quanto ci piaci, Rafa, che preferisci Pompei alle cene coi giornalisti

Intanto, quando ho letto “Benitez a Pompei”, ho subito pensato: “Stiamo messi così male che c’è bisogno di rivolgersi alla Madonna? Forse sarà per gli infortuni, che cominciano ad esserci, e tanti”. Ma erano gli scavi di Pompei. O Rafa, o Rafa mio, tu continui a smentire la mia malignità. Quando dicesti: “Voglio conoscere Napoli, […]

Intanto, quando ho letto “Benitez a Pompei”, ho subito pensato: “Stiamo messi così male che c’è bisogno di rivolgersi alla Madonna? Forse sarà per gli infortuni, che cominciano ad esserci, e tanti”.

Ma erano gli scavi di Pompei.

O Rafa, o Rafa mio, tu continui a smentire la mia malignità. Quando dicesti: “Voglio conoscere Napoli, consigliatemi i posti da vedere”, ho pensato “che ruffiano”. E a maggior ragione l’ho pensato quando ho capito che abiti su una spiaggia che nei miei ricordi è in bianco e nero, tanta è l’angoscia che si porta con sé. Ma tu sei serio, laggiù ci vivi solo perché il campo degli allenamenti è vicino e adesso hai già visto il San Carlo e gli Scavi. Allora ti interessa davvero cosa c’è sotto il velo del brutto e dello sciatto in cui abbiamo avvolto tutto il nostro ambiente. Questo significa che, quando (da qua a cento anni, Rafé) te ne sarai andato a vincere altrove, ti ricorderai di noi, e dico noi gente di qui, non solo di Inler e Cannavaro e del “Pappone”, quel sant’uomo. Tu ci porterai via nei tuoi ricordi.

Sai, cosa mi piace di come usi il tempo? Che c’è chi vorrebbe che tu spendessi i tuoi lunedì per andare da Giuseppone a mare o da Reginella per rendere omaggio ai Mammasantissima del giornalismo sportivo napoletano oppure per sorridere e ingraziarti quei campioni di napoletanità che lavorano per Mediaset e i giornali di Torino, per trattar tregue con gli ovvi mercenari (lo fui, da lavoratore dipendente, nessuno si offenda) e quelli che devono levarsi il sasso dalla scarpa con la società e quella mazzamma di incompetenti che parla, dai microfoni e dai video, di “preparazione atletica” e di schemi e la verità è che non sa il Resto di Niente (ciao Enzo, dovunque tu sia).

Mi piaci, Rafè, perché hai le palle. Hai fatto entrare Zapata sull’1-0, ché se tanto tanto i marsigliesi pareggiavano qui avevano già le fascine del tuo rogo pronte.

E poi mi piaci Rafè perché sei responsabile, conosci il linguaggio di chi porta un ruolo e lo rispetta. Lo sai anche tu come sono andate le cose sui vari fatterelli di mercato, le cose vere, quelle che non sanno tutti i “parlatori a vacante” di questo mondo del pallone, ma non parli di squadra incompleta. Perché sai che si costruisce pietra dopo pietra, soprattutto dove non ci sono né i soldi indonesiani né quelli di Unicredit.

E poi mi piaci, Rafè, perché sai gestire gli uomini, li rispetti ma gli imponi la tua decisione. Al Monumento della Loggetta e al ragazzino di Frattamaggiore, che si è un po’ montato la testa. E fai di Fernandez uno che torna in campo in Champions. Perché nessuno è mai da mandar via fino a quando non gli hai dato un’opportunità vera. Ché poi questo è l’unico modo di essere umani, far bene il proprio lavoro.

Grazie, resta con noi. Non abbiamo bisogno del ritorno del Messia. Abbiamo bisogno di te.
Vittorio Zambardino

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